Coronavirus e italiani all’estero: intervista a Michele Sacco
Michele Sacco, di Valle di Maddaloni, lavora da oltre 10 anni in Svizzera nel settore assicurativo presso un’azienda con oltre 10.000 dipendenti in diversi Paesi. Si occupa di gestione del rischio e strategia.
1) Qual è stata la sua reazione quando dalla Svizzera ha appreso dell’emergenza Covid 19 in Italia?
Preoccupazione. Per due motivi: da un lato, ogni giorno ascoltiamo purtroppo numeri preoccupanti, e dietro quei numeri ci sono vite spezzate, famiglie in difficoltà, sofferenza; dall’altro, sappiamo di non avere la possibilità di muoverci facilmente per supportare famiglia ed amici.
2) Attualmente quali sono i suoi timori e le sue speranze e come sta vivendo l’attuale situazione che oramai delicata anche in Svizzera?
La salute ovviamente è la cosa più importante, ma purtroppo non possiamo più fermare o contenere il contagio, a mio avviso l’obiettivo è giustamente quello di rallentarne la dinamica in modo da poter gestire le emergenze tramite il nostro sistema sanitario. Sotto questo aspetto penso che le scelte fatte siano giuste.Detto questo, il timore maggiore al momento è relativo agli effetti sul sistema economico e sociale post crisi. Purtroppo non abbiamo alternative valide al “fermare (quasi) tutto”, ma questo avrà risvolti economici pesanti che rischiano di creare ulteriori difficoltà alle famiglie. Dunque sarà fondamentale seguire le regole che ci siamo imposti e controllarne il rispetto, in modo da uscirne e ripartire quanto prima, limitando i danni economici e sociali. La Svizzera ha vissuto l’incremento di casi in ritardo e dunque ha anche reagito dopo l’Italia, ma in buona parte le misure sono ormai allineate. Non c’è però ancora la chiusura delle fabbriche, ad esempio. Sono tranquillo, cerco di seguire al massimo i consigli delle autorità (scientifiche e governative, non i cialtroni!) e mi attengo alle regole. Cose peraltro in linea con quanto consigliato e deciso in Italia. È l’unico modo per proteggere noi stessi e chi è più fragile.
3) Quali differenze ha potuto notare tra le reazione italiana e quella svizzera al diffondersi dell’epidemia?
Purtroppo l’Italia ha dovuto vivere l’emergenza prima di altri Paesi in Europa. Penso che la Svizzera, come altri Paesi, abbia beneficiato di quello che l’Italia ha imparato e messo in campo prima degli altri. Purtroppo abbiamo, come essere umani, memoria corta. Anche l’Italia avrebbe potuto reagire prima (sull’esempio di Cina, Corea), o avrebbe potuto imparare dai casi precedenti come hanno fatto Taiwan e Singapore. In ogni caso, con il senno del poi è sempre più semplice. Penso che in questa occasione siamo stati di esempio ad altri Paesi Europei. Mi hanno sicuramente reso orgoglioso le reazioni di molti italiani, ad esempio la creatività mostrata in casa e sui balconi. Anche qui gli altri hanno imparato da noi!
4) Lei è campano, quale idea si è fatto delle ordinanze emanate dal governatore De Luca?
Non conosco tutti i dettagli ma, in generale, penso che l’approccio severo e restrittivo sia giusto. Non possiamo permetterci di mettere sotto pressione il nostro sistema sanitario. Nessuno vuole trovarsi di fronte alla scelta di chi salvare e, per evitarlo, dobbiamo assicurarci che l’epidemia abbia un corso lento.
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