Curare o prendersi cura?
di VINCENZO GIAQUINTO
Mai come in questo momento può risultare vera l’affermazione che “l’erba del vicino è sempre più verde”. Questo e stato uno dei motivi per i quali a partire dagli anni “80 e’ stata intrapresa la strada di un liberismo, spesso di facciata, che ha demolito, pezzo dopo pezzo, quello Stato sociale che aveva permesso ad un’intera nazione riappropriarsi di una vita sociale dopo un’epidemia di sopraffazione che aveva colpito l’Europa ed il mondo a metà del secolo scorso e dalla quale l’Italia ne era uscita malconcia ma, forse, più saggia.
Ma da quel tempo la polvere della superficialità e dell’ignoranza ha ricominciato a ricoprire la memoria e la saggezza, perché ritenute entrambe dannose per un certo tipo di consumismo nel vortice del quale è lo stesso consumatore a trovarsi consumato. Consumato e affannato per riuscire a star dietro alla propria immagine che si sta progressivamente scrollando dai bisogni primari di un corpo la cui salute sta seriamente oscillando.
E qui giunge una domanda: continuare a curare un’immagine dalla dubbia utilità o prendersi cura di ciò che effettivamente serve? Non è voler fare dietrologia ma solo guardare un passo indietro a quella civiltà raggiunta a caro prezzo e scritta in 139 articoli ed a tutte quelle norme che hanno realizzato lo Stato sociale e che sono state lasciate sulla carta. Allora mi potreste chiedere: “lo spartito c’è?”, e vi potrei rispondere:” dovremmo solo affidarlo a chi lo sa leggere”.
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