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Dossier Belvederenews. Ecoreati, incendi e discariche: è ancora preoccupante il quadro degli illeciti ambientali commessi nel nostro paese

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La legge 68/2015 sugli ecoreati è un passo fondamentale per il riconoscimento dell’ambiente come bene collettivo con un valore intrinseco protetto nell’ambito costituzionale, aprendo la strada al superamento della visione tradizionale che vincolava la tutela ambientale alla salute della persona. La legge del 2015, in attuazione all’art. 3 della direttiva 2008/99/CE, pone la persona umana e l’ambiente sullo stesso piano e sancisce una tutela a tutto campo verso condotte che provochino o possano provocare danni gravi alle persone o alle risorse ambientali come l’aria, il suolo, l’acqua, la fauna e la flora.

La chiave di volta per l’attuazione di una vera politica di prevenzione ambientale d’impresa passa tuttavia attraverso l’adozione di adeguati “standard” tecnici e organizzativi. Nel caso di accertati illeciti ambientali, l’esperienza mostra che la maggiore efficacia risiede nell’applicazione di sanzioni interdittive, proprie del diritto penale procedurale, come la confisca e il sequestro degli impianti.

Con la legge 68/2015, sono cambiati strumenti e modalità di contrasto agli illeciti ambientali; ciò richiede una maggiore preparazione della polizia giudiziaria, quindi anche del personale che nelle Agenzie ambientali svolge queste funzioni. L’accordo tra Procure, forze di Polizia e Arpae firmato in Emilia-Romagna è un esempio positivo della indispensabile collaborazione tra istituzioni.

Come mostra il rapporto Ecomafie 2019, realizzato da Legambiente con la collaborazione del Sistema nazionale di protezione ambientale (Snpa) formato dalle Agenzie ambientali e da Ispra, è ancora preoccupante il quadro degli illeciti ambientali commessi nel nostro paese. Per la piena operatività della legge ecoreati restano aperte almeno due questioni importanti: la mancata approvazione dei decreti attuativi e la destinazione dei proventi derivati dalle sanzioni.

Su questo ultimo aspetto AssoArpa ha approvato un position paper per vincolarne la destinazione alle attività di controllo.

In Italia ogni ora vengono accertati più di tre reati ambientali, per un totale di oltre 28mila nel 2018 per un business che vale 16,6 miliardi di euro. Lo afferma il rapporto “Ecomafia 2019. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia” di Legambiente, presentato a Roma nei giorni scorsi. Campania in testa alla classifica regionale per numero di reati ambientali. Napoli, Roma e Bari sono invece le province con il più alto numero di illeciti; 100 le inchieste per corruzione rilevate dal 2018 allo scorso maggio in tutta Italia, che hanno viste impegnate 39 procure, capaci di denunciare 597 persone e arrestarne 395 eseguendo 143 sequestri. Questi i dati che emergono dal rapporto.

Nel 2018 cala, seppur di poco, il bilancio complessivo dei reati contro l’ambiente, che passa dagli oltre 30mila illeciti registrati nel 2017 ai 28.137 reati (più di 3,2 ogni ora) accertati lo scorso anno, soprattutto a causa della netta flessione degli incendi boschivi (-67% nel 2018) e, in parte, della riduzione dei furti di beni culturali (-6,3%).

Diminuiscono inoltre le persone denunciate – 35.104 contro le oltre 39mila del 2017 – così come quelle arrestate, 252 contro i 538 del 2017, e i sequestri effettuati – 10mila contro gli 11.027 del 2017. L’aggressione alle risorse ambientali del Paese si traduce in un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6 miliardi di euro, 2,5 in più rispetto all’anno precedente e che vede tra i protagonisti ben 368 clan, censiti da Legambiente e attivi in tutta Italia.

Sul fronte dei singoli illeciti ambientali, nel 2018 aumentano sia quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti che si avvicinano alla soglia degli 8mila (quasi 22 al giorno) sia quelli del cemento selvaggio che nel 2018 registrano un’impennata toccando quota 6.578, con una crescita del +68% (contro i 3.908 reati del 2017). Un incremento che si spiega con una novità importante di questa edizione del rapporto Ecomafia: per la prima volta rientrano nel conteggio anche le infrazioni verbalizzate dal Comando carabinieri per la tutela del lavoro, in materia di sicurezza, abusivismo, caporalato nei cantieri e indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, guadagni ottenuti grazie a false attestazioni o missione di informazioni alla Pubblica amministrazione.

Nel 2018 lievitano anche le illegalità nel settore agroalimentare, sono ben 44.795, quasi 123 al giorno, le infrazioni ai danni del Mady in Italy (contro le 37mila del 2017) e il fatturato illegale – solo considerando il valore dei prodotti sequestrati – tocca i 1,4 miliardi (con un aumento del 35,6% rispetto all’anno). In leggera crescita anche i delitti contro gli animali e la fauna selvatica con 7291 reati – circa 20 al giorno – contro i 7mila del 2017. Come già detto, calano invece grazie a condizioni meteoclimatiche sfavorevoli agli ecocriminali, gli incendi boschivi: un crollo da 6.550 del 2017 ai 2.034 del 2018.

Da sottolineare che anche nel 2018 si conferma l’ottima performance della legge 68/2015 sugli ecoreati, che sin dall’inizio della sua entrata in vigore (giugno 2015) sta stando un contributo fondamentale nella lotta agli ecocriminali, con più di mille contestazioni solo nello scorso anno (come si dirà dopo) e un trend in costante crescita (+ 129%).

“Con questa edizione del rapporto Ecomafia e le sue storie di illegalità ambientale – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – vogliamo dare il nostro contributo, fondato come sempre sui numeri e una rigorosa analisi della realtà, per riequilibrare il dibattito politico nazionale troppo orientato sulla presunta emergenza migranti e far sì che in cima all’agenda politica del nostro Paese torni ad esserci anche il tema della lotta all’ecomafie e alle illegalità. Un tema sul quale in questi mesi il Governo ha risposto facendo l’esatto contrario, approvando il condono edilizio per la ricostruzione post terremoto sull’isola di Ischia e nelle zone del cratere del Centro Italia, e il decreto Sblocca cantieri con cui ha allargato le maglie dei controlli necessari per contrastare infiltrazioni criminali e fenomeni di corruzione. Per fortuna – aggiunge Ciafani – si conferma la validità della legge 68 del 2015, che ha inserito i delitti ambientali nel Codice penale, con buona pace dei suoi detrattori, i quali negli ultimi anni hanno perso voce e argomenti per denigrarla.

Costa: confisca allargata e daspo – Sul supporto legislativo nella lotta alle ecomafie chiesta dal presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, dice “rispondo che ha ragione, ho visto alcune proposte del presidente, alcune sono condivisibili e ci stiamo già lavorando, su altre mi permetto di dire che vado oltre, perché ne ho proposto alcune che non sono contenute nel prospetto Ecomafia, ma che secondo me sono molto forti. Per esempio, quello della confisca allargata ai criminali dell’ambiente, perché chi commette un disastro ambientale deve pagare con tutto il suo patrimonio, non solo con quello dell’illecito arricchimento. Oppure il Daspo ambientale. Raccolgo lo stimolo di Legambiente, ben venga questo momento di riflessione, ma andiamo anche oltre, il governo su questo lavorerà”.

Ecomafia in Lombardia – La lunga mano della criminalità ambientale s’impone anche sulla Lombardia. L’allarme arriva da Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. Secondo i dati del Rapporto Ecomafia 2019 di Legambiente presentato a Roma, la regione è al settimo posto in Italia per il numero di reati ambientali: il 5,7% delle infrazioni accertate, infatti, avviene sul territorio lombardo e si innesta principalmente nel settore del ciclo dei rifiuti e del cemento. “La Lombardia, prima regione del Nord in questa poco lusinghiera classifica, si conferma territorio cruciale nei circuiti illegali su tutti i fronti ambientali – commenta Meggetto -. In uno dei centri pulsanti dell’economia e della finanza nazionale le famiglie mafiose, dopo essersi infiltrate, hanno proseguito con una vera a propria colonizzazione d’interi settori economici, basti pensare alla movimentazione terra, senza trovare veri ostacoli nella società civile”.

 

 

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