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MERIDIONALISMO E RISCATTO: IL SUD RIPARTA DALLA SUA FECONDA STORIA MA SENZA NOSTALGIE ANACRONISTICHE

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Paolo Trapani

MERIDIONALISMO E RISCATTO: IL SUD RIPARTA DALLA SUA FECONDA STORIA MA SENZA NOSTALGIE ANACRONISTICHE

Intervista con il giornalista e scrittore Paolo Trapani

Paolo Trapani, napoletano classe ’75, giornalista e scrittore, si occupa da sempre di comunicazione politica e istituzionale. Al fianco di Antonio Parlato, già avvocato, più volte Parlamentare della Repubblica e sopratutto esperto meridionalista, Trapani ha pubblicato nel 2002 il primo dei suoi tre libri, che sono tutti a trazione sudista.

“I nuovi Primati del Sud, storie contemporanee di un Mezzogiorno positivo”, questo il titolo del suo primo lavoro, fu dato alle stampe da ‘Controcorrente edizioni’. Successivamente Trapani ha scritto il pamphlet ironico “Maledetta Juve, non sappiamo più come insultarti” (edito nel 2017) e “Napoli la città del calcio: una squadra, una maglia, un popolo” (anno 2018).

Si tratta di due recenti successi nelle librerie italiane, pubblicati entrambi da ‘Magenes editoriale’. Il libro ironico contro i bianconeri ha ottenuto tre ristampe, quello sugli azzurri e sul rapporto tra Città e squadra di calcio è già alla seconda. Trapani è da sempre appassionato di politica e di calcio ed è un attento osservatore degli aspetti non solo agonistici e sportivi ma anche sociali, economici e culturali del football. Con lui approfondiamo le tematiche più attuali che riguardano il calcio, il Sud e la questione meridionale.

D) Un libro sarcastico contro i bianconeri il tuo, un enorme successo visto che si è giunti alla terza ristampa, puoi illustrarci da dove nasce questa tua magnifica idea?

R) L’idea è nata per gioco, per spirito ironico e goliardico, perché il calcio in fondo è sempre e sopratutto svago e divertimento, ma non c’è solo questo. La Juventus è la squadra col maggior numero di tifosi ma, ormai, anche quella più detestata. Non fa nulla per farsi amare, anzi molti dei suoi atteggiamenti sono odiosi e generano reazioni negative tra gli sportivi. Spesso i suoi successi sportivi vengono avvertiti come poco trasparenti e lineari, non a caso, come spiego nel mio libro, quella dei ‘non colorati’ è l’unica squadra al mondo con i tifosi ‘pentiti’. I bianconeri hanno diversi sostenitori, alcuni anche molto noti agli italiani, che nel tempo hanno fatto pubblica ammissione di non tifare più per la Juve. Un fatto questo unico e clamoroso, che denota quanto questa squadra e la società siano messe fortemente in discussione da chi segue il calcio.

D) Il tuo secondo lavoro, quello sugli azzurri e sul rapporto tra Città e squadra di calcio, è già alla seconda, c’è altro dietro l’angolo?

R)Stiamo ragionando con l’editore su nuovi progetti. Dalla pubblicazione di questi due libri, sulla Juve e sul Napoli, sono accadute tante altre cose. Il calcio è un universo in continua trasformazione, così come lo sono i tifosi, gli appassionati, i protagonisti in campo e fuori dal rettangolo di gioco. Dunque c’è tanto materiale su cui lavorare per altri libri o magari per aggiornare le edizioni già pubblicate. Vedremo nei prossimi mesi.

D)La tua passione per la politica e per il pallone ti rendono un attento osservatore degli aspetti non solo agonistici e sportivi ma anche sociali, economici e culturali del football e del mondo che ci circonda, lo devi a Napoli tutto ciò?

R)Assolutamente sì. A Napoli il calcio viene vissuto in maniera intensa e passionale, è probabilmente l’unico vero momento in cui tutti i napoletani si ritrovano uniti, senza distinzioni di classi sociali, di provenienza, di posizione economica o ideologico-politica. Dunque, guardare e studiare Napoli attraverso il calcio aiuta a comprendere tanti aspetti del nostro popolo e della nostra città che è sempre sulla bocca di tutti ma che pochi conoscono in profondità. Chi vuole davvero comprendere Napoli ed i napoletani guardi al rapporto che hanno col calcio e con la squadra di football, così avranno meno pregiudizi e faranno una valutazione più serena del popolo partenopeo e dei suoi comportamenti, sia individuali che collettivi.

D)Dal tuo punto di vista come ritieni sia conosciuta la lotta identitaria, ci sono margini di attenzione da parte del mondo politico che frequenti?

R)Nel 1993, quando ero appena 18enne, mi ritrovai alla cena in cui, al Borgo Marinari a Napoli, nacque ufficialmente il Movimento associativo ‘Neoborbonico’. Tutto si generò grazie alla felice intuizione del compianto Professore Riccardo Pazzaglia ed all’amico Gennaro De Crescenzo. Credo che, dopo 26 anni, si siano compiuti grandi passi in avanti ed è in atto un positivo processo culturale e identitario. Tanti napoletani e non solo, anche molti meridionali, conoscono di più il valore ed il significato del vessillo borbonico che, secondo me, non appartiene ad una nostalgica e vuota idea monarchica, ma esprime la storia, l’orgoglio, l’identità e la nostra appartenenza. Al tempo stesso c’è oggi una maggiore consapevolezza della nostra storia, di quello che siamo stati, di come Napoli, da Capitale, riuscì ad irradiare civiltà in tutta Europa. Napoli per molti anni ha rappresentato un faro per la società, l’economia, la politica, la cultura, in tutta Europa.

Oggi possiamo e dobbiamo tornare ad essere quello che nella nostra millenaria storia siamo già stati. Ma serve l’impegno collettivo e individuale di tutti, giovani e anziani, operai e imprenditori, insegnanti e alunni, ecc.

In generale credo che l’impegno profuso in tanti anni, dagli amici “neoborbonici” e da altre realtà associative, sia stato e sia tuttora importante: tutto ciò in termini di conoscenza storica, di voglia di riscatto, di difesa e valorizzazione della nostra identità. Il tutto, peraltro, è avvenuto ed avviene senza scivolare nella retorica revisionista che è sempre dietro l’angolo quando si fanno valutazioni storiche. Siamo davanti ad una grande sfida culturale, prima anche che sociale e politica, perciò reputo questa battaglia molto utile e molto importante. Tanto cammino c’è ancora da fare, è una missione ardua ma molto realistica.

I giovani e le nuove generazioni hanno tanta voglia di riscatto, di identità , di valori meridionalisti. E’ questa la traccia da percorrere, il tempo è sempre galantuomo.

D)Cosa auspichi per le sorti delle Due Sicilie?

R)Innanzi tutto che si ripristini la verità storica. La storia, da sempre, è la propaganda dei vincitori. Dunque, lo sforzo culturale da compiere è raccontare ai giovani e alle nuove generazioni cosa è stato il Regno delle Due Sicilie. E’ importante che si sappia cosa è davvero accaduto nella storia di Napoli e del Sud. Tutto ciò non  certo per ripristinare la monarchia, io non credo che abbiamo bisogno di un Re, ma occorre raccontare e valorizzare ciò che è stata la storia del Meridione per avere piena consapevolezza collettiva e fare in modo che si riesca a cogliere la sfida della modernità, così da riscattarci da un passato recente (quello  del processo unitario italiano) che ha tolto tanto al Mezzogiorno, in termini economici, storici, politici, culturali, ecc.

La questione nord-sud è ancora molto attuale, il rapporto è assolutamente sbilanciato a favore del settentrione, ma se non abbiamo consapevolezza di chi siamo stati non troveremo mai la strada maestra per il futuro.

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