Il Racconto, Cognome e nome: Ponzio Pilato
Un racconto molto interessante e ben documentato sull’origine del nome della Città di Portici
di Lucio Sandon
Nel tempo in cui la suddetta città d’Ercolana fioriva in grandezza, era uno de’ luoghi di delizie della nobiltà romana. Nell’anno di Roma 640 e 110 anni prima della nascita di Cristo, Quinto Ponzio Aquila, ch’era de’ più nobili cittadini di Roma, edificò un podere ne’ Borghi d’Ercolana. Cicerone, scrivendo al suo Pomponio Attico chiama quel podere Neapolitanum Quintii. Comunemente veniva chiamato Villa Pontii e poscia per corruttela li è rimasto il nome Villa Portici.
Così asserisce Benedetto Falco nel Trattato degli Amenissimi Luoghi di Napoli. Summonte tomo I, libro I, capitolo 10 foglio 268, ed altri vollero che fosse chiamato Portici perché ivi era il porto della città d’Ercolana. Nell’anno 672 o pure 671 secondo il Bossuet nel Discorso sopra l’Informazione Universale foglio 90: Quinto Ponzio Aquila congiurò con Bruto e Cassio contra di Cesare, che restò ucciso in senato con 23 ferite. Ottaviano, Marco Antonio e Lepido nel famoso Triumvirato, s’impadronirono dell’Impero, perseguitarono i congiurati e confiscarono loro i beni.
In questo modo la villa di Portici restò in potere degl’Imperatori assieme con Ercolana. Essendo poi distrutta Ercolana in tempo di Tito, come già narrato, restò Portici un luogo aperto, non atto ad esser difeso. Cadde in potere della Repubblica Napoletana, come più vicina, ed è sua gloria essere stata sempre soggetta immediatamente a’ Padroni di Napoli, com’ancora è sottoposta alla tua diocesi.
Così narrava il frate teologo padre Casimiro di Santa Maria Maddalena nell’anno del Signore 1729.
Nel 1740, durante la costruzione della reggia di Portici, sarebbe stato rinvenuto un reperto raffigurante un’aquila che reca sotto gli artigli le iniziali Q.P.A.
Quinto Ponzio Aquila, come luogotenente di Decimo Bruto, figurò tra i congiurati che nelle Idi di Marzo del 44 a.C. pugnalarono a morte Giulio Cesare. Subito dopo l’uccisione di Cesare, con la nascita del secondo triumvirato formato da Ottaviano Augusto, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido, i nuovi governanti di Roma scatenarono il terrore con un’opera di epurazione che prevedeva l’esecuzione dei sovvertitori e l’elaborazione di liste di proscrizione volte a eliminare potenziali nemici e oppositori.
In particolare, Quinto Ponzio Aquila venne ucciso forse da sicari nel 43 a.C. nel corso della battaglia di Modena, mentre la sua famiglia, essendo di origine sannita, fu mandata in esilio nella città di Berethra. Ristabilito l’ordine pubblico, le varie famiglie si trovavano riordinate presso le colonie romane, e i cosiddetti “Ponzii” furono inviati appunto a Berethra, dal greco baratron ossia “valle stretta e profonda”. L’altra peculiarità di quel territorio è che all’epoca era conosciuto con il nome di Palestina Piceni, in quanto era stato colonizzato da popolazioni mediorientali, provenienti da Canaan. La presenza documentata della famiglia dei Ponzii, insieme con l’antica popolazione di Canaan, fa pensare che le origini del giovane e futuro prefetto Ponzio Pilato possano rintracciarsi nella Regio IV Sabina et Sannium, corrispondente grossomodo ad Abruzzo e Molise, ma soprattutto che possa esser stato proprio questo ambiente a formare il futuro prefetto della Giudea, grazie alla sua conoscenza delle tradizioni ebraiche, e di aver sicuramente appreso da queste l’aramaico.
Queste probabilmente le ragioni che spinsero Tiberio, figliastro di Augusto, a conferire a Ponzio Pilato la nomina come Procuratore della V Provincia della Giudea. Una scelta quindi dettata dallo spirito guerriero sannita della famiglia dei Ponzii, e dalla conoscenza di una lingua tanto complicata quanto la cultura stessa di questi popoli, appresa in luogo da essi colonizzato tanto da prender il nome di Palestina Piceni.
Amiternum è un sito archeologico, meraviglioso e semisconosciuto. Lo si incontra percorrendo la strada statale 80, che da L’Aquila conduce verso Amatrice.
Amiternum, 25 marzo 1580.
Il martellamento ritmico dei picconi degli spagnoli proveniente dalle rovine di Amiternum riecheggiava tra le ancora innevate colline che corollano la valle dell’Aterno. L’antichissima e nobile città sabina era già stata razziata di ogni cosa trasportabile, compresi gli imponenti leoni in marmo dei templi ed il famoso calendario amiternino. Un tonfo sordo del ferro incuriosì uno degli ultimi tombaroli. Dal terreno di Amiternum gli spagnoli estrassero uno scrigno. Le urla di giubilo degli scavatori ruppero la quiete della valle: il singolare rinvenimento fece pensare subito ad un tesoro, a monete d’oro sonante, a preziosi gioielli custoditi da secoli all’interno del forziere. Come scatole cinesi, una volta rotto avidamente l’involucro in pietra, spuntarono fuori una cassetta in ferro, poi una di marmo. Al loro interno, per la delusione degli spagnoli, solo alcuni rotoli di pergamene scritte in ebraico.
Quando poi, tra i rotoli, si riscontrò che uno conteneva una sentenza di condanna di morte emessa da Ponzio Pilato, lo sbigottimento fu immenso.
Nel 1581 venne pubblicato un manoscritto francese con la copia del verdetto rinvenuto ad Aquila dal lunghissimo, ma chiarificatore titolo: “Tesoro ammirevole della sentenza pronunciata da Ponzio Pilato contro Nostro Signore Gesù Cristo, rinvenuta miracolosamente scritta su pergamena in caratteri ebraici dentro un vaso di marmo, racchiuso in due o tre vasi di ferro e di pietra, nella città di Aquila nel Reame di Napoli, verso la fine dell’anno 1580. Tradotta dall’italiano al francese, sia per la pubblica utilità e l’esaltazione della nostra santa fede, che per la lode della detta città”.
In un lampo L’Aquila balzò in tutte le cronache italiane ed europee smentendo inoltre ad un tratto, tutte le favole che si erano create intorno al paese di origine di Ponzio Pilato. Su Ponzio Pilato e sui crocifissori di Gesù vi è una ricca tradizione: molti paesi rivendicano o rigettano allo stesso modo la nascita del console romano in Palestina. Gli si danno natali a Ponza o in Abruzzo, dove maggiormente si ritiene quasi certa la sua origine, sia per il cognome (Pontii, Ponzi, Ponzia, Pontio), molto diffuso, che per le tradizioni orali che si raccontano in vari paesi della regione. Lo si dà invece per certo originario di Bisenti, in provincia di Teramo, dove è visitabile il luogo che la tradizione indica come casa natale di Ponzio Pilato. Qui, sotto l‘impluvium, è ancora perfettamente conservato un qanat, cioè un sistema di distribuzione idrico molto diffuso in medio oriente, ma sconosciuto nel territorio italiano. È pensabile che il console, avendone appreso la tecnologia costruttiva in Giudea, una volta tornato in patria abbia pensato di costruire un sistema idrico del genere per captare le acque da una falda, incanalarle mediante una galleria sotterranea per alcuni chilometri e prelevarle per le proprie esigenze personali.
Lo scrittore Lucio Sandon è nato a Padova nel 1956. Trasferitosi a Napoli da bambino, si è laureato in Medicina Veterinaria alla Federico II, aprendo poi una sua clinica per piccoli animali alle falde del Vesuvio. Appassionato di botanica, dipinge, produce olio d’oliva e vino, per uso famigliare. Il suo ultimo romanzo è “La Macchina Anatomica”, un thriller ambientato a Portici, vincitore di “Viaggio Libero” 2019. Ha già pubblicato il romanzo “Il Trentottesimo Elefante”; due raccolte di racconti con protagonisti cani e gatti: “Animal Garden” e “Vesuvio Felix”, e una raccolta di racconti comici: “Il Libro del Bestiario”. Il racconto “Cuore di figlio”, tratto dal romanzo “Cuore di ragno”, in prossima uscita, ha ottenuto il riconoscimento della Giuria intitolato a “Marcello Ilardi” al Premio Nazionale di Narrativa Velletri Libris 2019. Il romanzo “Cuore di ragno” è risultato vincitore ex-aequo al Premio Nazionale Letterario Città di Grosseto “Cuori sui generis” 2019.
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