*Trump: duca di Mantova o Rigoletto?*… L’Editoriale di Vincenzo D’Anna
di Vincenzo D’Anna*
Le hanno chiamate opere liriche, fin da quando comparve la prima rappresentazione teatrale accompagnata dalla musica. In seguito furono chiamate anche “Melodramma italiano”, per le storie trattate, che spesso erano a tinte fosche ed ingarbugliate, tratte da un libretto appositamente scritto per armonizzare la musica e la parte scenica del racconto. Uno dei librettisti più famosi fu Arrigo Boito che romanzò opere per la musica di Giuseppe Verdi. Indubbiamente una delle più memorabili di questo grande compositore fu il Rigoletto che narra delle vicende del duca di Mantova, terra della dinastia dei Gonzaga. L’opera ha come protagonista il dispotico nobile, gaudente e donnaiolo oltre che privo di qualsiasi remora morale, ed il suo giullare gobbo, Rigoletto. Non entriamo nell’intera trama se non dicendo che fu proprio quest’ultimo a perdere la figlia amata, morta per mero errore durante la vendetta ordita dal Rigoletto stesso, contro il suo Duca per riscattar la figlia dagli abusi e dall’inganni del Duca stesso. Una tragedia appunto melodrammatica che grazie a famose “ arie” musicali dell’opera trionfò nei teatri di tutto il mondo. Chi ha visto quel capolavoro di Verdi non può che ravvisare somiglianze tra i personaggi teatrali e la coppia che oggi imperversa sul proscenio della politica mondiale, ossia la premiata ditta Donald Trump ed Elon Musk. Attualmente il prestigio e la potenza della carica che il tycoon andrà a ricoprire a partire da gennaio, si identifica proprio nel personaggio del Duca di Mantova, mentre quella del giullare sembra più attagliarsi al multi miliardario Musk. Quest’ultimo preso in carico e tra i più ascoltati consiglieri del neo inquilino della Casa Bianca. Le sortite di Musk, infatti, hanno finora mostrato un personaggio poliedrico e vivace che in politica sciorina idee futuristiche e soprattutto molto spicciole sul come risolvere le questioni complesse del governo statunitense. Un esempio tipico di qualunquismo sbrigativo che pare abbia indotto il neo presidente Usa a fare analoghi ragionamenti. La deportazione forzata di ben undici milioni di migranti irregolari nei paesi di origine, il disimpegno generalizzato degli Stati Uniti nei vari teatri politici e militari del mondo, l’abbandono del trattato sul clima e sull’ambiente, lo smantellamento della Nato hanno tutte le impronte qualunquistiche dei ragionamenti di Musk. Quest’ultimo avalla pubblicamente i propositi sbrigativi del “Ticoon” newyorkese, a cui il dominus dei social mondiali assegna il crisma della modernità di pensiero, una nuova visione globale, un radicale cambio di rotta che accantona le vecchie teorie per aprirsi a quelle di prossimo avvento. Insomma Musk come Rigoletto loda il duca di Mantova ed irride ed insolentisce i suoi avversari, con l’improntitudine di chi si sente l’araldo di un nuovo ordine mondiale. Come il giullare di corte, parla per metafore e sberleffi rendendo semplice ed ilare ogni ponderato ragionamento che pure Donald Trump avrebbe il preciso dovere di imbastire con i suoi vecchi alleati sparsi nel mondo. Ragionamenti necessari, prima di infilarsi nel ginepraio politico mediorientale e nella guerra Russo-Ucraina, nei rapporti con gli alleati europei. Certo la visione del mondo di Musk e’ quella di colui che possiede centinaia di miliardi di dollari, che vuole esplorare e commercializzare lo spazio, che ha interessi di dimensioni bibliche, non è certo quella di un comune mortale. Ma certo non e’ equiparabile a quella più difficile e responsabile che è necessario abbia, invece, il capo dello Stato più potente della Terra, il comandante in capo dell’esercito più forte, il titolare che eredita dai suoi predecessori, una dimensione di grandezza e di autorevolezza degli Stati Uniti. Insomma Elon Musk può anche fare il giullare coi i propri immensi depositi bancari perché non ha responsabilità collettive, non ha doveri pubblici di grande dimensione, dalle sue decisioni non dipendono rapporti strategici con altre decine di Stati sparsi per il mondo. Il potere degli eletti e la legittimazione ad esercitarlo, proviene a Trump non dalla forza del danaro ma dal consenso elettorale, condizionato dai limiti costituzionali e dalla tutela degli interessi di un popolo di 250 milioni di cittadini che godono dall’economia più florida del globo, dal peso di una storia autorevole e secolare. Il potere di Musk invece proviene dal denaro e dalla sua capacità di orientare l’opinione pubblica con il suo impero social: basi più effimere e certamente deprivate dal dover dare conto a milioni di elettori oltre che a sopportare e contrastare la critica degli oppositori politici. Le parti in commedia sono diverse, diversi i doveri e le responsabilità che si accollano i due. Peggio ancora sarebbe se in futuro l’enigmatico consigliere di Trump determinasse un’ipoteca sulle decisioni del presidente americano. Addirittura tragica l’ipotesi in cui il duca di Mantova si riducesse a farsi portare con mano dal suo giullare, indossando il classico cappello con i sonagli per coprirsi, al tempo stesso, sia di ridicolo che di errori e responsabilità storiche. Che dire? Speriamo che alla Casa Bianca non vada di scena un Melodramma…
*già parlamentare
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