Induzione, la parola di oggi a cura del prof. Innocenzo Orlando
Teleradio News ♥ Sempre un passo avanti, anche per te!
Induzione in-du-zió-ne
Significato Procedimento logico che inferisce il generale dal particolare; in fisica, qualsiasi fenomeno per cui un corpo vicino a un altro ne modifica delle caratteristiche; istigazione, invito
Etimologia voce dotta recuperata dal latino indùctio, derivato di inductus, participio passato di indùcere ‘indurre, introdurre’, da dùcere ‘guidare’ col prefisso in-.
«La cosa si è verificata diverse volte e ho indotto che sia pratica consueta, qui.»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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Qui si parla di fornelli e di logica. E vediamo subito come l’induzione logica sia un focolare che frequentiamo non meno di quello della cucina, anche se ha un aspetto vagamente ostico.
Il fatto che l’induzione appartenga all’albero del verbo ‘indurre’ ci fa capire che stiamo ragionando di qualcosa che viene portato da qualche parte, idealmente in un ‘dentro’: nell’inducere latino si nota bene quel ducere, che è un ‘guidare, condurre’ — ma se diciamo che ducere è ‘condurre’ ci stiamo già mordendo la coda. Ma l’induzione conduce chi o che cosa in quale dentro?
In certi casi la sua prospettiva è causale, e si concentra su comportamenti specie negativi che vengono istigati o invitati: l’induzione in tentazione, l’induzione a commettere un crimine, l’induzione di un sospetto sono atti in cui qualcuno viene mosso a un’azione errata o riprovevole, o qualcosa viene insinuato in maniera surrettizia. Questi sono dei guidari abbastanza semplici, da intendere.
In logica l’induzione è più fine, e consiste nel processo che ricava un principio generale a partire da esperienze e osservazioni particolari — un’inferenza che compiamo a ogni piè sospinto e che però non ci permette di raggiungere una dimostrazione: le conclusioni indotte, per quanto ci paiano solide, corrono sempre il rischio di essere smentite.
Metto una mano in un sacco e tiro fuori una manciata di fagioli bianchi. La rimetto dentro e pesco da un punto diverso — tiro fuori sempre fagioli bianchi. Faccio una terza prova infilando la mano al fondo, solo fagioli bianchi. Induco che quello sia un sacco di fagioli bianchi. Magari, vedendo accanto molti altri sacchi uguali, e sbirciando il contenuto di un altro paio, induco che contengano tutti fagioli bianchi. Un procedimento mentale limpido, che però portiamo avanti anche in casi più problematici.
Conosco una persona di Guardiola in Chianti, e bontà sua si rivela subito completamente cretina — càpita. Per caso ne conosco un’altra, sempre di Guardiola, ed è ancora più cretina della prima, e non di poco. La terza persona di Guardiola che incontro, apre bocca e subito capisco che è scimunita a livelli drammatici. La gente di Guardiola, induco, è irrimediabilmente scema.
Sono di fretta e senza chieder nulla salto la fila: passo avanti a tutte le persone che stavano aspettando il proprio turno, e mi viene permesso di farlo senza che nessuno dica niente. La volta dopo lo rifaccio, e mi viene permesso. La terza volta, idem. Induco che sia lecito farlo.
È fondamentale tenere presente che l’induzione ci porta a una conclusione che non è scolpita nella pietra: non possiamo costruire un principio sulla base di tutti i fatti del mondo, e può sempre venirne fuori uno che ne annichilisce l’universalità.
Nel sacco ci possono essere alcuni fagioli neri che non ho visto, e il sacco uguale accanto può contenere solo fagioli rossi. Posso aver incontrato le uniche tre persone cretine di Guardiola, che invece è un polo di menti geniali — o posso essere cretino e prevenuto io. Magari nessuno si lamenta se passo avanti perché per vezzo tengo un coltello fra i denti, e la liceità del mio comportamento deve passare il vaglio di quando mi faranno accomodare sui sedili posteriori di un’auto accompagnandomi la testa.
Insomma, d’induzione sono fatti buona parte dei giudizi empirici che ci orientano nella vita, savie massime d’esperienza o crassi pregiudizi che siano. Pecore di fatti che vengono portate nell’ordinato ovile di un principio, di una conclusione — e in fatto che la galassia dei particolari si induca, si porti dentro alle formulazioni sintetiche del generale è di una splendida poesia ancestrale. Peraltro annotiamo che l’induzione ha un procedimento contrario ben più celebre e per molti versi differente — la deduzione.
Ma l’induzione ci accompagna anche in fisica, come anticipavamo circa i fornelli. Una corrente variabile che attraversa le bobine nascoste sotto alle piastre a induzione genera un campo magnetico che induce una corrente nel fondo della nostra pentola — la cui energia si trasforma in calore. Senza contare che ha anche un grande rilievo in matematica: qui il principio d’induzione (ben diverso dal metodo logico induttivo di cui parlavamo prima) investe un genere di prova che ci permette di determinare se una certa proprietà valga per tutti i numeri interi. In particolare, 1) provata la verità nel caso più semplice, 2) si assume che valga anche in un caso arbitrario e 3) si prova la verità in quello subito successivo: è come sincerarsi che in una scala a pioli il primo regga e che a partire da qualunque piolo ci regga anche quello dopo, dal che s’induce che l’enunciato è (o non è) sempre vero.
Potere incredibile reso dalla mente, questo che si descrive con un mero ‘portare dentro’.