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Assemblea sinodale. Mons. Raspanti (Cei): “C’è chi guarda con scettismo, ma ci guida lo Spirito”

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Non un mandato, ma un processo di consultazione continuo. Con un presupposto: che cominci dal basso, dai ‘molti’, che sono i fedeli, per arrivare ai ‘pochi’, che sono i pastori. E non più il contrario. La “rivoluzione” della sinodalità è stato uno dei punti principali del briefinig di oggi, nell’ambito dell’Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, in corso nella basilica di San Paolo fuori le mura. Che muove i passi da una necessità: “Non essere sordi, ma aperti alle esigenze della società”.
“Ai delegati chiediamo attenzione e responsabilità in un clima di serenità, consapevoli che c’è chi guarda con scetticismo e poca fiducia – ha detto il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti, membro del Comitato del Cammino sinodale -. Ma siamo consapevoli che si può dare fiducia. Noi crediamo che la Chiesa possa essere guidata dallo Spirito anche oggi”.
Parlando dell’Assemblea sinodale, mons. Raspanti l’ha definita “uno dei snodi decisivi di questi quattro anni di Cammino”. “La parola di Papa Francesco ha capovolto la piramide, partendo dal basso perché ci arrivino suggerimenti dai ‘piccoli’. I molti suggeriscono ai pochi, che sono i pastori. Questo è il cambio di prospettiva portato dalla sinodalità”.

“Abbiamo innescato questo cammino che ci ha visto andare avanti senza schemi precostituiti e modelli”.

Soffermandosi poi sul rapporto tra Vangelo e cultura, il presule ha osservato che “sia vescovi sia laici e delegati stanno mettendo in evidenza l’esigenza di una sintonia e un approccio alla cultura italiana”. L’esigenza che batte forte oggi è quella di “parlare linguaggi che ci facciano comprendere, ritrovare una sintonia sul piano culturale con le persone e generare non solo idee e pratiche”. “Altrimenti il Vangelo per loro non serve più e viene messo da parte. Invece crediamo che il Vangelo sia vivibile e capace di albergare nella vita di tutti gli uomini. Ecco perché la Chiesa deve fare uno sforzo per incarnare oggi la Parola di sempre”.

(Foto Calvarese/SIR)

Nel cammino sinodale sono stati realizzati “50mila centri di ascolto”. “Le parrocchie italiane sono 25mila. Quindi, questo ascolto è andato oltre e ha coinvolto almeno mezzo milione di persone – ha osservato don Gianluca Marchetti, sottosegretario della Cei -. Mi sento di dire che è stato un buon lavoro. Non so quanti eventi riescano a coinvolgere un numero di persone così ampio”.

Soffermandosi, infine, sul cammino avviato, don Marchetti ha spiegato che “non basta a esprimere un mandato, questo processo ri-coinvolge sempre le comunità”.

Una dinamica che “racconta una voglia di partecipazione”. “In un tempo in cui si parla di abbandono, allontanamento, sta emergendo un segno di speranza e di impegno nella Chiesa. La Chiesa italiana vive in questo cammino un momento prezioso costruito insieme, non calato dall’alto. La Chiesa ha accettato la sfida di mettersi in ascolto di quello che la gente dice e il prodotto finale è l’esito della discussione di un tavolto dove sta la comunità, dove ciascuno può parlare e dire la sua, può mettere il suo talento. Questo è un segno di speranza”.

La partecipazione è uno degli “elementi interessanti” in questo cammino sinodale che, anche secondo Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, “possono essere antidoto a tratti presenti nel clima sociale, caratterizzato da disorientamento, disillusione, scetticismo e pessimismo”. Il sondaggista rileva “una doppia frattura nel clima sociale”: sfiducia nelle istituzioni e scarso senso di coesione. “Di fronte a ciò il Cammino sinodale presenta alcuni aspetti che sono di grandissima distanza dal clima sociale: l’ascolto, il cambiamento e l’aiuto a uscire dal presente, perché siamo incapaci di guardare al futuro. Il Cammino sinodale ci insegna ad avere uno sguardo lungo, a essere capaci di guardare al futuro. Può avere queste ricadute su credenti e non credenti – ha concluso -. La Chiesa può portare l’individuo a essere consapevole delle sue responsabilità nei confronti della società, aiutarci a crescere come individui nella solidarietà”.

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