Cammino sinodale. Mons. Crociata (Lazio): “Non può esistere una Chiesa rinchiusa in se stessa”
“Ormai comprendiamo che non può esistere una Chiesa rinchiusa in se stessa, come da anni ci predica Papa Francesco”. Per questo “diventa sempre urgente il ruolo dei laici, la loro formazione e il loro coinvolgimento”. Insomma, “c’è tanto fermento, di cui andrebbero raccolti gli spunti per ricondurli a uno sforzo comune di rinnovamento in senso sinodale”. È mons. Mariano Crociata, vice presidente della Conferenza episcopale laziale, a delineare il percorso sinodale compiuto dalle chiese nel Lazio. Lo fa in questa intervista al Sir, rilasciata in occasione dell’Assemblea nazionale del cammino sinodale delle Chiese in Italia che si terrà a Roma dal 15 al 17 novembre.
Quale percorso è stato fatto nelle Chiese del Lazio per giungere a questo primo appuntamento sinodale? Ma soprattutto, avete notato interesse?
Specialmente nella prima fase l’interesse è stato alto. Questo risulta dalle testimonianze dei vescovi e anche dagli scambi informali nelle varie commissioni che operano accanto alla Conferenza episcopale e sotto la guida dei vescovi delegati. L’esperienza dell’ascolto, come un po’ dappertutto, ha toccato le corde più profonde della sensibilità delle comunità cristiane.
Cosa è emerso? Quali esigenze sono state evidenziate, quali “cambiamenti” sono stati evocati e quali aspettative ci sono?
Naturalmente il cammino ha caratterizzato le singole diocesi, ma risulta che, per esempio, nella fase sapienziale che si sta concludendo, la scelta preferenziale delle singole diocesi ha toccato temi cruciali della vita ecclesiale come gli organismi di partecipazione, la riforma delle strutture, l’iniziazione cristiana. In particolare si può citare il documento sui Consigli pastorali elaborato dalla Commissione regionale per il laicato; e poi anche il percorso che come vescovi stiamo facendo, aiutati dalla collaborazione delle commissioni di riferimento, sul tema della iniziazione cristiana, in particolare dei ragazzi, che richiede un profondo ripensamento.
La richiesta di un cambiamento si scontra spesso con una fatica e una lentezza che prendono anche chi dovrebbe avere un ruolo di guida e di animazione.
Quale Chiesa sta già emergendo? Si possono già delineare “i volti” dell’essere Chiesa oggi?
Difficile delineare un quadro complessivo di quanto sta emergendo. Ogni Chiesa locale ha storia e caratteristiche che manifestano un volto diverso rispetto alle altre. In tutte si può dire che sono presenti alcune esigenze chiave, come quella di crescere nello spirito e nella pratica della collaborazione, sia su un piano orizzontale, tra le comunità, sia in senso verticale, nella organizzazione dei rapporti e delle strutture in cui si articola la vita ecclesiale. Diventa sempre urgente il ruolo dei laici, la loro formazione e il loro coinvolgimento, che vanno tenuti insieme, poiché non si tratta di perseguire una formazione accademica ma di accompagnare una condivisione della vita di Chiesa con sensibilità, senso di responsabilità e disponibilità alla comunione e all’unità. Infine un aspetto cruciale, su cui si manifestano anche belle iniziative e impegni, riguarda il rapporto della Chiesa con il mondo circostante, la società e le istituzioni. Ormai comprendiamo che non può esistere una Chiesa rinchiusa in se stessa, come da anni ci predica Papa Francesco. Della Chiesa in uscita abbiamo fatto uno slogan, ma siamo sempre lì a cercare di capire cosa fare e come fare, pur con tante esperienze significative che credo ogni diocesi possa segnalare.
C’è tanto fermento, di cui andrebbero raccolti gli spunti per ricondurli a uno sforzo comune di rinnovamento in senso sinodale, cioè nel senso della condivisione e della partecipazione della fede e della vita della Chiesa.
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