Grati e impegnati
“La gratitudine deve trasformarsi in impegno, in progettualità, in azioni concrete se vogliamo evitare che i paesaggi diventino un lontano ricordo di quello che sono stati e i territori dei frammenti, residuo dello scarto e dell’abbandono”. E’ il passaggio chiave del messaggio che la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace consegna alla Chiesa italiana e all’Italia in questa 74ª Giornata del Ringraziamento, che celebriamo oggi a livello nazionale e andrà celebrandosi durante questo mese, com’è consuetudine secondo l’organizzazione della Coldiretti promotrice dell’iniziativa, a livello provinciale, mandamentale, comunale ed anche locale in molte comunità, specialmente agricole, anche della nostra diocesi. Non si tratta infatti solo di una festa coreografica con la gran quantità e varietà di colori dei frutti della terra e con la pur significativa benedizione dei mezzi agricoli, ma questa Giornata – all’insegna del motto impegnativo, propositivo e fiducioso “La speranza per il domani: verso un’agricoltura sostenibile” – diventa un compito importante da assumere e portare avanti da parte di tutti, persone, gruppi, istituzioni. Certo, ad ispirarci nelle celebrazioni, nelle preghiere, nei gesti di questa circostanza annuale è la “gratitudine” per la “creazione” che – come ricordano i vescovi – è “il dono”; come la gratitudine deve continuamente ispirarci nella vita quotidiana, al solo pensiero di quanti altri doni ci derivano da questo grande dono che il Signore ha affidato alle nostre mani. Ma è necessario sempre più prendere coscienza della responsabilità che esso comporta nelle scelte e nelle decisioni pratiche. Parlare dei frutti della terra e della attenzione alla terra può sembrare qualcosa che riguardi solo il mondo agricolo e, quindi, le comunità delle nostre campagne; ma è chiaro che ciò coinvolge assolutamente tutti, appartenenti ad ogni comunità paesana e cittadina, poiché dalla terra deriva, in un modo o nell’altro, la vita di tutti; e dal modo di trattarla tutti sono condizionati, nel bene e nel male – come le cronache continuamente ci ammoniscono. Nel bel messaggio – di cui consigliamo a tutti la lettura e la meditazione – si parla di “cultura agricola”, che non è una classificazione inferiore ad altre culture, ma una cultura di base che dovrebbe orientare le altre. Essa – dicono i vescovi – deve mantenere e mai smarrire le proprie “basi ecologiche” che comprendono una “ecologia integrale” dove si combinano positivamente insieme la dimensione antropologica, quella economica e quella sociale, in un “equilibrio tra uomo e natura” sempre più a rischio e sempre più indispensabile. Di questo compito evidenziamo alcuni punti imprescindibili sviluppati nel messaggio. Occorre “fermare il consumo di suolo”, a cui pratiche economiche ispirate solo dal profitto stanno spingendo le scelte improvvide di molti (ad es. con impianti fotovoltaici, che devono invece obbedire ad una “progettualità sostenibile”). Occorre “coinvolgere le nuove generazioni” facendo loro riscoprire le potenzialità di questo settore del mondo della vita e del lavoro, dando modo ai giovani di sentirsi protagonisti in questa opera grandiosa e urgente “in questo momento cruciale della storia”. Occorre riproporre, a livello nazionale ed europeo (ma potremmo dire anche mondiale), “corrette riforme agricole”, comprendendo in questo ampio concetto il rispetto e la valorizzazione della imprenditorialità agricola, il riconoscimento economico del lavoro agricolo e del valore dei prodotti agricoli e la sostenibilità ambientale di ogni programma cui si intenda porre mano; né si può cedere ad una fuorviante “polarizzazione tra agricoltura convenzionale e biologica”. E va combattuta la “dispersione delle comunità, soprattutto quelle interne”: tema che sta a cuore da tempo all’episcopato italiano e che anche nel nostro territorio sperimentiamo come deleterio, sia a livello civile che ecclesiale, a causa del conseguente sfaldamento sociale. E lasciamo per ultimo un invito citato nella prima parte del messaggio, poiché dovrebbe essere l’impegno quotidiano di tutti, anche perché la gratitudine che esprimiamo oggi con il nostro “grazie” non sia un alibi: il “rinnovamento degli stili di vita” per “ri-orientare l’economia nel segno della sostenibilità e della giustizia”. Ci riusciremo? La “speranza per il domani”, non solo per un’agricoltura, ma per una vita più sostenibile parte forse proprio da qui.
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