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La legge Salva casa, incertezze interpretative e applicative per tecnici, professionisti ed enti locali

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La legge di conversione del Decreto Salva Casa, entrata in vigore il 28 luglio , contiene numerose novità che hanno modificato diversi articoli del Testo Unico dell’Edilizia portando con sè numerose criticità e dubbi. Su queste criticità ha stimolato una riflessione approfondita il convegno organizzato dall’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Caserta, presso l’Hotel Europa a Caserta il 31 ottobre dal titolo “Luci ed ombre sul D.L. 69/2024 convertito nella L. 105/2024”. E’ apparso subito evidente dagli interventi di tutti i relatori quanto il peso delle “ombre” sopravanzi ampiamente le “luci”, con grande preoccupazione per i professionisti coinvolti in tema di procedure di regolarizzazione degli immobili, mutamenti di destinazione d’uso e accertamento di conformità urbanistica. Il prof. Alberto Coppola, docente di Legislazione urbanistica presso l’Università Federico II ha subito evidenziato quanto la legge “non apporta in realtà nessuna semplificazione ma ha come unica cifra l’incertezza “, producendo norme che indurranno inevitabili e infiniti contenziosi. Dopo 21 anni dall’ entrata in vigore del TUE, che hanno visto 71 modifiche, “la montagna ha partorito il topolino”, considerato che le novità apportate dalla nuova legge introducono piuttosto procedimenti non ben definiti e che sarà arduo esplicitare per lo stesso legislatore regionale chiamato irrimediabilmente a fornirne indicazioni operative. In definitiva le sanatorie del Salva casa si stanno muovendo già sui binari dell’ autonomia differenziata perché se le prescrizioni del decreto legge 69/2024 sono identiche in tutta Italia, la loro declinazione concreta cambierà molto a seconda dei territori in cui sono collocate le opere da regolarizzare. Ricordiamo in proposito il dossier della direzione “Edilizia e Territorio” dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) che, sottolineando i nodi attuativi più rilevanti del Salva Casa,ha evidenziato il rischio di una paralisi amministrativa, causata dall’incrocio tra le nuove norme nazionali e le preesistenti disposizioni regionali. Ad oggi solo Emilia-Romagna, Sicilia e Umbria hanno emanato circolari provvisorie volte al recepimento del “Salva Casa”, ma la disomogeneità normativa genera inevitabilmente difficoltà operative presso gli uffici tecnici comunali. Nel convegno il successivo intervento programmato è stato di Luigi Adinolfi, Avvocato amministrativista, su “Problematiche applicative art. 36 bis del Salva Casa”. Adinolfi evidenzia con accortezza quanto la normativa, che in questi anni si sta facendo fatica a ripensare, sconta l’aver trascurato le condizioni storico-sociali profondamente mutate dagli anni ’50 ad oggi, quelle che vedevano un Paese interessato da un’intensa espansione edilizia ed oggi con la necessità invece di definire in modo puntuale il territorio urbanizzato, con particolare riferimento al consumo di suolo e al fine di promuovere il riuso e la riqualificazione delle aree urbane degradate o dismesse. “La criticità del salva casa – dichiara l’avvocato – sta nella circostanza che si innesta in una normativa che confonde l’urbanistica con l’edilizia che sono due cose diverse. La conformità asimmetrica che il tecnico deve certificare sotto la sua responsabilità penale per sanare parziali difformità e varianti essenziali ex art 36 bis e’ ardua proprio in ragione di detta confusione. Il tutto aggravato dalla circostanza che in Campania non vi è la legge che disciplina le varianti essenziali . Ma il problema principale – continua Adinolfi – e’ che in Italia la legge urbanistica è di epoca fascista ed era votata all’espansione edilizia e cioè perseguiva un intento opposto a quello attuale in cui bisogna preservare il consumo del suolo. Lo Stato non ha mai disciplinato in maniera unitaria le nuove esigenze urbanistiche opposte a quelle del 1941 e le regioni legiferano colmando i vuoti in assenza di una legge cornice statale. Novità assoluta e’ il silenzio assenso e a mio parere, contrario il prof. Coppola, l’apertura alla sanatoria dei volumi e superfici utili nelle zone vincolate paesaggisticamente per le quali vige il divieto di postume sanatorie in caso di incrementi volumetrici”. L’arch. Fabrizio Pistolesi del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha relazionato su “Modifiche al Testo Unico per l’

Edilizia a seguito del DL 69/2024 convertito nella L. 105/2024″ e ha sottolineato come “l’80% del patrimonio immobiliare italiano e’ viziato da piccole difformità o irregolarità strutturali”. Ma sembrerebbe, come approfondiamo dal web, che lo stesso vicepresidente vicario del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dalla cui ricerca il MIT (Ministero Infrastrutture e Trasporti) aveva desunto il dato, abbia precisato in un’intervista come la percentuale citata è stata erroneamente contestualizzata e che non esistono al momento dati aggiornati e affidabili. Pistolesi ha proposto un puntuale esame delle modifiche ad alcuni ambiti come il recupero dei sottotetti, l’edilizia libera, i cambi di destinazione d’uso, il certificato di agibilità, l’accertamento di conformità, le tolleranze costruttive ed esecutive. Inoltre l’architetto ha sostenuto come il nostro Paese ha un enorme patrimonio edilizio da rigenerare considerando che 2 edifici su 10 necessitano di interventi urgenti per garantire la sicurezza e la vivibilità degli spazi abitativi. Ma la cassetta degli attrezzi non è idonea per un massiccio intervento urgente di prevenzione del patrimonio immobiliare in tema di efficientamento energetico, barriere architettoniche, sismicità. Un grande censimento immobiliare a livello nazionale e’ indispensabile e un Fascicolo del fabbricato sarebbe uno strumento valido allo scopo. Le conclusioni sono state affidate a Bruno Discepolo, assessore al Governo del Territorio della Regione Campania. Anche l’assessore ha confermato nella legge Salva Casa elementi preoccupanti di problematiche interpretative, applicative e procedimentali e di contraddittorietà. “La valutazione complessiva della legge è quella di una logica di interventi a spot, che intervengono già su una materia disarticolata, avendo finalità non di migliorare ma raccogliere consenso senza sciogliere i veri nodi”.

Ci sembra dunque che l’incontro focus sulla legge 105/2024 abbia esplicitato quantomeno il carattere non solo non risolutivo della stessa nel fare ordine in un settore che lo richiede da tempo, ma addirittura di innesco di un cortocircuito ancora più disastroso in termini di applicabilità delle norme e di snellimento dell’operato dei funzionari. Per una vera “pace edilizia” che miri alla “riabilitazione” dell’edificato, dove possibile, c’è chi propone che essa sia “condizionata all’esecuzione, da parte del trasgressore, di opere di prevenzione del rischio sismico ed idrogeologico, di bonifica, di bioedilizia, di messa in sicurezza permanente, nell’ottica di un miglioramento complessivo della qualità architettonica, energetica ed abitativa del patrimonio edilizio esistente”. Questo condurrebbe, anche secondo noi, ad un fruttuoso contrasto alla crisi economica attraverso il rilancio dell’attività edilizia legale. Senza scontistica per coloro pervicacemente inclini a un opportunismo speculativo fatto di abusi.

 

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