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Spiccioli di spiritualità, Focus su Gibran

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Per la rubrica “Spiccioli di spiritualità” diretta dal prof. P. Vitale, il prof. Michele Pugliese ci parla di Gibran .

“L’amore non dà altro che sé stesso e non prende niente se non da sé. L’amore non possiede, né vuol essere posseduto; perché l’amore basta all’amore”.
Così si esprime Kahil Gibran (1883-1931), scrittore e poeta libanese, cristiano maronita naturalizzato statunitense, nella sua opera più conosciuta, Il Profeta, pubblicata nel 1923. La sua poesia è stata tradotta in oltre 20 lingue del mondo ed è divenuto molto popolare tra i giovani (quelli di una volta) che consideravano le sue opere come breviari mistici, specialmente nell’ambito della New Age e della controcultura degli anni 1960.
Sui figli dice: “I vostri figli non sono vostri. Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di sé stessa. Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi. E, benché vivano con voi, ciò non di meno non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore, ma non i vostri pensieri. Potete custodire i loro corpi, ma non le loro anime. Potete cercare di essere simili a loro, ma non potrete farli simili a voi. Voi siete gli archi da cui i figli come frecce vive sono scoccati avanti”. Che bellezza poetica, per esprimere un concetto elementare: i figli devono essere certamente educati, indirizzati, ma non costretti, perché la loro strada non è la nostra e non certo quella che noi vogliamo. La loro strada è nelle mani del Signore.
Gibran considerò sempre sullo stesso piano le suggestioni del cristianesimo e quelle del mondo arabo. In questo è di una modernità sorprendente, ma ante litteram se pensiamo che scrisse nella prima metà del XX secolo, quando ancora le grandi religioni mondiali si guardavano in cagnesco.
E sulla gioia e il dolore dice: “La vostra gioia è il dolore stesso senza maschera. Gioia e dolore procedono di pari passo. Noi siamo bilance che oscillano tra il dolore e la gioia”. Siamo sempre alla ricerca della gioia, ed è naturale e giusto, ma dovremmo esserlo consapevoli che la nostra strada sarà costellata di lacrime e saremo uomini e donne mature se sapremo trasformarle in occasioni di rinascita, perché è dal dolore che nascono i semi della gioia.
Sulla preghiera dice: “Voi pregate nella disperazione e nel bisogno; ma dovreste pregare anche nella pienezza della gioia e nei giorni di abbondanza”. Quante preghiere fatte per risolvere i nostri problemi. Quante volte abbiamo invocato il Signore nel momento di bisogno – cosa buona e giusta peraltro – e non lo abbiamo ringraziato per le cose belle. I nostri padri pregavano anche prima di pranzare, perché sapevano che il cibo è “dono di Dio”, e la sera prima di dormire, perché il sonno è ristoro dalle fatiche del giorno. La preghiera avvolgeva la vita degli individui, perché vivevano in uno stato di precarietà che solo una grande fede poteva lenire, e quindi lo lodavano anche nei momenti di gioia – la nascita di un figlio, un buon raccolto… – mentre noi viviamo in un clima di indifferentismo religioso, e usiamo il buon Dio, quando lo usiamo, come un bancomat, di cui ci serviamo solo quando ne abbiamo bisogno.
E fu domandato a Gibran: “Che cos’è il matrimonio, maestro?” e lui rispose: “Amatevi l’uno con l’altro, ma non fatene una prigione. Cantate e danzate insieme e siate giocondi, ma ognuno di voi sia solo, come sole sono le corde del liuto, sebbene vibrino di una musica uguale. Datevi il cuore, ma l’uno non sia rifugio dell’altro. Ergetevi insieme, ma non troppo vicini: poi che il tempio ha colonne distanti, e la quercia e il cipresso non crescono l’uno all’ombra di un altro”. La relazione affettiva è un bisogno intrinseco dell’essere umano, ma la coppia che funzione bene è un sistema di scambio e di relazione in cui ciascuno dei due partner porta la propria unicità, le proprie singolarità e la propria storia. Il legame d’amore si costruisce a partire da un certo grado di dipendenza reciproca ma, per una unione costruttiva, è importante che la coppia non diventi il solo bacino a cui attingere e che i due partener non sovrappongano le loro sfere individuali senza riuscire più a distinguerle l’una dall’altra.
Questi che ho menzionato sono solo alcuni temi che vengono trattati nel libro, che ha il suo fascino nella trascendenza legata a una visione molto concreta e popolare della vita. I suoi insegnamenti inducono riflettere sui grandi temi della vita, ma anche ad offrire al lettore una visione pratica dell’esistenza intrisa di quella saggezza che ritroviamo anche in alcuni libri della Bibbia e in molti passi del Corano. Un ponte tra Oriente e Occidente, nella visione sempre di quello che ci unisce a non di quello che ci divide.

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