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Cosa succede se non sappiamo più fare il fondamentale esercizio di memoria

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Se c’è un esercizio che non siamo più abituati a fare è quello della memoria. Lo dico sapendo bene che è sbagliato generalizzare e tanti sono gli esempi positivi. Ma non lo fa la scuola, dove la storia troppo spesso è relegata a uno studio di date e titoli da imparare a memoria o poco più. Non lo si fa nelle famiglie dove le esperienze dei nonni sono relegate in qualche cassetto con foto in bianco e nero che si tirano fuori in rare occasioni. Non lo facciamo noi giornalisti che grazie a internet qualche volta troviamo i dati che servono ma quasi mai approfondiamo l’argomento su cui siamo chiamati a scrivere. E non lo fanno i politici che difficilmente ricordano ciò che hanno detto in un passato più o meno lontano. Eppure è la memoria quell’esercizio che anche a chi governa consentirebbe di vedere come in passato sono stati affrontati certi temi, come le polemiche si potrebbero evitare adottando soluzioni già studiate.
Tutta questa premessa per dire che su questo numero di Toscana Oggi, a pagina 4, i nostri lettori troveranno un articolo su ciò che successe oltre trent’anni, nell’agosto 1991, quando circa 20mila albanesi sbarcarono al porto di Bari. Cercavano una via di fuga dalla situazione drammatica che molte famiglie vivevano in quel Paese che provava a mettersi alle spalle decenni di dittatura. Lo fecero anche perché l’Italia, che loro vedevano dalla nostra Tv, era ricca e senza guai. E invece i problemi c’erano e gran parte li provarono sulla loro pelle: prima rinchiusi nello stadio di Bari e poi in gran parte rimpatriati a forza. Il governo, a guida democristiana, optò per la linea dura. Eppure proprio in quell’occasione il popolo pugliese dette prova di grande solidarietà e tra i primi a entrare nello stadio, trasformato in prigione, furono don Tonino Bello e i volontari della Caritas. Con loro tanti cittadini di Bari che nonostante l’estate riuscirono a dare una risposta completamente diversa da quella del Governo. Gli albanesi che riuscirono a restare – «brutti, cattivi e delinquenti», pronti a distruggere la bell’Italia -, si sono integrati e in tanti casi hanno permesso a noi di continuare ad avere qualche nuovo italiano e contribuiscono a pagare le nostre pensioni.
La solidarietà di allora la rivediamo ora in Sicilia dove sbarcano – da qualche anno – altri esseri umani costretti a fuggire dalle guerre e dalla fame.
Episodi come la nave Vlora sembrano essere scomparsi dalla memoria di chi, in questi anni, è stato al governo – di vari colori politici -. È più difficile rispedirli nei loro Paesi? Allora si cercano luoghi dove rinchiuderli e si trovano proprio nella Nazione da dove altri erano partiti 33 anni fa e dove l’attuale governo ha bisogno di euro, e tanti. Poiché, però, come dice il proverbio «il diavolo fa le pentole ma non i coperchi», chi ha pensato questa soluzione si è dimenticato di verificare se le leggi italiane ed europee lo permettono. E la nave sbandierata verso l’Albania con prima 16, poi 14 e infine 12 immigrati è già rientrata al porto di partenza con gli stessi numeri. Sarebbe logico aspettarsi che chi ha sbagliato paghi di tasca sua ma non avverrà e si trova una soluzione all’ultimo minuto con un decreto che ci dice quali sono i Paesi sicuri. Intanto associazioni come la Caritas, e non solo, continuano ogni giorno con i loro volontari a dare risposte di solidarietà a quanti nelle nostre strade chiedono solo un po’ di aiuto. E la politica cosa fa Litiga e se la prende con quello e quell’altro. E lo stesso fanno tanti magistrati che scrivono mail e vanno in tv a pontificare. Tutto questo mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è costretto a ricordare che la politica è «mediazione» e le istituzioni, tutte, «appartengono e rispondono all’intera collettività e tutti devono potersi riconoscere in esse».
Fare esercizio di memoria dovrebbe aiutare anche noi cristiani spesso pronti a credere a qualsiasi favola di chi dice che tutti gli immigrati portano violenza e ci rubano il lavoro. Un po’ come, leggendo qualche libro, succedeva all’inizio del secolo scorso quando i nostri antenati sbarcavano a New York e venivano messi in quarantena e tante volte erano costretti nelle strade della Grande mela a chiedere qualche centesimo per sfamare i figli portati con loro convinti di trovare un futuro migliore. Già ma anche in questo caso servirebbe un po’ di memoria. Forse ci aiuterebbe a ricordare cosa siamo stati, cosa abbiamo subito ma anche quanto di buono e di bello gli esseri umani, e non solo i cristiani, sono in grado di fare.

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