Se vogliamo la Pace (e garantire un futuro per tutti) dobbiamo ridurre la spesa militare
Se non riduciamo le spese militari, come investire sui giovani, sulla scuola e sul diritto ad un lavoro dignitoso? Come contrastare la povertà e le disuguaglianze sociali che stanno esplodendo? Come sviluppare la solidarietà e la cooperazione internazionale?
Siamo ad un bivio, e la scelta che verrà fatta andrà ad ipotecare il nostro futuro: ci verrà “rubato” sprecando i soldi di tutti su strumenti distruttivi o verrà fatto fiorire da investimenti più giusti, sostenibili, vantaggiosi? Spenderemo 2.000 milioni per nuove Fregate FREMM Evo o per 15.000 infermieri in più per 5 anni? 1.225 milioni per un sistema di sistemi per la fanteria pesante o per 770 piccole opere contro le alluvioni? 397 milioni per completare il Cacciatorpediniere DDX o per mettere in sicurezza 800 scuole? 1.420 milioni per i nuovi carri armati da battaglia o per 9.700 assistenti domiciliari ad anziani per cinque anni?
Le proposte della Campagna sono chiare e prendono avvio dalle analisi, gli approfondimenti, le azioni già condotte in questi anni dalle organizzazioni promotrici (che sono Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, Greenpeace Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo e Sbilanciamoci): ridurre la spesa militare a livello nazionale e globale, con creazione di nuovi percorsi di disarmo; utilizzare le risorse liberate dalla spesa militare per spese sociali, ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace; tassare gli extra profitti dell’industria militare; diminuire i fondi destinati alle missioni militari all’estero; aumentare controlli su influenza indebita dell’industria militare su bilancio ed export militare. Nella conferenza stampa di lancio di “Ferma il riarmo” tenuta il 23 ottobre alla Camera dei Deputati (alla vigilia della Settimana ONU per il disarmo) ho voluto sottolineare come la militarizzazione del pensiero, del linguaggio, delle politiche in corso negli ultimi anni abbia garantito quasi senza opposizione quell’aumento folle e pericoloso delle spese militari (in particolare per nuovi sistemi d’arma) che vediamo sotto i nostri occhi. Ribadendo che tali scelte di investimento armato (nonostante una certa “propaganda”) non potranno mai portare a maggiore sicurezza, ma solo a più affari per il complesso militare-industriale-finanziario.
Con questa nuova campagna non solo vogliamo rendere evidente la posizione della maggioranza dell’opinione pubblica, ma domandiamo alla politica una presa di responsabilità: quali sono (e di chi sono) gli interessi e soprattutto i diritti che vuole davvero garantire? Per questo chiediamo una inversione di rotta, con una riduzione delle spese militari italiane parallela a quella riduzione globale che è oggetto di diverse Campagne internazionali, così come Convocazione di una nuova Conferenza ONU per il Disarmo.
(*) coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo
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