APPALTI PILOTATI ALLA RETE IDRICA: CONDANNATI EX SINDACO E IMPRENDITORI LEGATI AL CLAN ZAGARIA
Casapesenna, 24 ottobre 2024 – Il tribunale di Napoli Nord ha emesso una sentenza di condanna per un totale di 30 anni di reclusione nei confronti dell’ex sindaco di Casapesenna Antonio Fontana e degli imprenditori Raffaele e Costantino Capaldo. I tre sono stati ritenuti colpevoli di aver partecipato a un sistema di corruzione e collusione negli appalti per i lavori di somma urgenza alla rete idrica, appalti gestiti da imprese legate al capoclan dei Casalesi Michele Zagaria.
La sentenza, pronunciata dalla seconda sezione del tribunale presieduta da Rossella Marro, ha inflitto 10 anni di reclusione ciascuno a Fontana e ai fratelli Capaldo. Le accuse mosse contro di loro si inseriscono nel cosiddetto “Sistema Medea”, un’organizzazione che, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli, avrebbe operato dal 2001 al 2015, fungendo da braccio imprenditoriale del clan di Michele Zagaria, alias “Capastorta”.
Il “Sistema Medea” e il monopolio sugli appalti
Secondo il sostituto procuratore Maurizio Giordano, che ha richiesto 10 anni di reclusione per ciascun imputato, il clan di Michele Zagaria aveva instaurato un vero e proprio monopolio nella gestione degli appalti relativi alla riparazione della rete di acquedotti regionale. Questi lavori, il cui valore complessivo è stato stimato intorno ai 40 milioni di euro, venivano assegnati tramite procedure di somma urgenza, spesso in maniera irregolare, favorendo le aziende vicine al clan.
Le testimonianze dei collaboratori di giustizia
Un elemento chiave nel processo è stato fornito dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Zagaria, conosciuto come Ciccio ‘e Brezza. Nei suoi verbali, presentati durante il processo, il pentito ha descritto come Michele Zagaria fosse riuscito a controllare e indirizzare gli appalti pubblici, garantendo che venissero assegnati a imprese vicine al suo clan.
Nel corso delle udienze, è stato inoltre escusso un ufficiale di polizia giudiziaria che ha confermato la connessione tra gli imputati e i lavori eseguiti con il sistema delle somme urgenze. Durante il processo sono emerse ulteriori testimonianze, tra cui quella di Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone alias Sandokan, altro esponente di spicco del clan dei Casalesi.
Il ruolo del collegio difensivo
Gli imputati sono stati assistiti da un team di avvocati composto da Giovanni Cantelli, Maurizio Zuccaro, Giuseppe Stellato, Luca Viggiano e Tommaso Zara. Nonostante la difesa abbia cercato di smontare le accuse, la corte ha ritenuto sussistenti le prove della connivenza tra gli imputati e il clan Zagaria nella gestione degli appalti pubblici.
Il processo e le condanne rappresentano un ulteriore tassello nella lotta contro le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici, con particolare riferimento al controllo della rete idrica regionale. Il “Sistema Medea” ha messo in luce la capacità del clan dei Casalesi di monopolizzare importanti settori economici, utilizzando la corruzione e la collusione per garantirsi appalti milionari.
La vicenda dimostra come la criminalità organizzata riesca a influenzare l’economia legale, sfruttando le fragilità delle istituzioni locali e alterando le regole del mercato a proprio vantaggio. Le condanne inflitte sono un segnale forte della volontà dello Stato di contrastare questi fenomeni e riportare legalità in settori strategici per il benessere pubblico.
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