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Avanzare nel mezzo

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“Dove è tuo fratello?” chiede Dio a Caino (Gen 4,9). “Dove sono i tuoi fratelli?” chiede Dio a me, a ognuno di noi. Le domande di Dio nella Scrittura sono sempre domande rivolte agli uomini e alle donne di ogni tempo. Oggi è il nostro tempo e questa domanda raggiunge noi, la nostra vita. Dove sono i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo momento?
Un anno dedicato alla preghiera è apparso, a chi scrive, come un anno dedicato alla ricerca di Dio e, insieme, alla ricerca dei fratelli da portare a Dio. Perché se è vero che la preghiera è “una relazione viva e personale con il Dio vivo e vero” (Catechismo della Chiesa Cattolica 2558), proprio in forza di tale relazione, la preghiera stessa ravviva, valorizza e feconda tutte le altre relazioni.
Apparteniamo a un popolo orante, a una carovana di pellegrini che ha Dio come compagno di viaggio a cui rivolgersi costantemente come guida e maestro, e il Regno dei Cieli come destinazione. Cerchiamo gli smarriti di cuore, i dispersi, i confusi per portarli in viaggio con noi.
La preghiera monastica si dipana nel quotidiano tesa tra queste due polarità: la ricerca di Dio e la vita fraterna. È una tensione ineludibile perché il monaco sa che a Dio non si arriva mai da soli. La nostra preghiera non si esaurisce dunque – e direi non sarebbe autentica – nella sola relazione intima e personale con Dio; diviene reale quando offre sé stessa come luogo di incontro tra Dio e il suo popolo, campo di battaglia per la fede degli altri.
Il monachesimo respira, si nutre, in una parola, vive di intercessione; ogni momento della giornata, ogni tempo trascorso tra la preghiera liturgica, il lavoro, lo studio, l’amicizia in fraternità… tutto è un’occasione per incontrare Dio e per accogliere e portare a questo incontro i fratelli e le sorelle con le loro storie, le loro vicende liete e tristi. Il silenzio e la solitudine sono luoghi dove raccogliere e custodire le storie di vita che ci sono affidate.
“Intercedere” è un verbo dal significato dinamico e profondo: parola dal sapore forte e spirituale, “inter” significa nel mezzo, tra e “cedere” significa avanzare. Dunque, “avanzare nel mezzo”. Inter-cedere per i fratelli presso Dio è allora avanzare in mezzo a loro e verso Dio, portarli, aprire la strada che per molti sembra chiusa nel cammino verso il Padre; portare con noi, custodire nel cuore: dove arriveremo, là saranno anche loro!



Ma, prendendo in prestito alcune parole da una pagina meravigliosa del diario di Etty Hillesum, una ragazza ebrea uccisa a 25 anni ad Auschwiz, sono certa di poter dire che intercedere è anche aiutare Dio, condurre Dio verso gli uomini, semplificare a Lui la via del cuore umano. “Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. (…) Una cosa però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. (…) E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi”.
“Disseppellire Dio dai cuori devastati degli uomini”: compito serio per il quale vale la pena dare tutto, dare la vita con il Signore. Preoccuparsi dei fratelli, averne cura, conoscere dove si trovano per farsi portatrici di Dio nella storia, anche nella loro personalissima storia. Ospitare, accogliere, generare alla fede… sinonimi di intercedere.
“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et Spes, 1, Concilio Ecumenico Vaticano II).
Prendere a cuore: ecco il senso di un anno dedicato alla preghiera, perché diventi il primo di molti anni ancora! Avere a cuore volti noti e volti anonimi, amici e nemici, popolo e non-popolo, vicini e lontani … tutto l’uomo e tutti gli uomini, con la stessa inestinguibile passione e compassione di Dio.

(*) monache agostiniane – Monastero Santi Quattro Coronati

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