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Forum Greenaccord. Cauteruccio: “Lavorare per la casa comune è una nuova forma di carità”

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“Tra crisi pandemiche e crisi belliche, crisi socio-economiche e climatiche, rischiamo di compromettere l’avvenire dell’umanità. Serve un radicale cambio di paradigma, culturale e morale, che ci consenta di passare dall’antipatia all’empatia, dalla belligeranza alla fratellanza, dall’individualismo al pluralismo”. Ne è convinto il presidente di Greenaccord onlus, Alfonso Cauteruccio, che traccia per il Sir un bilancio del XVI Forum internazionale per l’informazione sulla salvaguardia della natura, che ha avuto per tema “Il punto di svolta: insieme si può” e si è svolto, tra Roma e Frascati, dal 10 al 12 ottobre.

(Foto Greenaccord)

Com’è andato il Forum 2024?

La soddisfazione più grande viene dal gradimento dei giornalisti partecipanti che hanno avuto modo di vivere una esperienza coinvolgente sotto il profilo umano, formativo per i contenuti proposti e relazionale per l’internazionalità delle provenienze di giornalisti e relatori. I professionisti attivi nel segmento del giornalismo ambientale, per i mutamenti nel quadro politico internazionale e per i conflitti e le divisioni in corso, avvertono che il loro lavoro è meno efficace e allora iniziative come quella di Greenaccord aiutano a consolidare la bontà e la necessità del lavoro svolto, ridando speranza e fiducia tenendo insieme giustizia sociale e giustizia ambientale.

Quest’anno avete organizzato il primo Forum a livello internazionale dopo il Covid: i partecipanti da tutto il mondo che fotografia hanno offerto dei loro Paesi? Quali le criticità e quali anche gli aspetti positivi rispetto alla questione ambientale?

Un aspetto comune che è risultato evidente è stato il forte interesse per la tecnologia avanzata e per le applicazioni concrete che essa può avere in Paesi emergenti come l’India, l’Uruguay, il Marocco, l’Egitto, per citarne alcuni. Si chiede innovazione sul tema della produzione di energia da fonti rinnovabili, una migliore gestione del ciclo dei rifiuti, l’implementazione della filiera legata all’idrogeno verde, nonché una più efficace gestione dei finanziamenti internazionali derivanti dalla compensazione per gli effetti dei cambiamenti climatici. Il dato positivo più rilevante è quello della forte accelerazione della produzione di energia rinnovabile: gli economisti hanno evidenziato come l’impresa energetica sia molto più avanti rispetto alle aspettative dei governi. Segnali di cambiamento e di speranza ci sono e forse non si colgono perché si guarda con timore alle “frenate” della politica e non alle proiezioni dei dati sugli anni a venire che sono molto incoraggianti malgrado l’incombenza dei cambiamenti climatici faccia temere il peggio.

Nei diversi panel del forum avete parlato del contributo delle donne, dello sport, della politica e delle istituzioni, della tecnologia e dell’impresa, di economia e finanza, dei media e dei giornalisti: quali difficoltà o positività sono emerse rispetto a tali contributi?

Abbiamo avuto, oltre al panel dedicato al genio femminile, molte relatrici che hanno evidenziato l’apporto concreto in ambito scientifico, politico, sportivo, imprenditoriale e sociale. È un segnale incoraggiante per il futuro dell’umanità e del pianeta. Il mondo dello sport, si pensi anche alle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, ha iniziato un percorso sostenibile e potrà contribuire molto sensibilizzando atleti e tifosi, utilizzando materiali innovativi per la costruzione o il restauro di impianti sportivi di ogni genere, rendendo le manifestazioni sportive plastic free e sostenibili e infine mediante il ricorso a materiali meno impattanti per le attrezzature sportive (canoe, palloni, divise). Il giornalismo sportivo deve accompagnare questo cambiamento e deve contribuire a sensibilizzare quanti seguono lo sport anche solo dal divano di casa. Il contributo della scienza è determinante per guardare al futuro con maggiore speranza, ma serve una migliore comunicazione, da entrambe le parti, con la politica e con i media. Sono essenziali gli apporti di imprese pubbliche e private per una transizione energetica rapida e serve che sempre maggiori investimenti siano “dirottati” verso tutto ciò che può favorire la cosiddetta “decarbonizzazione” che, come dice Papa Francesco nella Laudato si’, dev’essere attuata senza indugio anche se con gradualità. Infine media e giornalisti devono diventare i “cani da guardia” di questo passaggio indispensabile ed epocale.

Abbiamo visto come i cambiamenti climatici impattino fortemente sulla vita delle persone, anche in quei Paesi, dove c’è più povertà, ma anche meno responsabilità rispetto a questi problemi. Come rimettere al centro il diritto delle persone a vivere in contesti salubri e resilienti, in relazione con la natura

È sotto gli occhi di tutti come i cambiamenti climatici producano effetti devastanti in aree povere e su Paesi che poco o niente hanno contributo a far crescere gli effetti dei cambiamenti climatici. Sono previsti dai protocolli delle Cop azioni di compensazione verso tali Paesi, ma tali politiche faticano a concretizzarsi in modo rapido ed efficace sia per lentezze burocratiche sia perché la contribuzione da parte dei Governi è su base volontaria. Tra poco vi sarà la Cop di Baku (11-22 novembre): confidiamo che, data l’evidenza ovunque nel mondo degli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, i Governi concordino e ratifichino un accordo che preveda azioni cogenti e stanziamenti per le nazioni in via di sviluppo.



Quale può essere la strada per uno sviluppo sostenibile che ascolti anche il grido dei poveri e della Terra e quindi nel segno della solidarietà? Come deve essere un’economia a servizio della cura dell’ambiente?

Eravamo dell’idea che la solidarietà e l’empatia dovessero rivolgersi particolarmente alle persone. Ma stiamo scoprendo quanto l’azione volta alla tutela della casa comune sia anch’essa rivolta all’uomo che beneficia così di un ambiente più salubre e capace di fornire servizi che favoriscano la vita di tutti i giorni specie nelle aree più povere e degradate.

Lavorare per la casa comune produce effetti sociali significativi: si tratta di una nuova forma di carità e un nuovo fronte di impegno.

Per l’economia la direzione dev’essere quella della circolarità. Non si regge più in piedi un’economia lineare che preveda soltanto produzione/consumo/scarto, è necessaria invece una rivoluzione culturale e imprenditoriale che non ritiene più la sostenibilità come una nuova tassa da pagare e occorre che i cittadini diventino “consum-attori” ossia capaci di determinare, con le loro scelte consapevoli, la scomparsa di beni e servizi che danneggino l’ambiente.

L’intelligenza artificiale può aiutare a tutelare la natura In che modo?

L’intelligenza artificiale è di grande aiuto per la gestione dei grandi dati sullo stato del territorio. I risultati possono determinare con efficacia e precisione gli interventi o le azioni da realizzare. Inoltre l’osservazione tramite satelliti e droni può determinare azioni di controllo, di intervento tempestivo per un monitoraggio anche qualitativo e di repressione di reati contro l’ambiente. Preoccupa invece il fatto che il sistema dei server, su cui agisce l’intelligenza artificiale, sia molto energivoro e idrovoro: il consumo globale di acqua per il raffreddamento di tali sistemi è equivalente a quello di una nazione come la Francia.

(Foto Greenaccord)

Sono stati presentati durante il Forum reportage giornalistici su altre aree del mondo? Possiamo raccontarne qualcuna significativa

L’esperienza più toccante ed emozionante è stata quella della giornalista ucraina Alla Sadovnyk che ha raccontato l’impatto della guerra in corso sull’ambiente in Ucraina. Video e foto hanno presentato la triste realtà del prima e di oggi: aree agricole completamente devastate, intere cittadine rase al suolo, dighe saltate e conseguente allagamento di vaste aree, incendi che hanno distrutto tantissimi boschi provocati dalle bombe, la strage dei delfini nel Mar Nero e l’incombenza di un disastro nucleare. Fare giornalismo in un teatro di guerra così sconfortante anche dal punto di vista ambientale ha fatto sì che i giornalisti presenti riscoprissero il senso e il valore del loro lavoro così spesso svilito e poco considerato. Esperienze giornalistiche interessanti sono giunte dal Costarica con l’azione del progetto LatinClima – piattaforma per la formazione dei giornalisti del Latino America sui cambiamenti climatici –, dall’Uruguay con l’attività dell’Istituto uruguaiano per il turismo sostenibile, dall’India con il forte impegno del Forum dei giornalisti ambientali (Environmental Journalists Forum in India) e dal Marocco con pubblicazioni sugli effetti dei cambiamenti climatici sulle popolazioni nomadi.


A chi avete conferito il “Greenaccord International Media Award” e per quali motivazioni?

Il premio è andato a due testate asiatiche perché quest’anno era il turno del continente asiatico. I giornalisti della rete di Greenaccord hanno segnalato l’attività significativa di Mungabay India. Il premio è stato ritirato dal direttore editoriale Gopikrishna Warrier che ha illustrato la varietà del lavoro svolto in un ambiente così vasto e contraddittorio come l’India. Il secondo premio è stato assegnato alla sezione media della Fondazione per la conservazione della biodiversità e lo sviluppo green della Cina (China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation), consegnato al segretario generale della Fondazione Jinfeng Zhou che è intervenuto per illustrare l’azione incisiva della Fondazione affinché la Cina risponda sempre più alle sollecitazioni verso una transizione verde che tutto il mondo attende con fiducia.

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