DDL LAVORO: sindacati in rivolta, ritorno al passato con le “dimissioni in bianco”
Roma- È stato approvato, il 9 ottobre, alla Camera dei Deputati il nuovo DDL lavoro con 158 voti favorevoli. In particolare, ha creato notevoli polemiche l’articolo 19 ossia nel caso di assenza ingiustificata di oltre 15 giorni diverranno automatiche le dimissioni del lavoratore. Sarà compito del datore di lavoro segnalare il caso all’ispettorato del lavoro. Nel caso del mancato intervento di quest’ultimo, il rapporto di lavoro viene ritenuto interrotto ad opera dello stesso lavoratore. Dovrà essere il lavoratore a dimostrare di non essersi dimesso, in caso contrario, il risultato sarà quello delle “dimissioni volontarie”, perdendo così anche la possibilità di richiedere la disoccupazione. Esplode la protesta dei sindacati ma intanto a farne le spese sono, come sempre, i lavoratori. Parliamo di un paese dove già il concetto di “lavoro” risulta immediatamente associabile al termine “precario”, dove ogni azienda fa il suo gioco: se sei donna, guadagni meno, se diventi madre vieni licenziata o nessuno ti assume. E il giovane laureato che fine fa Spesso fugge all’estero. Con tali modifiche, il datore di lavoro assume sempre più poteri, può decidere di fare “pulizia” a suo piacimento, senza paura di ritorsioni perché tanto la “colpa” è del lavoratore; per la serie: “Sei tu che vai via, io non ti ho licenziato”. Insomma, nel 2024/25 il lavoratore si ritrova nuovamente in uno stato di impotenza e alienazione, che sembra quasi essere tornati a un secolo fa. Ora, il prossimo passo del nuovo “massacrante” disegno di legge sarà al Senato. A questo punto, ci si chiede: un comune mortale che non siede sulla “giostra” del potere, ha ancora qualche diritto?
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