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Sanità. 4,5milioni rinunciano a cure, out of pocket oltre 40 miliardi. Cartabellotta: “Si sta sgretolando diritto costituzionale a tutela salute”

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“La vera emergenza del Paese è il Servizio sanitario nazionale”. Esordisce così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, presentando l’8 ottobre a Roma – presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica – il 7° Rapporto sul Servizio sanitario nazionale realizzato dalla Fondazione. Dal report emergono un divario della spesa sanitaria pubblica pro capite di 889 euro rispetto alla media dei paesi Ocse membri Ue, con un gap complessivo che sfiora i 52,4 miliardi; una crisi motivazionale del personale che abbandona il Ssn; un boom (+10,3%) della spesa a carico delle famiglie (out of pocket) che nel 2023 è arrivata a 45 miliardi mentre nello stesso anno

quasi 4,5 milioni di persone hanno rinunciato alle cure,

di cui 2,5 milioni per motivi economici; inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali; migrazione sanitaria e disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati. Una fotografia impietosa che, sottolinea Cartabellotta, “dimostra come la tenuta del Ssn sia prossima al punto di non ritorno”. “I princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi – prosegue – e si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli, gli anziani e i fragili, chi vive nel Mezzogiorno e nelle aree interne e disagiate”.

Un allarme rilanciato anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nel messaggio inviato a Cartabellotta in occasione della presentazione, afferma: “L’edizione di quest’anno, dedicata alle criticità del sistema sanitario, acquisisce un interesse particolare, ponendosi come sollecitazione all’applicazione dei principi di universalità e uguaglianza sanciti dalla Costituzione”. Dal capo dello Stato la sottolineatura che

il Ssn “costituisce una risorsa preziosa ed è pilastro essenziale per la tutela del diritto alla salute,

nella sua duplice accezione di fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.

(Foto ministero Difesa/SIR)

Definanziamento cronico. “La grave crisi di sostenibilità del Ssn – spiega ancora Cartabellotta – è frutto anzitutto del definanziamento attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi, che hanno sempre visto nella spesa sanitaria un costo da tagliare ripetutamente e non una priorità su cui investire in maniera costante”. E le previsioni per il futuro non lasciano intravedere alcun rilancio del finanziamento pubblico per la sanità: “secondo il Piano strutturale di bilancio deliberato lo scorso 27 settembre in Consiglio dei ministri,

il rapporto spesa sanitaria/Pil si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027”.

Crolla la spesa per la prevenzione. Rispetto al 2022, nel 2023 si riduce di ben 1.933 milioni (-18,6%). “Ma tagliare oggi sulla prevenzione – avverte Cartabellotta – avrà un costo altissimo in termini di salute negli anni a venire, documentando la miopia di queste scelte di breve periodo”.

Crisi del personale. A questo quadro si aggiunge una crisi del personale sanitario senza precedenti. “Turni massacranti, burnout, basse retribuzioni, prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza – spiega Cartabellotta – stanno demolendo la motivazione e la passione dei professionisti, portando la situazione verso il punto del non ritorno” tra fuga verso il privato o all’estero. Un’emergenza che riguarda soprattutto gli infermieri, in numero largamente insufficiente. In Italia se ne contano infatti 6,5 ogni mille abitanti, ben al di sotto della media Ocse di 9,8 ogni mille abitanti. Basso anche il rapporto infermieri/medici: 1,5 a fronte di una media europea di 2,4 per ogni medico. In continuo calo, inoltre, le iscrizioni al Corso di laurea.

Lea e divario Nord-Sud. Rispetto ai Livelli essenziali di assistenza, nel 2022

solo 13 Regioni rispettano gli standard essenziali di cura, con un ulteriore aumento del divario Nord-Sud:

Puglia e Basilicata sono le uniche Regioni promosse al Sud, ma comunque in posizioni di coda. Di “vera e propria frattura strutturale Nord-Sud nell’esigibilità del diritto alla tutela della salute” parla il presidente di Gimbe esprimendo preoccupazione per l’autonomia differenziata, che “affonderà definitivamente la sanità del Mezzogiorno, assestando il colpo di grazia al Ssn e innescando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti” con “conseguenze devastanti per milioni di persone”.

Pnrr. Anche la realizzazione dei progetti legati alla “Missione salute” risente delle disuguaglianze regionali. Secondo l’Agenas), ricorda Cartabellotta, al 30 giugno 2024 sono stati dichiarati attivi dalle Regioni solo il 19% delle Case di comunità (268 su 1.421), il 59% delle Centrali operative territoriali (362 su 611) e il 13% degli Ospedali di comunità (56 su 429), con ritardi particolarmente marcati nel Mezzogiorno.

Piano di rilancio e patto politico e sociale. “Perdere il Ssn – conclude Cartabellotta – non significa solo compromettere la salute delle persone, ma soprattutto mortificarne la dignità e ridurre le loro capacità di realizzare ambizioni e obiettivi”. Per questo la Fondazione Gimbe ha aggiornato il suo Piano di rilancio del Ssn: “un programma in 13 punti” che “ha come bussola l’articolo 32 della Costituzione e il rispetto dei princìpi fondanti del Ssn e mette nero su bianco le azioni indispensabili per potenziarlo”. Risorse adeguate per allineare l’Italia alla media dei Paesi Ue e rendere il Ssn attrattivo per il personale, aggiornamento continuo dei Lea, programmazione socio-sanitaria basata sui reali bisogni della popolazione, trasformazione digitale, alfabetizzazione sanitaria, ricerca indipendente, radicale e moderna riorganizzazione di tutto il sistema, i punti principali. Ma per questo, conclude il presidente della Fondazione, occorre

un nuovo patto politico e sociale, che superi divisioni ideologiche e avvicendamenti dei Governi,

riconoscendo nel Ssn un pilastro della nostra democrazia, uno strumento di coesione sociale e un motore per lo sviluppo economico dell’Italia”.

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