CAMORRA,MAXI CONDANNA PER IL BOSS DEL VECCHIO E I CUGINI DIANA
Una sentenza pesante è stata emessa nei confronti del boss Carlino Del Vecchio e dei suoi cugini Diana, per il possesso e l’occultamento di un arsenale di armi da guerra. Il giudice per l’udienza preliminare (gup) Giovanni Vinciguerra del tribunale di Napoli ha condannato i quattro imputati a un totale di 31 anni e quattro mesi di reclusione. Le accuse riguardano la detenzione di armi da guerra, clandestine e comuni da sparo, con l’aggravante di aver agevolato il clan dei Casalesi.
La condanna più severa, di 12 anni, è stata inflitta al boss storico Carlino Del Vecchio, attualmente detenuto in regime di 41 bis a Catania. Pasquale Diana, titolare dell’azienda dove è stato rinvenuto l’arsenale, ha ricevuto una condanna di 8 anni e 8 mesi, mentre i suoi fratelli, Leopoldo e Carlo Diana, sono stati condannati a 5 anni e 4 mesi ciascuno.
Il ritrovamento dell’arsenale
Il 20 aprile 2022, la squadra mobile della questura di Caserta ha fatto irruzione nell’azienda zootecnica di Pasquale Diana, gestita insieme ai fratelli Leopoldo e Carlo, situata in via Macedonio, località Seponi, al confine tra i comuni di Castel Volturno e Cancello ed Arnone. Durante le operazioni, gli agenti hanno scoperto, in prossimità di un pozzo artesiano, dei bidoni di ferro sotterrati contenenti un impressionante arsenale di armi e munizioni.
Tra le armi rinvenute vi erano:
1. Due fucili mitragliatori Kalashnikov
2. Un fucile mitragliatore “Sites” mod. Ranger
3.Tre pistole mitragliatrici UZI
4.Un’altra pistola mitragliatrice non identificata
5.Un fucile a pompa
6.Due fucili calibro 12 con matricole abrase
7.Un fucile di precisione con ottica
8.Una pistola calibro 9×21 con matricola abrasa
9.Un silenziatore per arma da fuoco
Inoltre, tra i ritrovamenti vi erano svariati caricatori e quasi trecento munizioni di diversi calibri. Particolarmente pericolosa è risultata una granata per fucile M60 di fabbricazione ex Jugoslavia, che è stata fatta brillare sul posto dagli artificieri della Polizia di Stato.
L’indagine e il collegamento con il clan dei Casalesi
L’importante arsenale rinvenuto, per quantità e varietà, ha subito destato sospetti di un legame con la camorra. Le armi erano sotterrate sotto oltre due metri di terra, all’interno dei bidoni di ferro, in una chiara strategia di occultamento. Le indagini condotte mediante intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, oltre a interrogatori e testimonianze, anche di collaboratori di giustizia, hanno permesso agli inquirenti di attribuire il possesso delle armi al clan dei Casalesi, in particolare al gruppo capeggiato da Francesco Schiavone, noto come “Cicciariello”.
La stretta parentela tra i titolari dell’azienda e la famiglia Del Vecchio, legata al noto boss Schiavone, ha rafforzato ulteriormente questa ipotesi. Gli investigatori hanno potuto così ricostruire il ruolo degli imputati sia nell’occultamento che nella conservazione delle armi, consolidando l’accusa di favoreggiamento del clan camorristico.
Le richieste dell’accusa e la difesa
Nel corso della requisitoria, i pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli, Simona Belluccio e Vincenzo Ranieri, hanno richiesto un totale di 34 anni di carcere e una multa complessiva di 60.000 euro. La difesa, rappresentata dagli avvocati Carlo De Stavola, Marco Monaco, Pasquale Diana e Marco Castelluzzo, ha cercato di ridurre le responsabilità degli imputati, ma le prove raccolte durante l’indagine hanno condotto a condanne severe.
Con questa sentenza, si aggiunge un ulteriore tassello alla lotta contro il clan dei Casalesi, uno dei gruppi criminali più pericolosi e strutturati della camorra campana. L’arsenale rinvenuto rappresenta un grave colpo alla capacità militare del clan, contribuendo a indebolirne il potere sul territorio.
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