SANTA MARIA LA FOSSA: MINACCE AL SINDACO PER CONTROLLARE GLI APPALTI PUBBLICI
La Suprema Corte di Cassazione ha confermato le condanne a 2 anni e 8 mesi di reclusione ciascuno per Carlo Gaudiano, 71 anni, e Antonio Giusti, 62 anni, entrambi di Santa Maria la Fossa. I due sono stati giudicati colpevoli di aver minacciato l’ex sindaco Antonio Papa e l’assessore ai Lavori Pubblici Salvatore Luiso, con l’intento di farli recedere dall’adesione alla Stazione Unica Appaltante (SUA), un organo preposto alla gestione delle gare d’appalto comunali per evitare infiltrazioni criminali.
I Fatti
Nel contesto di un tentativo di preservare l’influenza del clan dei Casalesi sugli appalti pubblici a Santa Maria la Fossa, i due affiliati avevano avvicinato i due amministratori locali nell’aprile 2020. Durante l’incontro, avevano evocato il nome di Elio Diana, noto esponente del clan nella zona, intimando a Papa e Luiso di non aderire alla SUA. Quest’ultima era stata istituita per garantire trasparenza nella gestione degli appalti di importo superiore ai 250mila euro, proprio per prevenire le infiltrazioni mafiose, le stesse che in passato avevano causato il commissariamento del comune.
La Condanna e i Ricorsi
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva inizialmente condannato Gaudiano e Giusti per minacce e violenza a pubblico ufficiale, aggravate dall’agevolazione mafiosa. Questa condanna era stata poi confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Napoli.
I legali dei due imputati avevano presentato ricorso in Cassazione, contestando la motivazione delle sentenze precedenti. Secondo la difesa, il riferimento a Elio Diana e l’invito rivolto al sindaco a recarsi a Casal di Principe non sarebbero stati sufficienti a configurare una minaccia tale da imporre un regime di paura e omertà.
Il Verdetto della Suprema Corte
La sesta sezione della Corte di Cassazione, presieduta dal giudice Orlando Villoni, ha respinto i ricorsi, giudicandoli inammissibili. Secondo la Suprema Corte, le argomentazioni della difesa risultano “manifestamente infondate” e non mettono in discussione la ricostruzione dei fatti effettuata dai giudici di merito. La Corte ha ritenuto corrette le valutazioni della sentenza di secondo grado, che si basavano sulle dichiarazioni delle persone offese, supportate dalle intercettazioni e dalla cronologia degli eventi.
Il verdetto finale conferma la responsabilità di Gaudiano e Giusti, riconoscendo che l’intimidazione faceva chiaramente riferimento al metodo mafioso e all’interesse del clan dei Casalesi nel mantenere il controllo sugli appalti pubblici del comune.
Un Segnale Importante
Questa sentenza rappresenta un importante passo nella lotta contro le infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni pubbliche locali, specialmente in territori come Santa Maria la Fossa, dove la criminalità organizzata ha storicamente esercitato una forte pressione. La decisione della Cassazione manda un messaggio chiaro: le istituzioni non devono cedere alla minaccia della criminalità organizzata e l’adesione a strumenti di trasparenza come la Stazione Unica Appaltante è essenziale per garantire la legalità nella gestione degli appalti pubblici.
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