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Spiccioli di spiritualità, Il concetto di “Inferno”

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Per il consueto appuntamento domenicale con la rubrica “Spiccioli di spiritualità”, il prof. Michele Pugliese ci parla dell’ inferno.

Quanta letteratura intorno all’inferno. Non vorrei soffermarmi sulla concezione dantesca, a tutti nota, e che tanto ha influenzato le concezioni su questo argomento, almeno dal medioevo fino ad oggi, o meglio, fino a qualche tempo fa, perché oggi l’argomento è diventato abbastanza desueto. Vorrei fare una carrellata – imprecisa e parziale su un argomento tanto vasto – di concezioni che hanno più o meno influenzato gli uomini in centinaia di anni.

Partiamo da lontano: nel Libro dei morti dell’antico Egitto, la cui genesi risale al secondo millennio avanti Cristo, le sofferenze infernali sono riportate con dettagli che saranno ripresi anche dalle rappresentazioni cristiane successive. Nel più esteso dei suoi dialoghi, La Repubblica, Platone narra del mito di Er, valoroso soldato ucciso in battaglia, ma rimandato in vita dai giudici ultraterreni per informarli e ammonirli circa il destino che li attende nell’aldilà. Il cristianesimo si innesta e al tempo stesso supera queste concezioni. Come nota Barth Ehrman (Inferno e paradiso. Storia dell’aldilà) la fede nella resurrezione ha portato i primi cristiani a rovesciare il rapporto fin lì esistente tra vita e morte. La definita sconfitta di quest’ultima ad opera ad opera del Risorto rende privo di senso qualsiasi lugubre rappresentazionedell’aldilà perché per i cristiani la morte è un ritorno alla condizione primordiale dell’uomo, a quella felicità che non ha fine, e non a caso Paolo di Tarso definisce Cristo il “nuovo Adamo”. Non è stata forse questa la forza che ha fatto affrontare a tanti cristiani il martirio, che poi è stata la spinta propulsiva del diffondersi in modo repentino e inaspettato del cristianesimo a partire dal I secolo? Strano che questa forza dirompente iniziale si sia poi nel corso del tempo affievolita e l’inferno, come pure il paradiso, siano diventati luoghi topografici, addirittura con una collocazione ben precisa, il primo nel sottosuolo e l’altro nei cieli: uno spazio di dolore fisico per i dannati e di godimento spiritale per gli altri.

La rivoluzione scientifica prima e l’illuminismo poi hanno messo in crisi questa rappresentazione, costringendo le chiese cristiane a svuotarne progressivamente il significato geografico. Migliaia  di uomini hanno combattuto le Crociate nella certezza che, ammazzando gli infedeli, e morendo magari essi stessi, avrebbero evitato la dannazione e guadagnato la beatitudine eterna. Questa concezione mi ricorda molto quella del fondamentalismo islamico terrorista.

Oggi ha preso forma una insofferenza teologica verso unageografia materiale dell’inferno. Uno dei maggiori teologi del Novecento, il francese Yves Congar, respingeva risolutamente i toni orrorifici della tradizione – fiamme, torture, demoni e forconi– a vantaggio di una concezione più spirituale, ritornando in qualche modo allo spirito originario del cristianesimo: inferno come assenza di Dio (e dunque dell’amore). Del resto il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar si è spinto a ipotizzare che l’inferno esista, ma sarebbe destinato a rimanere vuoto per la immensa misericordia di Dio. Se così fosse, allora l’unico inferno abitato resterebbe quello che si costruisce e si sperimenta ogni giorno qui sulla terra. Lo stesso Sartre non diceva forse che “l’inferno sono gli altri”?.

Termino questa mia riflessione con un’immagine suggestiva dello scrittore Dino Buzzati (1906-1972) secondo il quale l’inferno esiste e vi si accede da una delle gallerie della metropolitana di Milano (Viaggio agli inferni del secolo, opera pubblicata pochi anni dopo l’inaugurazione della linea che, guarda caso, era proprio chiamata “rossa”). E non è inferno dunque la guerra, la devastazione, l’odio dell’uomo contro l’uomo e tutte le migliaia di ingiustizie e condizioni di povertà che si trovano sulla terra Dunque c’è da domandarsi se per caso l’inferno non sia proprio qui e che non sia punizione o castigo, ma semplicemente il nostro misterioso destino.

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