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OPERAZIONE CONTRO IL CLAN PICCA

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Una nuova indagine dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Caserta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha portato all’arresto di 42 individui, tutti accusati di far parte del clan Picca, un’organizzazione criminale operante nell’area di Teverola. Le accuse spaziano dall’associazione a delinquere, estorsione, riciclaggio, e autoriciclaggio, fino alla detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

 

Tra i dettagli emersi dalle intercettazioni ambientali, uno spaccato inquietante riguarda il modus operandi del capoclan Aldo Picca, che insieme al suo alter ego Nicola Di Martino e al cognato Raffaele Di Tella, aveva creato un sistema di estorsione particolarmente raffinato. Anziché richiedere direttamente tangenti ai commercianti, il clan imponeva agli esercizi commerciali l’obbligo di sottoscrivere contratti con un istituto di vigilanza privata specifico, “I Pretoriani”, riconducibile al gruppo criminale stesso.

 

In questo modo, il peso delle tangenti non gravava più direttamente sui ristoratori, i quali, però, erano costretti a rivolgersi all’istituto di vigilanza scelto dal clan. In cambio, l’istituto di vigilanza doveva corrispondere una percentuale dei propri guadagni al clan e assumere personale originario delle aree controllate, come Carinola e Teverola.

 

L’escamotage utilizzato da Picca non solo garantiva un flusso di denaro costante al clan, ma creava anche una finta concorrenza tra gli istituti di vigilanza, costretti a pagare una “quota” per poter operare nell’area. In un’intercettazione, il capoclan avrebbe dichiarato di voler “fare cose lecite”, sostenendo che questa nuova strategia stava riscuotendo il favore della popolazione locale. Tuttavia, dietro questa apparente “legalità” si nascondeva un sistema di controllo capillare, dove la criminalità organizzata riusciva a ottenere profitti senza dover ricorrere a minacce dirette verso i commercianti.

 

Questo cambio di rotta, infatti, consisteva nel far gravare il costo dell’estorsione sugli istituti di vigilanza, i quali, grazie al bacino di clienti ampliato sotto coercizione del clan, potevano offrire condizioni più vantaggiose rispetto alla concorrenza. Tuttavia, gli stessi istituti si trovavano poi a dover versare al clan una percentuale dei loro introiti, fissata intorno al 10%.

 

L’operazione che ha smantellato il clan Picca rappresenta un duro colpo per la criminalità organizzata nell’area casertana, ma pone anche l’accento sull’evoluzione delle modalità con cui queste organizzazioni continuano a esercitare il proprio controllo sul territorio, camuffando attività estorsive dietro un’apparente legalità.

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