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Attualità

Tatuaggio / Tecnica di decorazione della pelle, tramite incisioni o punture che vi introducono sotto un pigmento /

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Tatuaggio

ta-tu-àg-gio

Significato Tecnica di decorazione della pelle, tramite incisioni o punture che vi introducono sotto un pigmento; disegno così realizzato

Etimologia attraverso il francese tatouage, derivato del verbo tatouer, a sua volta tratto dall’inglese tattoo, dal tahitiano tatau, ‘segno fatto sulla pelle, puntura’.

  • «La mummia ha uno splendido tatuaggio.»

Le parole che arrivano da lingue estremamente distanti hanno un interesse speciale. Perché, per indicare questa pratica, usiamo un termine polinesiano? Forse che in Europa non si usava tatuare? Il discorso non è diverso da quello che potremmo fare per : com’è che, pur con tutta l’esperienza che abbiamo in fatto di maremoti, peschiamo l’onda al porto giapponese?

Selezionare una parola dall’altro capo del mondo non significa che non si possieda già il suo concetto. Significa riconoscere un  particolare, intessuto anche di esotismo, ma soprattutto fondato sull’intensità e la consapevolezza con cui una popolazione distante vive un certo  o conduce una certa pratica.

Ötzi, antico uomo di queste terre, non era forse coperto di tatuaggi che forse avevano un valore terapeutico? Eccome. Ma le civiltà di mezzo hanno avuto idee diverse, riguardo ai tatuaggi.
La gente dell’antica Roma non li escludeva, ma erano concepiti in maniera variegata. Erano con tutta evidenza una roba buona per segnare gli schiavi e i delinquenti (‘tatuaggio’ si poteva anche dire ), o una pratica da , da Bretoni, da Sarmati, che magari poteva essere  dai militari di frontiera (la dicitura più ricorrente per ‘tatuaggio’ in questo senso era notae Threiciae, ‘segni della Tracia’, e la gente tatuata era semplicemente detta picta, ‘dipinta’). Ma era anche una moda per segnalare un’adesione religiosa, ed è qui che subentra una nuova influenza.
L’imperatore Costantino vietò i tatuaggi, in uso presso i cristiani. In effetti, tutte le religioni abramitiche pongono un divieto senza appello, e questo senz’altro ha contribuito a una lunghissima fase di quiescenza e marginalizzazione della pratica in questa parte di mondo.

Intanto le civiltà affacciate sul Pacifico sviluppavano tradizioni di tatuaggio estremamente importanti, per la vita consociata — con tatuaggi peraltro estremamente elaborati, evidenti e ricchi di significati. Gli occidentali che nelle loro esplorazioni conobbero queste usanze se ne portarono dietro la . E il nome, che ad esempio in inglese compare nel Settecento (attestato dal capitano James Cook), e in italiano all’inizio dell’Ottocento.

Stiamo parlando di un nome che in diverse varianti ricorre proprio nel ramo polinesiano delle cosiddette lingue oceaniche: ad esempio in tahitiano e in samoano compare come tatautatu nel marchesano — e il significato converge sul ‘segno fatto sulla pelle’, ‘puntura’. Richiamo molto intuitivo: dopotutto anche in latino, se tatuavo, dicevo «notis compungo». Buffo che siamo andati dall’altra parte del mondo… a prendere quasi la stessa parola.

Ma ecco, non dobbiamo credere che data la provenienza il tatuaggio torni a noi portandosi dietro il  polinesiano: le parole volano senza bagagli. Le grammatiche così complesse e articolate dei tatuaggi oceanici giungono a noi incomprese, come mera  che conserviamo nello sfocato concetto del ‘’: il tattoo raccolto dall’inglese, e passato in francese e quindi italiano, è un nuovo totem intorno a cui può riagglomerarsi con stilemi e intenti nuovi una pratica  — in una lunga storia di esclusione, cameratismo, ribellione, arte.
Una parabola che ci dice davvero molto su com

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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