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Emergenza cinghiali, agricoltori e allevatori in attesa di un piano straordinario di contenimento degli ungulati

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La pressione sull’agricoltura dei cinghiali e’ diventata insostenibile. Un gran numero di aziende dell’hinterland casertano denuncia da mesi danni ingenti alle colture.La pressione venatoria non ha impedito che la popolazione di questi ungulati aumentasse fino a diventare una vera e propria emergenza nel nostro Paese. Il cinghiale è un animale dotato di una grande adattabilità e molto prolifico. Per Coldiretti i cinghiali in Italia sono 2,3 milioni, mentre l’Ispra stima una popolazione minima al 2021 di un milione e mezzo di animali.La media annuale dei danni sul territorio nazionale secondo dati Ispra va oltre i 17 milioni di euro.In Campania la popolazione e’ quantizzata in circa 60000 capi.
Negli scorsi mesi cinquantamila agricoltori sono scesi nelle piazze di molte regioni italiane per dire stop ai cinghiali e chiedere piani straordinari di contenimento. Perché l’invasione di questi animali devasta colture (prime fra tutte vigneti e mais) ma mette a rischio anche la vita dei cittadini sulle strade, nei centri urbani come nelle aree interne (170 incidenti nel 2023, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente). Ma una minaccia ancora piú grave e’ associata all’esuberante crescita del numero di cinghiali: la diffusione della peste suina africana (PSA). La PSA è una malattia virale contagiosa che uccide suini e cinghiali ma non si trasmette all’uomo.
Ad oggi non esistono vaccini o cure e può avere un effetto disastroso per gli allevamenti suini.L’infezione, o malattia, si trasmette da un animale malato a uno sano, anche attraverso scarpe, vestiti, attrezzature e avanzi di alimenti che sono stati a contatto con il virus, anche dopo molto tempo. All’inizio del 2022 è stata registrata per la prima volta la sua presenza nell’Italia continentale, oggi sono interessate diverse regioni: Piemonte, Liguria,Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna, Calabria, Campania e recentemente Toscana. Migliaia di maiali sono stati abbattuti per evitare il contagio con perdite economiche esose per le aziende. Ma quali misure possono essere intraprese per la gestione efficace della crisi cinghiali?
Il governo ha inserito delle misure specifiche nel cosiddetto DL Agricoltura, convertito in legge lo scorso luglio. Fino al 31 dicembre 2028 è consentita la caccia di selezione dei suidi fino a mezzanotte, anche con l’ausilio dei metodi selettivi previsti dal Piano Straordinario per il contenimento della fauna selvatica: ottiche di mira anche a imaging termico, a infrarossi o intensificatori di luce, con telemetro laser, termocamere, nonché il ricorso al foraggiamento attrattivo. È previsto anche l’uso delle forze armate per il contrasto della diffusione della peste suina africana. Ma gli abbattimenti non sono sufficienti se non si fa una selezione in base al sesso e all’età degli animali. Così pure la sterilizzazione è ritenuta dall’Ispra costosa e inapplicabile allo stato attuale. Abbiamo intervistato Agostino Navarra, da pochi mesi ai vertici del Parco regionale del Matese: ” Stiamo provvedendo ad un monitoraggio dei cinghiali senza il quale non e’ possibile redigere un piano di interventi efficace. Entro il prossimo autunno sarà completato e provvederemo alle misure necessarie per il contenimento “. Ma secondo gli esperti dell’Ispra risulta difficile il monitoraggio considerato gli ambienti impervi frequentati dagli animali e le loro abitudini crepuscolari e notturne. Dunque appare di non facile soluzione l’emergenza, sebbene e’ fuor di dubbio che occorrono investimenti per un coordinamento efficace tra istituzioni e agricoltori. Intanto lo scorso mese di giugno il Tribunale di Taranto ha condannato la Regione Puglia a risarcire con 41.748,60 euro più interessi e spese legali un’azienda agricola di Castellaneta a causa dei danni alle coltivazioni di fico d’India provocati da cinghiali. Un precedente giurisprudenziale che desta interesse quantomeno perché apre la possibilità di altri ricorsi. Nella sentenza il giudice ha sottolineato come “gli enti territoriali non avessero messo in campo nessuna strategia di contenimento né alcuna iniziativa amministrativa in materia, nonostante il relativo onere”, sancendo il passaggio da un ambito di indennizzo ad uno di risarcimento.

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