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Carcere minorile Malaspina. Palermo: il riscatto sociale dei ragazzi passa attraverso un biscottificio, un bistrot e un albergo

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(da Palermo) – Nel delizioso giardino del bistrot “Al fresco” i camerieri corrono tra i tavoli con una fretta allegra e un po’ disordinata. Il caldo dell’estate palermitana è alleviato da piacevoli spruzzi di acqua vaporizzata che cadono dall’alto. I ragazzi indossano una maglietta nera con la scritta “Non sei qui a caso”. La tutor di sala, Barbara, interviene quando i tempi si allungano troppo e corre trafelata a prendere le ordinazioni. Dietro “Al fresco” c’è un ampio progetto che coinvolge i ragazzi del carcere minorile Malaspina ma anche ragazze con situazioni di fragilità, giovani che abbandonano la scuola e detenute del carcere Pagliarelli. Una grande occasione di riscatto sociale.

Tutto è nato all’interno del Malaspina nel 2016 con il biscottificio “Cotti in fragranza, che sforna profumati biscotti dai nomi stravaganti (tutti scelti dai ragazzi, compreso lo slogan: “Se non li assaggi non puoi giudicare”). È gestito dalla giovane cooperativa sociale Rigenerazioni onlus. Un successo, finito su tutti i media. Lo scorso 17 aprile “Cotti in Fragranza” ha ricevuto anche il Premio Bilancio di sostenibilità 2023 a Milano. Alcuni anni fa l’Opera Don Calabria ha acquistato un ex convento dei Frati minori cappuccini del 1490 in totale abbandono. Prima il giardino era una discarica, ora è un’oasi. Si tratta di 4.000 metri quadrati dietro l’asse dei palazzi nobiliari sul Cassaro, a pochi passi dalla cattedrale, dal quartiere Ballarò e da Palazzo dei Normanni. Accanto alla Questura e alla Squadra mobile (ironia della sorte). Ora si chiama “Casa San Francesco” e dopo una bella ristrutturazione è un albergo che può accogliere fino a 25 persone in 14 camere.



Nell’ex giardino dei cappuccini è stato inaugurato nel 2019 il bistrot Al fresco, con 100 posti al chiuso e 140 all’aperto, con pizze e piatti della cucina siciliana a base di grani antichi siciliani, ingredienti stagionali e a km zero ideati da uno chef. I prezzi sono onesti, adatti al territorio. Funziona e i conti non vanno mai in rosso. Nello stesso stabile c’è una delle due sedi del biscottificio. Tutta l’impresa sociale costa 4 milioni di euro l’anno, autofinanziati da Opera Don Calabria, Fondazione con il Sud, imprese e banche, 5×1000, convenzioni statali. In tutto sono una trentina i ragazzi e le donne impiegate con contratti regolari, almeno 18 lavorano al ristorante. Prendono un salario medio di 1.300 euro al mese per 38 ore di lavoro e sono seguiti da tutor nella formazione. Il 30/40% sono italiani.

L’ottima notizia è che dopo aver lavorato qui più del 90% non torna a delinquere, anche se il percorso verso l’autonomia richiede molto più tempo del previsto.

“Ogni tanto andavo in visita al carcere Malaspina. Un giorno un direttore mi disse: ‘Sono stufo dei politici, dei preti, degli assistenti sociali che dicono: i ragazzi devono cambiare vita. Perché non facciamo qualcosa di concreto?’. Ora i direttori del carcere vengono a cena qui, hanno bel rapporto con i ragazzi e le ragazze”: don Ivo Pasa, coordinatore del progetto, dell’Opera Don Calabria, si siede a tavola con noi e racconta questa impresa grandiosa. Uno dei segreti del successo del ristorante è anche il coinvolgimento del territorio: “Diamo da mangiare alla gente con cibo di alta qualità ed è sempre pieno”. Don Ivo, brasiliano con accento veronese, ha la responsabilità sociale delle opere sociali dell’Istituto Don Calabria in 16 Paesi del mondo, compresa l’Ucraina, e 182 in Italia (di cui 70 in Sicilia). Dopo 24 anni all’ospedale di Verona ha deciso di venire a vivere a Palermo. Abita proprio a Casa San Francesco, con altri tre confratelli.


Terminato l’orario di lavoro i ragazzi vanno a dormire in appartamenti affittati (i costi ricadono sul progetto) o in famiglia. Altri tornano a dormire in carcere. Alcuni fruiscono di misure alternative. Altri sono ex tossicodipendenti che hanno vissuto almeno due anni in comunità. Chi deve ancora finire di scontare la pena è seguito dal Tribunale di Sorveglianza. Nel frattempo qui si fanno riunioni di formazione, si impara un mestiere che potranno poi spendere fuori. “Molti non sono cattolici, quindi insistiamo molto sui valori umani. Stiamo anche cercando di aumentare le possibilità di lavoro, ad esempio il giardinaggio, con il Comune di Palermo”.

Il lungo percorso verso l’autonomia. “Il nostro arcivescovo tiene molto al progetto – confida il sacerdote -. Pensavamo che in due o tre anni diventassero autonomi ma così non è. Molti sono già in un processo di libertà. Però hanno ancora impegni con il carcere: dietro a loro ci sono assistenti sociali, psicologi.  Alcuni tornano dentro. Perché finché sono con noi tutto va bene. Invece se vanno a lavorare in un’impresa, questa vuole produzione. E se non va, perdono il lavoro. Se invece vanno a vivere da soli ci sono le spese per l’affitto, le bollette, alcuni si scoraggiano. Dobbiamo accompagnarli. Ci siamo resi conto che ci vuole più tempo per renderli autonomi”.

Nessun ragazzo del bistrot è tornato a delinquere. I responsabili e i tutor fanno continue verifiche. Da quando è iniziata l’attività di ristorazione “finora nessuno è tornato a delinquere e i ragazzi sono contenti. Il rapporto con loro è bellissimo. Quando si sentono amati cambiano atteggiamento”.  Inoltre, ci tiene a precisare, “Don Calabria non chiamava nessuno ‘dipendente’, ma ‘collaboratori’. Qui sono tutti collaboratori perché l’opera è di Dio”.

In arrivo progetti simili a Roma, Ferrara e Napoli. Don Pasa conclude annunciando una novità: “Faremo qualcosa di simile nel carcere minorile di Casal del Marmo a Roma, a Ferrara e Napoli. Stiamo già coinvolgendo gente del territorio”.

 

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