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Attualità

Il magistrato – “Si vuole risolvere il problema con norme che liberano gente pericolosa” di Antonella Mascali

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L’intervista

Decreto carceri, Sebastiano Ardita: “Indulti nascosti: sarà una valanga di sconti di pena”

Il magistrato – “Si vuole risolvere il problema con norme che liberano gente pericolosa”

Di Antonella Mascali

7 Agosto 2024

Procuratore Ardita, in Parlamento sono approdati il decreto Carceri e il ddl sulla liberazione anticipata speciale. Chi vuole il “liberi tutti” usa i terribili suicidi in carcere e il sovraffollamento per farlo approvare. Lei è stato direttore dell’ufficio detenuti al Dap, cosa ne pensa

La questione è una matassa imbrogliata rispetto alla quale chi ci mette mano rischia di complicarla ancor di più. Esiste un problema di qualità della vita in carcere, uno di precarietà delle strutture, un terzo di sicurezza e agibilità del personale. Chiunque pensi di affrontarli separatamente o in modo ideologico non risolve il problema, e mette a rischio la sicurezza della società. Finisce per essere indirettamente il responsabile dei morti dentro – prodotti dalla condizione di inciviltà delle carceri – o dei morti fuori, frutto di affrettate scarcerazioni di personaggi pericolosi per risolvere il suo affollamento.

Ma le scarcerazioni le decidono i giudici, come quella di Salvatore Raimondi, condannato per il sequestro di Tommaso Onofri…

Ci sono, però, scarcerazioni che sono frutto di interventi legislativi, quindi di scelte politiche, come la liberazione anticipata speciale o gli indulti.

Con il ddl Giachetti ci sarà un “liberi tutti”?

Il testo che ho esaminato non prevede l’esclusione del beneficio per i mafiosi. E sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica. Ma sarebbero scarcerati anche altri detenuti pericolosi, senza nessuna valutazione sulla concreta pericolosità. Si assiste a una crescita esponenziale delle pene edittali da un lato e dall’altro a una sistematica demolizione degli effetti concreti della pena. La liberazione anticipata è stata trasformata in uno sconto di pena automatico, che prescinde dal cambiamento reale della persona. Una sorta di 6 politico che si accompagna all’autogestione delle carceri.

Da cosa dipende l’invivibilità che porta alle proteste violente o ai suicidi in questi ultimi dieci anni?

Da due fattori collegati: avere abbandonato il carcere all’autogestione dei detenuti, o meglio, alla gestione dei capi bastone, aprendo le celle, e la rinuncia dello Stato al prendersi cura dei reclusi. L’autogestione ha prodotto sofferenza negli stessi detenuti, oltre che reati. Le statistiche ci dicono che si sono moltiplicati i casi di autolesionismo e di suicidio e si sono intensificati i reati di ogni genere. In passato i penitenziari erano stazioni di controllo dei tossicodipendenti e cercavano di curarli con progetti ad hoc. Oggi le carceri, grazie all’autogestione degli spazi, sono diventate piazze di spaccio. I gruppi mafiosi si dividono il mercato e vendono potenzialmente a chiunque sia recluso la sostanza stupefacente. È evidente che così sfugge di mano il fenomeno dei suicidi.

Se la soluzione non è lo “svuotacarceri”, qual è la strada per avere carceri civili e sicurezza per i cittadini?

Il governo avrebbe facilità ad affrontare la questione partendo da un’analisi approfondita di come si sia potuto arrivare a questo disastro di mancanza di controllo delle carceri e di assistenza. E invece rinuncia all’analisi e subisce la pressione politica di chi vorrebbe risolvere il problema con indulti mascherati che farebbero uscire, come detto, anche personaggi pericolosi. La sicurezza è compromessa dal disagio della popolazione detenuta, che non dipende solo dal sovraffollamento, ma da una mancanza di equilibrio tra assistenza individuale, trattamento e sicurezza che può avvenire solo nel rispetto della legge.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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