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Attualità

La biscia e il ciarlatano* di Vincenzo D’Anna*

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La biscia e il ciarlatano* di Vincenzo D’Anna*

*Come in un temporale estivo, breve ma intenso, tuoni e fulmini squassano la magistratura siciliana. Le notizie di eccezionale gravità sono praticamente queste: l’ex procuratore generale aggiunto di Palermo Giuseppe Pignatone è stato indagato per presunto insabbiamento dell’indagine su mafia e appalti del 1992, omettendo di inserire, nel fascicolo, documenti ed intercettazioni, successivamente distrutti. Con il togato, che attualmente presiede il tribunale di Città del Vaticano e in passato ha ricoperto la carica di procuratore a Reggio Calabria e a Roma, sono finiti sotto accusa altri pezzi da novanta. Si tratta dell’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco (nel frattempo deceduto), di Giovanni Natoli, magistrato e già componente del pool antimafia (insieme con Falcone e Borsellino) e di un alto ufficiale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. In sintesi l’accusa dei pubblici ministeri di Caltanissetta nei loro confronti verte sul convincimento che a vario titolo costoro abbiano favorito manager del gruppo Ferruzzi e lo stesso Raul Gardini (a sua volta scomparso) e poi Nino e Salvatore Buscemi vicini a Totò Riina. Su questa vicenda, all’epoca, indagava anche Paolo Borsellino e voci di dentro nonché gli stessi familiari del defunto magistrato anti-mafia, ritengono plausibile ipotizzare che la strage di Via d’Amelio, quella in cui furono uccisi Borsellino e gli uomini della sua scorta, possa essere stata ordinata proprio per eliminare quel fascicolo e quelle indagini. Tutti gli indagati (con l’eccezione ovviamente del defunto Giammanco) si sono avvalsi della facoltà di non rispondere ai pubblici ministeri nisseni. Giova ricordare che Pignatone aveva già dato prova di essere un buon “insabbiatore” allorquando, coinvolto nell’affare Palamara, ossia nella spartizione a tavolino delle nomine ai vertici delle principali procure italiane con l’avallo del partito democratico, ne era uscito “pulito” per una fortuita circostanza: guarda caso la mano della fortuna aveva determinato un guasto sul telefonino di Pignatone allorquando questi aveva incontrato Palamara non consentendo agli inquirenti di registrare i contenuti del colloquio. E per essere ancora più chiari, se intercettazioni vi furono non sono mai state rese note al contrario di quanto accaduto per gli altri magistrati intercettati. Il tutto ovviamente è finito in cavalleria. Il solo Palamara ha pagato con la radiazione dalla magistratura nel mentre i procuratori “designati” nelle varie spartizione sono rimasti indisturbati a capo delle Procure. L’auspicio è quello che stavolta la sorte non agevoli alcunché e che l’omertà e la solidarietà di categoria, i nomi e le carriere altisonanti dei personaggi coinvolti, non compromettano l’accertamento pieno e veloce della verità. Se nessuno riuscirà a mettere la sordina a questo nuovo scandalo, forse riusciremo a sapere qualcosa in più su quella lunga stagione di stragi e veleni. Soprattutto si potrà accertare, oltre alla reale portata di talune sentenze assolutorie già emanate, anche qualcosa di più chiaro sul quel grande bluff chiamato accordo Stato-mafia che, guarda caso, trova coinvolti preferibilmente solo e sempre personaggi di centrodestra. Cosa diranno, allora, gli altri ineffabili magistrati come Grasso, Cafiero De Rhao, Scarpinato e Ingroia, passati, nel frattempo, tutti in pompa magna, nelle fila della sinistra Gente che deve notorietà e successo per aver ciurlato nel manico per decenni e processato ufficiali dei carabinieri e politici italiani. Insomma: lo strabismo ideologico di costoro, che per anni hanno insistito sul patto tra palazzi e cosche, sulle ipotesi di collusione di Dell’Utri, Mannino, Berlusconi ed Andreotti con la malavita, potrebbe determinare la definitiva sconfessione di quel teorema. E quante pagine dei giornali legati alla sinistra dovranno essere cancellate, così come le accuse sulla sparizione della famosa “agenda rossa” di Borsellino con il corollario delle accuse di collusione rivolte a Giuseppe Ayala, pubblico ministero, nel maxi processo di Palermo?!? Insomma la cortina di fumo fetido ed ipocrita potrebbe diradarsi in Sicilia, mettendo nella loro vera luce e dimensione coloro che si sono malamente guadagnati la fiducia e l’approvazione di molta gente e soprattutto dei militanti della sinistra. Sia chiaro: nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva. Questa è una garanzia valida per tutti. Sì, anche per lorsignori che tale principio hanno contestato oppure denigrato preferendo sposare un susseguirsi di teorie e di processi infiniti basati sul presupposto che tre indizi facessero una prova!! Magistrati militanti che hanno “mascariato” finanche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il ministro dell’Interno Nicola Mancino. Toghe che hanno condannato Giulio Andreotti e dipinto i leader di centrodestra come ontologicamente destinati ad essere favoreggiatori di “Cosa Nostra”. Ebbene sì: questa volta la biscia si è rivoltata contro il ciarlatano che sotto l’ampia toga l’ha spesso tirata fuori velenosa ed aggressiva. Il sangue dei martiri non si dimentica e la pochezza di magistrati mediocri, che dopo Falcone e Borsellino hanno solo mestato aria fritta, non si può celare in eterno. Questo è quello che speriamo venga fuori da una più che sordida storia, di protagonismo e di abusi di potere da parte coloro che usano la Toga per fare solo una carriera.

*già parlamentare

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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