VOLA LA RACCOLTA FIRME CONTRO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA VOLUTA DALLA LEGA
Quattro giorni fa l’avvio della raccolta firme per poter indire il referendum abrogativo riguardo l’autonomia differenziata fortemente voluta dalla Lega.
La raccolta firme, che avviene anche sulla piattaforma ministeriale, quindi solo con le firme online certificate attraverso la Spid, ha superato quota 250 mila firme, più della metà di quanto necessario, infatti ne occorrono 500 mila per raggiungere il quorum e agli organizzatori non basterà: l’obiettivo è arrivare a un milione di firme a settembre.
La battaglia referendaria contro il provvedimento leghista, ideato e messo a terra dal ministro Roberto Calderoli, agita soprattutto la Lega, com’è ovvio che sia. Anche per i presidenti di regione del Carroccio del nord la riforma è un punto di arrivo dopo anni di promesse e tentativi con vari governi. Ad esempio secondo Massimiliano Fedriga, che sembra non aver compreso il significato reale della legge per le regioni del sud, chi raccoglie le firme «sta facendo disinformazione ai cittadini, soprattutto del sud, dicendo che la riforma divide, cosa assolutamente falsa. Raccontano che il meridione non è all’altezza dell’autonomia differenziata. È un’umiliazione al Mezzogiorno, io non ci sto».
Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini invece si dice sicuro: «Non vedo l’ora che tutti gli italiani si possano esprimere, in Veneto, Lombardia, Puglia, Abruzzo, perché autonomia significa dare servizi migliori ai cittadini tagliando gli sprechi».
Per comprendere meglio quanto la legge sull’autonomia differenziata sia assolutamente dannosa per l’Italia intera basta leggere quanto ne scrive lo SVIMEZ, l’associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno.
“L’autonomia differenziata espone l’intero Paese ai rischi di una frammentazione insostenibile delle politiche pubbliche chiamate a definire una strategia nazionale per la crescita, l’inclusione sociale e il rafforzamento del sistema delle imprese.”
Basteranno dunque i nuovi Livelli Essenziali delle Prestazioni per garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti i cittadini indipendentemente da dove vivano?
Secondo la SVIMEZ, la definizione dei Lep prevista dalla Legge di Bilancio, a risorse invariate, non è risolutiva per garantire livelli di servizio adeguati e omogenei a livello territoriale. Un esempio calzante ci viene proprio dalla sanità, difatti il finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale non è la somma del costo dei Livelli Essenziali di Assistenza, ma è determinato a monte nella programmazione del bilancio pubblico, e ripartito tra le Regioni sulla base della dimensione della popolazione e della quota di anziani. Un metodo che, come la Svimez ha ribadito, non tiene conto dei fattori socioeconomici che impattano sui fabbisogni di cura e assistenza, e finisce per penalizzare i cittadini delle regioni meridionali, che soffrono di minori servizi di cura per quantità e qualità.
In sostanza, questo modello di autonomia, assolutamente anomalo nel panorama europeo, perché prevede un’autonomia differenziata in un Paese centralista, produrrà una frammentazione dell’Italia e non solo cristallizzerà le disuguaglianze già presenti tra Nord e Sud ma indebolirà complessivamente la capacità competitiva del Paese, frammentando la gran parte delle politiche pubbliche e danneggiando anche il Nord.
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