Quando i ragazzi pagano il prezzo della guerra
Tanti ragazzi a Parigi stanno sognando di vincere l’oro o una medaglia delle Olimpiadi.
Dodici ragazzi in Israele, invece, stavano giocando a calcio in un campetto, forse più povero, ma che li lasciava sognare in uno spazio di libertà assicurato dallo sport, mentre dalle colline piovevano missili.
I razzi di Hezbollah, ancora una volta, hanno colpito Israele, superando quel confine tenuto in piedi da una diplomazia in affanno. Aumenta la rabbia e si allarga l’orizzonte di una guerra che sembra non destinata più a finire. Non avevano nessuna colpa quegli undici ragazzi e sicuramente avevano tanto desiderio di sognare come i loro coetanei, mentre gli adulti non giocano più, o forse, irresponsabilmente giocano alla guerra nella quale a farne le spese sono sempre i piccoli e i poveri.
Il tavolo da gioco che usano i presunti grandi della Terra non è lo stesso dei campetti in terra battuta che tante volte si trovano sulle terre di confine, dove povertà e paura vengono sconfitte da alcune ore di sogni sportivi.
Ora un altro confine è stato superato, giustificando l’errore per la presenza di una vicina base militare, da questo errore si aprirà sicuramente un altro fronte nel conflitto inarrestabile.
Quando alla sera si doveva rientrare a casa i genitori o gli educatori toglievano il pallone ai ragazzi.
È giunto il momento, ed è urgente, di togliere il giocattolo della guerra e le armi in mano a uomini che non riescono a controllare le regole di un gioco che si fa sempre più pericoloso per tutta l’umanità.
La guerra è una pazzia ed un’avventura senza ritorno.
Bisogna gridarlo a tutti ed indicarlo come un gioco non convenzionale e che va tolto dai tavoli dei potenti e dalla portata di un’umanità che, decadendo, non sa più controllarsi.
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