Ucraina. In partenza 100 attivisti italiani per Kyiv: prima tappa, l’ospedale pediatrico bombardato
100 attivisti italiani in partenza oggi per Kyiv, per una nuova missione (l’undicesima) del Mean, il Movimento europeo di azione nonviolenta. È una Kyiv colpita con il fuoco e con il sangue innocente dei bambini quella che accoglierà la delegazione italiana. Una città che sta ancora scavando sotto le macerie dopo che nella giornata di lunedì 8 luglio, la Russia ha lanciato oltre 40 missili contro città e villaggi in tutto il paese. Secondo l’Amministrazione regionale della capitale ucraina, almeno 31 persone sono state uccise e 117 sono rimaste ferite a Kiev. Ma il bilancio è provvisorio e destinato purtroppo a salire. Le immagini delle macerie dell’ospedale pediatrico “Okhmatdyt” di Kiev hanno fatto il giro del mondo suscitando choc e immediata condanna.
A quell’ospedale – ricorda Angelo Moretti, portavoce di Mean– il Mean è particolarmente legato. “Nel marzo del 2023 – racconta il portavoce del Movimento europeo di azione nonviolenta -, siamo entrati nei reparti sotterranei dove erano ricoverati per i malati oncologici”.
“Ci sembrava un delirio che bambini oncologici dovessero proteggersi nei bunker dalle bombe. Sembrava un assurdo pensare che qualcuno potesse mai attaccare un reparto di bambini oncologici”.
Nasce un rapporto di cooperazione che porta il Mean all’acquisto e alla donazione di un pullmino, richiesto dall’ospedale per far uscire qualche ora i bimbi della lunga degenza. “Erano ridotti in uno stato di terrore non solo per la possibilità di una morte per malattia, ma anche per la guerra. Bisognava fare qualcosa che desse loro la speranza. Ecco, ieri quel missile ha centrato la speranza”. Le bombe su Kyiv mostrano però quanto sia urgente la missione Mean a Kyiv che comincerà proprio con una visita sul luogo del disastro. “Siamo sempre più convinti – dice Moretti – che l’Europa non possa essere presente solo sulla stampa, sui media o nelle parole dei governi o nell’esercito. Serve assolutamente una presenza fisica di vicinanza alla popolazione che soffre. La prima cosa che faremo arrivati a Kyiv sarà andare in visita all’ospedale che per noi oggi, è un luogo sacro. Lo era già prima. Lo è ancor di più oggi perché quei bambini hanno subito la vergogna e l’orrore di un attacco nei loro confronti. L’odio può essere vinto. Ma per farlo, le parole stanno a zero. Solo una presenza fisica può cambiare gli scenari”.
Tra le sigle che hanno aderito a questa “missione” del Mean ci sono l’Azione cattolica italiana, Masci, Movi, Base Italia, Vita, Rete Sale della Terra, Fondazione Gariwo, Comunità Progetto Sud, Reti della Carità, Anci regionali. La scelta della data – spiegano i promotori – non è casuale: l’11 luglio è il giorno della memoria religiosa di San Benedetto, patrono di Europa, ma anche della memoria civile della strage di Sebrenica che ebbe inizio l’11 luglio 1995. A sostenere l’iniziativa ci sono anche il nunzio apostolico in Ucraina, mons. Visvaldas Kulbokas, rappresentanti delle maggiori confessioni religiose del paese, oltre ai responsabili di alcune sigle dell’associazionismo ucraino. Giovedì 11 luglio, in piazza Majdan, il gruppo incontrerà le associazioni Scout per un momento di raccoglimento davanti alle bandierine ucraine messe sulla piazza in onore delle migliaia di persone morte in guerra. Alle 18, la delegazione si trasferirà in piazza Santa Sophia dove si terrà una preghiera universale interreligiosa, in collegamento con numerose piazze italiane. Venerdì 12 luglio, l’appuntamento è al Palazzo di Ottobre dove si svolgerà l’Assemblea dal titolo “Il futuro dell’Europa passa per l’Ucraina” che prevede una serie di tavoli di lavoro e discussione. Tema chiave dell’incontro l’attuazione concreta dei “Corpi civili di pace”. I volontari del Mean ricordano che già nel 2001 il Parlamento europeo aveva ribadito la necessità di istituire un Corpo civile di pace europeo con “l’obiettivo di coordinare a livello dell’Ue la formazione e il dispiegamento di specialisti civili per mettere in atto misure pratiche per la pace”. Oggi la proposta emerge in tutta la sua attualità e urgenza.
Per l’Azione cattolica italiana, a partecipare alla “missione” Mean c’è Lucio Turra della Presidenza nazionale.”Noi riteniamo che bisogna prendersi cura delle popolazioni, di chi è al fronte e di chi è stata costretta ad emigrare all’estero. Della gente che sta soffrendo per questa guerra che purtroppo fin da subito e ogni giorno, sta mostrando contorni di ingiustizia totale. L’Azione cattolica nei suoi obiettivi che scaturiscono anche, dalle ultime assemblee, ha deciso di prendersi cura. E lo facciamo attraverso un’alleanza che abbiamo condiviso con Mean da alcuni anni. L’obiettivo di questa missione è molto semplice, noi vogliamo stare con la gente, capire come vive la gente, essere vicini”. Per questo l’Azione cattolica sostiene la proposta dei Corpi civili di pace. “Il nostro è un gesto molto semplice. Non abbiamo alcuna velleità. Guardiamo al di là di quello che sentiamo nei giornali, di quello che ci viene raccontato dalla politica. Il nostro primo obiettivo è quello di stare vicino alle persone”.
Carlo Bertucci è segretario internazionale del Masci (Movimento adulti scout cattolici italiani). Lo scoutismo italiano – con tutte le sue anime -. è già da tempo impegnato in Ucraina. Il Masci, per esempio, ha avviato un progetto di accoglienza di scout ucraini nel nostro paese. “Andando a Kyiv – dice Bertucci -, vorremmo semplicemente dire alle persone che non sono sole, che li appoggiamo non solo a distanza, ma anche con la nostra presenza. Siamo lì per testimoniare questo, per dire loro che non li abbandoneremo”. Il rappresentante del Masci ricorda un motto caro allo scoutismo che dice: “Lasciare il mondo meglio di come lo abbiamo trovato ora”. “Chiaramente con questa guerra può sembrare difficile, ma noi ci proveremo lo stesso a far tornare l’Ucraina ad essere quello che era, un paese di pace e di fratellanza”.
Tra gli attivisti in partenza c’è anche Stefano Pescatore, del gruppo Agesci Benevento 4. La sua partecipazione alla missione Mean – precisa subito – è a titolo personale. “Ma è importante per me in questo momento essere lì”, aggiunge. “Anche se sicuramente non risolve il problema, la nostra presenza vuole essere un segno di vicinanza e condivisione con una popolazione che sta vivendo sulla sua pelle una situazione assolutamente paradossale perché non è possibile che nel 2024 ci sia una guerra in corso a due passi da casa e non si faccia nulla per impedirla”.
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