Minuto Parole della scienza classica mi-nù-to SIGNIFICATO Molto piccolo, di dimensioni minime; di poco conto o importanza (questioni minute, popolo minuto); preciso, esposto con cura (nei più minuti particolari); unità di misura degli angoli e del tempo
Minuto
mi-nù-to
SIGNIFICATO Molto piccolo, di dimensioni minime; di poco conto o importanza (questioni minute, popolo minuto); preciso, esposto con cura (nei più minuti particolari); unità di misura degli angoli e del tempo
ETIMOLOGIA dal latino minutum ‘piccolino’, dal participio passato di minuere ‘diminuire, rimpicciolire’, derivato da minus, nominativo di minor ‘più piccolo’.
- «Quello col fisico minuto ha consegnato il compito all’ultimo minuto.»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
In ogni campo abbiamo a che fare con cose di varie dimensioni e importanza, laddove il normale è una via di mezzo fra il colossale ed il… minuto. Minuti possono essere gli affari correnti, che vengono conclusi senza pensarci troppo; al polo opposto dell’alluvione c’è un’acquerugiola minuta, le merci si vendono sia all’ingrosso che al minuto, e possiamo scrivere in caratteri cubitali o minuti.
La parola minuto ne genera altre, come minuzia (da cui minuzioso), minuzzolo, minuteria (accozzaglia di particolari piccoli, minuti); oppure, cambiando genere, il minuto diventa la minuta, prima stesura di un testo che, prima dell’avvento dei computer, veniva scritta frettolosamente a mano. Insomma il minuto ha a che fare con mille cose; in più, assieme al suo fratello minore secondo, ha a che fare con la misura degli angoli e del tempo.
Già verso il 1500 a.C. gli antichi egizi avevano iniziato a dividere sia il giorno che la notte in dodici ore, potendo contare su trentasei stelle più o meno equidistanti lungo l’eclittica che davano luogo ad un orologio praticamente perfetto. Un migliaio di anni dopo, i babilonesi divisero l’angolo giro in 360 gradi, non solo perché il numero è simile ai giorni dell’anno, ma anche perché tale numero era pienamente compatibile con il loro sistema numerazione sessagesimale, dato che 6×60 = 360.
Con il progredire degli studi matematici ed astronomici, già in tempi antichi la divisione dell’angolo giro in gradi, e del giorno in ore, è risultata troppo grossolana, dunque sia i gradi che le ore sono stati divisi in parti più piccole; e poiché questo accadeva sempre in Babilonia, la suddivisione è stata fatta per sessantesimi: ecco quindi che sia i gradi che le ore sono state divise in sessanta minuti. Ma non era ancora sufficiente: anche questi minuti, detti primi, sono ad un certo punto risultati grossolani, e sono stati ulteriormente divisi per sessanta, ottenendo i minuti secondi. Il procedimento, almeno per quanto riguarda gli angoli, fu esteso anche ai minuti terzi e oltre: nell’Almagesto di Tolomeo si vedono calcoli svolti con la precisione addirittura del minuto sesto di grado! Per fortuna oggi la cosa non è più in uso, e dopo i secondi si usano le normali cifre decimali (es. centesimi, millesimi di secondo).
Per quanto riguarda la misura del tempo, il concetto di minuto secondo si è cristallizzato, non prima del XIII-XIV secolo, nel sostantivo secondo; e sono proprio i secondi quelli che vediamo scorrere sull’orologio, e che costituiscono l’unità di misura del tempo nel Sistema Internazionale di unità di misura.
L’unità di misura del tempo, ovvero il minuto secondo, è dunque una parte su 24×60×60 = 86.400 della durata di un giorno solare. Ma il giorno solare non ha una durata costante: a causa di vari fenomeni, fra cui soprattutto la forma ellittica dell’orbita terrestre intorno al Sole, i giorni possono durare anche trenta secondi in più o in meno rispetto al valore medio. Ecco che, per risolvere questi problemi, nel 1960 fu adottata ufficialmente dalla CGPM, ovvero Conférence Générale des Poids et Mesures (Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure) questa definizione: «Il secondo è la frazione di 1/31.556.925,9747 dell’anno tropico per lo 0 gennaio 1900 alle ore 12 tempo effemeride».
Vediamo un po’ di dettagli da vicino: c’è da considerare la durata di un anno tropico, che non corrisponde ad un’intera orbita della terra intorno al Sole (senza approfondire eccessivamente, diremo che l’anno tropico tiene conto della precessione degli equinozi); in più viene richiamata la durata di un anno passato: vuol dire che ci si deve fidare di una misura già fatta, non più ripetibile né verificabile. Ci sono poi altre stranezze, come il dover considerare lo zero gennaio che, tradotto, significa il 31 dicembre dell’anno precedente… c’è poco da fare, noi comuni mortali non potremo mai capire come ragionano gli esperti di metrologia!
Fortunatamente pochi anni dopo, nel 1967, la CGPM cambiò nuovamente idea, adottando la definizione in vigore a tutt’oggi: il secondo è la «durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra due livelli iperfini, da (F=4, MF=0) a (F=3, MF=0) dello stato fondamentale dell’atomo di Cesio-133». Di cosa stiamo parlando? Della definizione sulla quale si basano i moderni orologi atomici, che finalmente consentono di misurare il tempo con una precisione sufficiente ad accontentare anche le esigenze più stringenti.
Per quanto riguarda la precisione di alcuni di questi orologi si parla ormai di errori non superiori ad un secondo in quindici miliardi di anni – in pratica, un secondo di errore dal momento del big-bang: a questo punto, non abbiamo più scuse per arrivare in ritardo, e saremo sempre tenuti a spaccare, quanto meno, il minuto!