CRONACA GIUDIZIARIA OMICIDIO COLPOSO PER LA MORTE DI ROMANO PICCOLO /IL PROCESSO AI MARIUOLI DEL COMUNE DI CASERTA /CASSAZIONE ANNULLA IL 41BIS PER EX BOSS BELFORTE RINVIANDO A NUOVA SEZIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI ROMA/AVVOCATI CONTRO GIUDICI E GIORNALISTI – DETENUTI CONTRO AGENTI – NEL CAOS IL PROCESSO PER I PESTAGGI IN CARCERE
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CRONACA GIUDIZIARIA
OMICIDIO COLPOSO PER LA
MORTE DI ROMANO PICCOLO
Si aprirà l’11 novembre prossimo, davanti ai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere il processo per omicidio colposo a carico di un medico del Pronto Soccorso di Caserta, M.B., accusato di non avere eseguito tutti gli interventi necessari per evitare la morte di Romano Piccolo, un pezzo di storia della tradizione cestistica casertana, deceduto all’età di 83 anni in Day Surgery dove fu trasferito dopo l’accesso all’emergenza del nosocomio.
Il rinvio a giudizio è stato deciso dal gup del tribunale di Santa Maria Capua Vetere al termine della riserva durata qualche giorno. Il decesso di Piccolo risale alla fine di ottobre del 2020, nei mesi della pandemia, quando, a seguito di una caduta accidentale durante una passeggiata, la leggenda del basket casertano subì una frattura ossea. Una volta trasferito al Pronto Soccorso dell’ ospedale di Caserta, morirà in un reparto diverso dall’Ortopedia per emorragia: lo sostiene l’accusa, sulla base di alcune consulenze, contestate dalla difesa del medico. La sua «odissea» «sanitaria» inizia al Pronto Soccorso: di qui, dopo tutti gli esami che il medico dice di aver eseguito seguendo la procedura, viene trasferito, per motivi logistici in Day Surgery per mancanza di posti in ortopedia – ma sempre vigile e cosciente – in attesa di essere sottoposto a un esame che, per l’accusa, non fu mai disposto e, dunque, rientrante nell’imperizia e nella negligenza del professionista. Stando all’accusa a provocare il decesso dopo la frattura acetabolare, fu una improvvisa emorragia: circostanza che la Procura ritiene riconducibile alla parziale attività di intervento svolta dal medico la cui difesa ha sempre sostenuto di avere trattato in modo corretto il caso. Ad assistere la famiglia Piccolo è l’avvocato Alberto Coppo mentre il medico è assistito l’avvocato Angelo Rossi il quale durante le udienze ha fatto presente al giudice anche i valori dell’emoglobina incompatibili con l’emorragia e alla procedura di emergenza completa in tutti i passaggi eseguita dal medico, in un contesto sanitario particolarmente impegnativo, a causa di alcune decine di pazienti Covid in allarme. Nel corso dell’udienza preliminare il medico si è difeso spiegando la regolarità dei passaggi eseguiti da protocollo, sempre tenendo presente i valori dell’emoglobina e dello stato vigile del paziente, valutando dunque gli interventi necessari sulla base del riscontro degli accertamenti. Non la pensa così la Procura (sostituto procuratore Gerardina Cozzolino) che ha dato sostegno alla parte civile ipotizzando la responsabilità del medico che potrà dimostrare comunque la sua innocenza a dibattimento. In particolare, Piccolo entrò in Pronto Soccorso per una frattura all’osso del bacino sinistro: l’accusa contesta il mancato esame ecografico ad addome e pelvi necessario vista anche l’avanzata età del paziente. La scomparsa di Piccolo, nell’ottobre di quattro anni fa, gettò una intera città nello sconforto. Impossibile elencare in poche righe tutto ciò che è stato ed ha rappresentato nell’ambito sportivo. Giocatore di calcio cioè portiere della Casertana negli anni ’50; giocatore di basket da quando si chiamava palla a cesto-pallacanestro, cioè nello Sporting Club allenatore di Minibasket giornalista di cose di palla a spicchi, col Superbasket di Aldo Giordani settimanale nazionale vademecum di esperti e patiti anche dell’universo Nba stelle a strisce. Dopo la maglia della Casertana, la canotta della Juvecaserta, la tuta di allenatore della Zinzi Basket ha indossato anche il camice bianco col colletto verde comme volontario dell’Avo nell’ospedale di Caserta dove purtroppo è spirato.
IL PROCESSO AI MARIUOLI DEL COMUNE DI CASERTA
E’ terminata nel tardo pomeriggio di ieri la trepida attesa in città, sotto il profilo giudiziario ma soprattutto politico, sull’esito del Tribunale del Riesame che ha deciso sull’annullamento degli arresti domiciliari per il dirigente Franco Biondi e per l’imprenditore Gioacchino Rivetti coinvolti nella vicenda di presunta corruzione a Palazzo Castropignano. I rispettivi difensori, gli avvocati Giuseppe Stellato e Vittorio Giaquinto, avevano improntato le memorie su due profili, quello cautelare e quello indiziario. Per capire su cosa si è basata la decisione del Tribunale della Libertà, si dovrà aspettare due settimane, ovvero il tempo del deposito della motivazione che potrebbe contemplare anche i due stessi profili. L’accusa aveva chiesto il carcere per l’imprenditore (che il gip ha mutato in domiciliari) e i domiciliari per Biondi contestando i reati di corruzione, violazione del decreto legislativo 165 che disciplina le attività di governo di un ente dalle funzioni dei dirigenti e falso relativamente all’ affidamento diretto dei lavori di riattazione del canile municipale di Caserta per un compenso di circa sessantamila euro. Tesi rigettata in sede di interrogatorio dai due indagati soprattutto per quanto riguarda alcuni lavori eseguiti a casa di Biondi in virt di una amicizia datata. Lavori che secondo la difesa non sono provati in assenza di chiare intercettazioni. Il Tribunale della Libertà oggi vaglierà anche le posizioni dell’assessore Massimiliano Marzo, quella del dipendente comunale Giuseppe Porfidia e del dirigente Giovanni Natale. Ma c’è una sesta udienza che il Tribunale dovrà fissare in queste ore. Ovvero quella che riguarda l’impugnazione al Riesame della decisione del gip da parte della Procura: per Nunziante era stato chiesto l’arresto in carcere ma il gip aveva rigettato la misura cautelare – ed anche una decina di capi dei 18 capi di imputazioni contestati nell’ordinanza di 100 pagine – sulla quale ora l’accusa insiste nuovamente. Non si esclude che le decisioni del Riesame possano arrivare in blocco per tutti tra domani e giovedì. Nell’inchiesta, come si ricorderà, figurano in tutto 14 indagati (si procede separatamente invece per il titolare della ditta «Un seme per la vita»), tra cui un altro dirigente comunale, Luigi Vitelli e il vice-sindaco Emiliano Casale, che risponde di voto di scambio in relazione alle elezioni comunali del 2021 che portarono alla conferma del sindaco Marino. Per la Procura, Casale avrebbe chiesto nell’ottobre 2021 il voto all’imprenditore Gennaro Rondinone (indagato), promettendogli in cambio l’affidamento di lavori, cosa poi avvenuta visto che Rondinone nel settembre 2022 si vide assegnare dall’assessore Marzo, e su mandato di Casale, i lavori presso la scuola materna statale nella frazione Santa Barbara. Oltre a Nunziante, la Procura aveva chiesto l’arresto in carcere per l’imprenditore Rivetti e l’assessore Marzo, ma il gip ha negato l’arresto per Nunziante disponendo gli arresti domiciliari per Rivetti e Marzo. Oltre a Nunziante, la Procura aveva chiesto l’arresto in carcere per l’imprenditore Rivetti e l’assessore Marzo, ma il gip ha negato l’arresto per Nunziante disponendo gli arresti domiciliari per Rivetti e Marzo. Le accuse contestate dalla Procura (procuratore Pierpaolo Bruni e procuratore aggiunto Carmine Renzulli) di corruzione, falso in atto pubblico e voto di scambio al Comune di Caserta e confermate su alcuni capi di imputazione dal gip, sono partite proprio dall’ufficio inquirente di Santa Maria Capua Vetere, in particolare un’indagine su reati di droga avviata due anni fa e condotta dai sostituti procuratori Armando Bosso e Giacomo Urbano. Il fascicolo, in ordine ai profili di alcuni indagati, fu trasmesso alla Dda per le valutazioni di competenza dell’ufficio napoletano per poi tornare a Santa Maria dove è proseguita sfociando nel terremoto giudiziario al Comune di Caserta. L’inchiesta ha provocato un vero e proprio terremoto a Caserta, dopo quello del 2021, quando per una vicenda di appalti dei rifiuti truccati furono arrestati altri dirigenti del Comune.
CASSAZIONE ANNULLA IL 41BIS PER EX BOSS BELFORTE RINVIANDO A NUOVA SEZIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI ROMA
SI ERA OPPOSTO AL DECRETO DEL MINISTERO SU PROROGA REGIME MA RESTA AL CARCERE DURO A SASSARI FINO A NUOVA DECISIONE GIUDICI CAPITOLINI SORVEGLIANZA.
Sarà una diversa sezione del Tribunale di Sorveglianza di Roma a decidere sulla proroga del 41 bis per Domenico Belforte che aveva presentato personalmente un ricorso contro la decisione del ministero di Giustizia di prorogare il 41 bis. Il noto esponente dei Mazzacane di Marcianise aveva contestato la decisione ai giudici del Tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva rigettato. Di qui l’impugnazione in Cassazione presentata dal suo legale, l’avvocato Mariano Omarto e la decisione degli ermellini della prima sezione penale di annullare l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza rispedendo gli atti ad una nuova sezione degli uffici giudiziari capitolini. Formalmente, l’accoglimento da parte della Cassazione annullerebbe il regime di 41 bis per Belforte detenuto a Sassari, ma l’applicazione potrà avvenire soltanto quando avrà deciso la nuova sezione dei giudici della Sorveglianza. La prima motivazione di rigetto era basata su alcune informative della Dia e della Dda che indicherebbero ancora oggi Belforte come personaggio in grado di mantenere presunti contatti con il mondo criminale, tutto ciò a fronte di sentenze, ordinanze e atti di tribunali che parlano oramai di cosca inesistente. Documentazione probatoria sottoposta alla Sorveglianza che aveva ritenuto invece basarsi sulle mere informative. Anche Domenico Belforte ha manifestato di voler collaborare ma non ha mai avuto riscontri.
AVVOCATI CONTRO GIUDICI E GIORNALISTI – DETENUTI CONTRO AGENTI – NEL CAOS IL PROCESSO PER I PESTAGGI IN CARCERE
UDIENZE DA STRESS AL MAXI PROCESSO SUI PESTAGGI AL CARCERE: STOP DI TRE GIORNI DEI PENALISTI E ASSEMBLEA CON LE PARTI PER STABILIRE UN CALENDARIO AGEVOLE PER L’ATTIVITA’ DIFENSIVA. SI RIPRENDE IL 4 LUGLIO E SALTANO LE DUE UDIENZE PROGRAMATE PER LUNEDI E MERCOLEDI. AVVOCATI CRITICANO ANCHE ALCUNI SERVIZI TV INQUISITORI.
– Terminerà domani – con la convocazione di un’assemblea – la tre giorni di astensione dalle udienze proclamata dalla Camera Penale di Santa Maria Capua Vetere presieduta da Alberto Martucci. Il focus è il noto maxi processo ai penitenziari per i presunti pestaggi ai detenuti commessi nel carcere sammaritano nell’aprile del 2020. Udienze troppo lunghe, che si tengono due volte a settimana e si protraggono per oltre 8 ore mettendo a dura prova la lucidità di tutte le parti processuali, non consentendo soprattutto agli avvocati, la cui attività difensiva non si esaurisce con l’udienza, di esercitare il proprio ruolo garantito dalla Costituzione. Sono questi i motivi – insieme ad un’ingerenza mediatica (un servizio «accusatorio» de Le Iene dello scorso mese) che rendono poco sereno l’ambiente processuale relativo al maxi-processo in corso all’aula bunker della stessa casa di reclusione con 105 imputati tra poliziotti penitenziari, funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e medici dell’Asl di Caserta. Lo sciopero ha fatto saltare due udienze dello stesso processo di Corte di Assise che erano programmate per ieri e domani e qualche altro procedimento in corso, tranne quelli con detenuti o dove non aderiscono gli imputati. «L’attività professionale degli avvocati – recita la delibera – non si esaurisce nella sola presenza in udienza. In relazione al processo per la mattanza in carcere, la celebrazione di due udienze a settimana per oltre otto ore continue al giorno non consente ai difensori di esercitare adeguatamente la propria funzione costituzionalmente garantita.
L’attività istruttoria prevedendo l’escussione di testi in simultanea con la visione di filmati, si presenta di densità e complessità tale da impegnare per l’intero svolgimento delle udienze tutto il collegio difensivo, senza possibilità di poter frazionare la presenza dei singoli difensori in relazione a specifici atti istruttori. Lo sforamento sistematico del termine di ogni udienza nel pomeriggio inoltrato, non solo mette a dura prova la lucidità e la resistenza di tutti i protagonisti del processo, con conseguenti tensioni e attriti emersi in più occasioni, ma comporta l’impossibilità di studiare gli atti e predisporre la difesa per l’udienza successiva». «Gli avvocati penalisti – spiega il presidente Alberto Martucci – pur nella consapevolezza della rilevanza sociale e mediatica del processo e pur avendo sempre manifestato la massima collaborazione per una sua celere definizione, chiedono comunque di contemperare le esigenze istruttorie con quelle dell’esercizio del diritto di difesa che per essere svolto appieno necessita di tempi minimi di concentrazione, di studio, di disponibilità di atti e di programmazione e preparazione delle varie attività professionali. Nella prossima assemblea di mercoledì (domani N.d.R.) discuteremo sui temi proposti da giudici e pubblici ministeri e cercheremo una soluzione mediata tra le diverse visioni. Numerosi, in effetti, i momenti di tensione che finora ci sono stati nel processo d’Assise dai grandi numeri, con 178 parti civili e 200 testimoni di accusa e difesa da sentire con oltre 150 avvocati impegnati: tensioni soprattutto tra le vittime che vengono a testimoniare e i difensori degli imputati. Per alcuni mesi fino a giugno, il presidente della Corte d’Assise Donatiello aveva deciso di riprogrammare il calendario, venendo incontro alle richieste degli avvocati difensori, e di far tenere sei udienze al mese, con l’alternanza di un’udienza una settimana e due udienze la successiva, poi si è tornati al vecchio programma di due udienze settimanali, decisione criticata dagli avvocati.
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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