Ignorati nell’articolo due grandissimi del Foro quando il Foro era glorioso: GIUSEPPE GAROFALO E ELIO STICCO- VERGOGNA – Un libro per celebrare i morti e oscurare i vivi
L’Ordine degli avvocati di Santa Maria Capua Vetere è già in campo per celebrare il 150° anniversario della istituzione degli organi forensi di autogoverno la cui attività venne regolata per la prima volta dopo l’unità nazionale con la legge numero 1938 del 9 giugno 1874, entrata in vigore il 26 luglio successivo. «Abbiamo pensato ad una pubblicazione storica – dichiara il presidente Angela Del Vecchio, ricordando l’intervento che Giulio Gaglione, più volte consigliere e segretario dell’Ordine, pronunziò il 29 dicembre 1967 nella prima cerimonia di premiazione dei decani del Foro – non per la contemplazione triste di un passato che non ritorna ma per attingere tutta la nostra verità dall’abisso degli anni e consegnare ai giovani che ci seguono, nei bagliori del tramonto, un presentimento di aurora».
Con l’orgoglio dell’appartenenza, Angela Del Vecchio, presidente di uno dei più gloriosi Fori d’Italia, frequentato con ammirazione da Enrico De Nicola a Francesco Carnelutti, da Francesco Girardi a Giovanni Leone, e che ha visto propri esponenti assurgere alla cattedra universitaria da Alberto Martucci senior a Gaetano Vairo e Giuseppe Infante, intende partire dalle origini preunitarie per approdare all’attualità.
La formazione di una classe forense di Terra di Lavoro ebbe l’abbrivio con l’istituzione del tribunale di prima istanza “in Santa Maria di Capua” durante l’occupazione francese, col decreto di Giuseppe Bonaparte del 20 maggio 1808. I patrocinatori (categoria di professionisti corrispondente ai nostri procuratori legali, muniti di licenza in diritto rilasciata dalle università degli studi di Napoli, Palermo, Catania e Messina nonché dai licei di Salerno, Bari, Catanzaro ed Aquila) e gli avvocati (laureati in diritto in una università del Regno di Napoli) cominciarono ad immigrare da Napoli .
Tracce si rinvengono nel primo albo “storico” dell’Ordine di Santa Maria Capua Vetere datato 1820. Piluccando tra i fondi dell’Archivio di Stato di Caserta, è stata acquisita copia di un verbale d’udienza civile del due agosto 1809 che riporta un cognome ancora presente nell’Albo degli avvocati del medesimo Ordine. Il 1808 segna la data di nascita del tribunale di Terra di Lavoro ma anche quella di Raffaele Zincone che fu il primo presidente eletto nel 1874 dal neo costituito consiglio dell’Ordine di Santa Maria Capua Vetere. Nel 1866 precorse l’istituzione dell’Ordine creando l’Associazione avvocati civili e penali che presiedette.
Fervente patriota nel 1848, come decurione della sua città adottiva (era nato a Casalvieri) si rifiutò di firmare la supplica a Ferdinando II per la revoca dello statuto. Sostenne con un contributo di 2.000 ducati le spese per le lotte risorgimentali. Non richiese nemmeno i danni di guerra (3.000 ducati) per la distruzione della sua villa, alla periferia di Sant’Angelo in Formis (frazione di Capua), colpita dalle artiglierie borboniche durante la Battaglia del Volturno.
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Lo storico Giuseppe Garofalo racconta in una “lectio magistralis” alla Università delle Tre Età di Santamaria Capua Vetere la storia dei 200 anni del Foro sammaritano
Aula Magna della Unitre via Tari il 29 aprile ore 16 e 30 –
Lo storico Giuseppe Garofalo racconta in una “lectio magistralis” alla Università delle Tre Età di Santamaria Capua Vetere la storia dei 200 anni del Foro sammaritano
L’istituzione del Tribunale della provincia di Terra di Lavoro con sede in Santa Maria Capua Vetere, non fu un isolato atto amministrativo per soddisfare posizioni campanilistiche, elettorali o esigenze pratiche di gestione giudiziaria, né è sorto per caso. Fu la conclusione di un decennio di rivoluzioni e controrivoluzioni politiche, sociali, giudiziarie, rinchiuso nell’ambito della Legge del 30 Piovoso (19 febbraio ’99), seguita dal progetto di costituzione, rimasto inattuato, della Repubblica Napoletana; Legge 20 Maggio 1808 di Giuseppe Bonaparte sul riordino dei Tribunali; e più tardi Legge 29 Maggio 1817 sull’organizzazione giudiziaria del Regno delle due Sicilie; Legge organica 17 Febbraio 1861.
Il decennio rivoluzionario che precedette l’istituzione del Tribunale, ebbe inizio nel gennaio 1799 con la Repubblica Napoletana che si trovò di fronte un mondo giudiziario che era “selva da nessun sentiero segnata”, come la definiva un alto magistrato.
Era la somma di 500 anni di legislazione sveva, angioina, aragonese, spagnola, con l’aggiunta di prassi, usi, costumi, interpretazioni, responsi dei dottori. La foresta della legislazione era accompagnata da quella ancora più impenetrabile dell’ordinamento giudiziario.
Nel Regno di Napoli, diviso in dodici province, vi erano tre grandi Tribunali, antichi e meno antichi, con sede in Napoli. La Regia Camera della Sommaria, la Gran Corte della Vicaria, il Regio Sacro Consiglio, a cui si era aggiunto il Supremo Magistrato del Commercio.
La Regia Camera della Sommaria era il Tribunale del fisco. Aveva una competenza vastissima: tasse, appalti, incassi, spese pubbliche, feudi, ed ogni vertenza in cui il fisco fosse attore o convenuto. Era regolamentata dai Riti, raccolta di leggi e prassi, opera di Andrea d’Isernia. Era divisa in tre sezioni, aveva 10 presidenti, e un numero infinito di attuari e scrivani.
Ne facevano parte anche i giudici “idioti”, così chiamati i componenti del Tribunale che non possedevano il dottorato in legge. Sulle questioni di diritto i giudici “idioti” non votavano. Le decisioni della Sommaria erano chiamate “arresti”.
La Gran Corte della Vicaria era il giudice ordinario civile e penale del Regno. Si componeva in 4 “ruote” (sezioni) due civili e due penali, ciascuna composta da tre giudici. Quelle penali erano presiedute da un consigliere del Sacro Consiglio. Era regolamentato dai “Riti della Vicaria”, compilati e pubblicati sotto il Regno della Regina Giovanna II, la lussuriosa.
La Gran Corte della Vicaria era il giudice di appello dei 12 Tribunali provinciali e giudice di prima istanza di Terra di Lavoro. Il Sacro Consiglio era il Supremo Tribunale Napoletano. Istituito da Alfonso D’Aragona nel 1444, era composto da 24 consiglieri di cui 20 divisi in 4 sezioni e dei rimanenti 4, due presiedevano le due ruote della Vicaria, il terzo ricopriva la carica di governatore di Capua e il quarto quella di consultore del viceré di Sicilia. Era giudice di primo grado della città di Napoli e giudice di appello della Gran Corte della Vicaria.
Per legge a questo Tribunale non potevano essere presentate istanze e richieste, ma solo suppliche perché rappresentava il re e quando parlava, parlava il re. Le sue sentenze facevano testo in Europa. Il Supremo Magistrato del Commercio era il più giovane. Era stato istituito solo nel 1739 da Carlo III. Composto da magistrati e commercianti, era stato creato per dare slancio al commercio, soffocato dalle procedure dei Tribunali.
Udienze Provinciali: In ciascuna provincia esisteva un Tribunale detto “udienza”, formato dal governatore della provincia e da due giudici, detti uditori. Ne facevano parte l’avvocato fiscale, l’equivalente dell’attuale Pubblico Ministero e l’avvocato dei poveri.
Ai grandi Tribunali si affiancava una miriade di Tribunali settoriali.
1) Il Commissario di Campagna. Era il braccio giudiziario del Giudice Generale contro i delinquenti, un organismo presieduto da un membro del governo, creato per combattere reati lesivi della sicurezza e incolumità collettiva. Per approssimazione su ragioni e finalità potrebbe dirsi un lontano antenato della D.D.A. Aveva competenza territoriale limitata alla sola Terra di Lavoro. Operava in forza di giustizia delegata, (delegata dal re tramite il viceré), cioè quasi senza regole, salvo quelle del diritto comune, quale la difesa dell’accusato. Aveva una struttura autosufficiente: un cancelliere, più scrivani, un usciere, soldati, il boia, più sedi distaccate provviste di carceri, un’amministrazione propria soggetta a rendiconto alla Camera della Sommaria.
2) Il Tribunale Misto, composto da magistrati laici ed ecclesiastici, competente a decidere sui conflitti in materia di immunità personale, reale e locale. Era stato istituito nel 1741 in occasione del Trattato di accomodamento (concordato) tra la Santa Sede e la Corte di Napoli.
3) Tribunale della dogana delle pecore di Foggia. Decideva su tutto ciò che riguardava la dogana delle pecore. Tutti quelli che avevano rapporti diretti o indiretti con le pecore, i pascoli, il latte, i formaggi, e finanche i costruttori di fuscelle, erano sottratti civilmente e penalmente alla giurisdizione ordinaria.
4) Tribunale delle arti e mestieri: la seta e la lana avevano i propri Tribunali, e così altre attività.
5) La Corte delle meretrici: Era il tribunale competente a giudicare tutti gli affari civili e i reati connessi alla prostituzione, compreso il lenocinio, ma non l’aborto. Riscuoteva la gabella delle meretrici, la tassa che abilitava all’esercizio della prostituzione. Custodiva i registri delle “in gabellate”, cioè delle prostitute. La sua struttura era: un giudice nominato dal viceré entro una terna proposta dall’appaltatore delle gabelle, uno scrivano, un portiere, più percettori. Era cessata di esistere nel 1640 quando la città di Napoli per liberare le sue sfortunate figlie aveva riscattato la gabella versando alla Corte Spagnola un milione di ducati. La sua giurisprudenza era ancora in parte utilizzata dalla Vicaria.
6) Uditore dell’esercito, era il responsabile della giustizia militare.
7) La Giustizia feudale. Ogni feudo piccolo o grande aveva la sua giurisdizione civile e penale. Solo negli ultimi tempi gli era stata sottratta quella relativa agli omicidi.
Gennaio 1799: la Repubblica Napoletana, non perdé tempo a rivedere dalle fondamenta la giustizia.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)