Dopo la decisione della Cassazione, il 10 maggio scorso, che aveva annullato la condanna in appello a Torino nei confronti dell’industriale svizzero Stephan Schmidheiny, si temeva una ricaduta sugli altri processi in corso in altre città. Invece la Corte di assise di appello di Napoli (seconda sezione) ha confermato la condanna a tre anni e mezzo inflitta in primo grado per l’omicidio colposo di Antonio Balestrieri, uno degli operai dello stabilimento Eternit di Bagnoli, a Napoli, deceduto a causa di prolungata esposizione all’amianto.

“La sentenza ci conforta un po’, dopo la delusione del primo grado, le cui richieste dei Pubblici Ministeri sono state in gran parte disattese – ha commentato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto che ha diffuso la notizia – Confidiamo che la Corte di Cassazione possa confermare questa condanna e quindi rendere giustizia alle vittime e ai loro familiari”.

Confermata anche la fondatezza della richiesta di risarcimento del danno dell’Osservatorio costituitosi parte civile con l’avvocato Flora Abate. “Il processo – spiega la nota dell’Osservatorio – ha evidenziato come l’uso dell’amianto fosse senza cautele, privo di confinamento e con le maestranze ignare e sprovviste di mezzi di protezione. Sia all’interno dello stabilimento che all’esterno c’era amianto in sacchi di juta privi di chiusura ermetica scaricati dalle navi senza che i lavoratori fossero a conoscenza del rischio. Gli operai si ammalavano di asbestosi, perché avevano i polmoni pieni di polvere, che si riempivano di liquido pleurico, quello del mesotelioma. E così, giorno dopo giorno, i necrologi all’ingresso dello stabilimento, e nelle zone circostanti del quartiere Bagnoli, a Pozzuoli e al Vomero. Così uno ad uno, gli operai sono tutti deceduti, e poi anche i loro familiari, perché lavavano le tute, o perché respiravano le polveri dai capelli e dalla pelle”.