Con un’azione fulminea, degna di un film d’avventura, due camorristi condannati più volte all’ergastolo, Giuseppe Autorino di 52 anni, di professione ufficiale commerciante e trasportatore, in realtà killer e amico fedele di Alfieri, uno degli uomini nel direttivo del clan guidato da don Carmine, insieme con Pasquale Galasso, Enzo Moccia, i fratelli Pasquale e Salvatore Russo, Fiore D’Avino, e Ferdinando Cesarano di 44 anni, capoclan della zona di Pompei, fuggono dalla gabbia dell’aula bunker del tribunale di Salerno, ricavata da una ex palestra di una scuola alla periferia cittadina, a ridosso della tangenziale e di alcuni terreni agricoli nell’area industriale di Fuorni. dove è in corso il processo a loro carico per riciclaggio di denaro sporco (proventi di estorsioni a danno di imprese).

Gli agenti della polizia penitenziaria avevano trasferito Autorino e Cesarano dal carcere napoletano di sicurezza nel quartiere di Secondigliano fin dentro una delle quattro gabbie predisposte per gli imputati nell’aula bunker. Sono le 17,30 del pomeriggio, ricorda sul Mattino Gigi Di Fiore, in aula c’è il pm Ennio Bonadies della Dda salernitana, in fondo il gruppo dei magistrati giudicanti. Come agli altri, anche a Autorino e Cesarano vengono tolte le manette. Poi la gabbia, dove in tutto gli imputati sono sette, viene richiusa. In un caldo che toglie il respiro, inizia l’udienza che va avanti per oltre un’ora fino alla sospensione momentanea in attesa che uno dei testimoni sia accompagnato in aula.

È il momento scelto dai due camorristi che con determinazione e senza alcuna esitazione si fanno un cenno con gli occhi alzandosi di scatto dalle panche in legno dove sono seduti. Gli altri cinque fanno da volontaria barriera agli sguardi esterni alla gabbia. Con colpo secco, le mattonelle nel retro sprofondano nel vuoto. Sono solo una leggera copertura al cunicolo scavato con abilità e largo quanto basta per consentire il passaggio dei due uomini che arriva proprio sotto le panche. Si lancia subito Autorino, poi Cesarano, mentre i poliziotti si accorgono del movimento e sparano in aria alcuni colpi di pistola.

Inutile, i due scivolano nel tunnel lungo cinque metri, dove sono state lasciate delle pistole e bombe a mano. Raggiungono l’esterno, mentre i detenuti rimasti nel gabbiotto rimettono a posto la copertura del cunicolo. Questione di secondi. I due si arrampicano su una scarpata di dieci metri, saltando poi sul ponte della tangenziale salernitana per fermare una Fiat punto di passaggio. Minacciano con le pistole il proprietario che viene fatto scendere. Poi via, per quattro chilometri di corsa fino a Pontecagnano dove li aspettano dei complici in moto. All’epoca, ministro all’interno Giorgio Napolitano, la fuga fa molto scalpore e subito cadono alcune teste tra cui quella del questore di Salerno  Ermanno Zanforlino. Cesarano viene arrestato due anni dopo mentre Autorino resta vittima il 21 marzo del 1999 di un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine.

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