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Autonomia differenziata: genesi e sviluppo futuro illustrati perché tutti possano comprendere ‘pro’ e ‘contro’

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Così come è diventato costume nell’ultimo decennio da parte dei parlamentari italiani (ricordiamo la caduta del governo Draghi durante le ferie estive 2022), anche l’autonomia differenziata è passata in Parlamento mentre la squadra nazionale di calcio è impegnata negli europei, senza onore e senza gloria finora, e a breve partiranno le olimpiadi, distraendo la massa da ben più importanti temi che, invece, dovrebbero interessare fortemente l’opinione pubblica.

D’altronde la distrazione di massa è una tecnica nota da sempre a chi governa e la massa continua a cascarci.

Ma andiamo con ordine nel cercare di spiegare con semplici parole e concetti ciò che sta accadendo oggi partendo dalla genesi.

Nel corso del 2017 tre Regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno dato avvio ad un percorso per richiedere l’attribuzione dell’autonomia differenziata: Veneto e Lombardia attraverso lo svolgimento di referendum consultivi svoltisi con esito positivo e l’Emilia Romagna attraverso l’approvazione, da parte dell’Assemblea regionale, di una risoluzione per l’avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell’intesa con il Governo.

Alla fine della XVII legislatura, il governo Gentiloni ha sottoscritto con le tre regioni sopracitate tre distinti accordi preliminari che fissano i principi generali, la metodologia e un primo elenco di materie in vista della definizione dell’intesa in cui le materie di prioritario interesse regionale erano la Tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, la Tutela della salute, l’Istruzione, la Tutela del lavoro, i Rapporti internazionali e con l’Unione europea.

L’accordo preliminare con la Lombardia faceva anche espressa menzione di materie di interesse delle autonomie locali, quali il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e il governo del territorio.

Con l’inizio del primo governo Conte tutte e tre le regioni hanno manifestato l’intenzione di «ampliare il novero delle materie da trasferire». Nel frattempo altre regioni, pur non avendo firmato alcuna pre-intesa con il Governo, hanno espresso la volontà di intraprendere un percorso per l’ottenimento di ulteriori forme di autonomia (sono pervenute ufficialmente al Governo le richieste di Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Marche e Campania).

Successivamente, nell’ambito del governo Conte II, è prevalso l’orientamento a far precedere la stipula delle intese dall’approvazione di una legge-quadro che definisca le modalità di attuazione dell’articolo 116, terzo comma. Tuttavia alla fine della XVIII legislatura non si era ancora  arrivati nemmeno alla presentazione di un disegno di legge.

Con il Governo Meloni l’autonomia differenziata è tornata rapidamente alla ribalta.

Alla fine del 2022 il Ministro Calderoli ha presentato al consiglio dei Ministri un disegno di legge sull’autonomia differenziata che, dopo il percorso parlamentare, il 19 giugno 2024 è diventata legge ed è sul tavolo del Presidente della Repubblica per la ratifica.

Il provvedimento attua quindi il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione che regola la possibilità, per le regioni a statuto ordinario, di chiedere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” al governo nazionale.

23 i punti su cui poter richiedere l’autonomia di cui per i seguenti dovranno essere individuati dallo Stato i livelli essenziali di prestazione (lep):

1 norme generali sull’istruzione;

2 tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali;

3 tutela e sicurezza del lavoro;

istruzione;

4 ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;

5 tutela della salute;

6 alimentazione;

7 ordinamento sportivo;

8 governo del territorio;

9 porti e aeroporti civili;

10 grandi reti di trasporto e di navigazione;

11 ordinamento della comunicazione;

12 produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;

13 valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali.

Firmata la legge dal Capo dello Stato le regioni possono richiedere quindi su uno o più materie (anche tutte) indicate l’autonomia.

Essa sarà però concessa solo successivamente alla determinazione dei LEP, e nei limiti delle risorse rese disponibili per i LEP in legge di bilancio. Stato e regioni, una volta avviati i negoziati, avranno tempo cinque mesi per arrivare a un accordo che dovrà passare sia in Consiglio dei ministri, sia in Conferenza stato-regioni, sia in Parlamento. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate, o terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi. E c’è anche una clausola di salvaguardia che consente al governo di usare il “potere sostitutivo” cioè sostituirsi agli enti locali se si rivelano inadempimenti sulle materie per le quali hanno ottenuto l’autonomia.

Raccontato il percorso, che, come visto non è stato a suo tempo innescato solo dalla destra, ma da Governatori di regione sia di destra che di centro sinistra, e individuata la motivazione di questa accelerazione, bisogna dire che sono in molti ad essere preoccupati sulla possibile applicazione della legge, da Bankitalia alla Chiesa e agli analisti economici che, andando oltre rispetto alla querelle tra centro, sinistra e destra, guardano i risvolti sui conti pubblici.

Ci sarebbero appesantimenti sia dal punto di vista normativo – venti leggi regionali (al massimo) con contenuti diversi da regione a regione che, malgrado i livelli essenziali di prestazione, produrrà comunque una disparità di trattamento tra cittadini della stessa nazione – sia nella moltiplicazione degli uffici periferici preposti all’applicazione nelle diverse regioni delle procedure connesse ai singoli accordi con un aggravio della spesa pubblica ad esempio per stipendi.

Per non parlare poi della eventuale richiesta (che non sarà tanto eventuale) di trattenere in regione il gettito fiscale – in tutto o in parte – derivante dalla decentralizzszione dei servizi mettendo lo Stato in condizione di dover effettuare aggravi di spesa per garantire, comunque, alle regioni che non chiederanno l’autonomia differenziata, in tutto o in parte, i finanziamenti per mantenere i livelli essenziali di prestazione sulle materie lasciate da quelle regioni alla gestione accentrata statale.

Sembra proprio un bel pasticcio che incide ovviamente in negativo sulla tassazione della massa senza aver più a disposizione la solidarietà economica tra regioni.

Quello che stupisce è come il partito di maggioranza, che esprime oggi il Presidente del Consiglio, la cui linea politica è stata – ed è – per uno stato centrale forte, si sia prestato a fare esattamente il contrario.

L’evidenza farebbe supporre che l’autonomia differenziata sia stata usata quale moneta di scambio tra FdI, che mira ad una rapida approvazione del presidenzialismo, e la Lega, che punta invece a portare a casa in tempi brevi proprio l’autonomia differenziata per le regioni del nord.

Ciò che proprio non si comprende, inoltre, è con quale coraggio i parlamentari al governo (FdI, FI e Lega), eletti al centro sud, abbiano votato a favore di questa legge, che probabilmente penalizzera ulteriormente il Mezzogiorno e, quindi, il loro bacino elettorale, incrementando il divario tra nord e sud del Paese.

E intanto le masse sono incollate alla TV a tifare per la nazionale di calcio o diversamente bighellonare…

(Michele Russo – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

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