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“Brandelli d’Italia”, così la Schlein alla Camera ha apostrofato la maggioranza durante l’ultimo atto della folle corsa all’Autonomia differenziata

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Dopo una maratona notturna, a 14 ore dall’approvazione del premierato, arriva il sì definitivo alla Camera all’autonomia differenziata, con 172 voti favorevoli e 99 contrari. Il testo, voluto fortemente dalla Lega e dal ministro Roberto Calderoli, era già stato approvato dal Senato a gennaio. La riforma prevede la possibilità per le Regioni di gestire in autonomia diverse materie che oggi sono invece controllate dallo Stato. Tra applausi della maggioranza e proteste dell’opposizione che ha cantato l’inno di Mameli e sbandierato il tricolore, dopo dubbi sollevati da Forza Italia espressi da ordini del giorno di scarsa incidenza e la defezione dei deputati calabresi che hanno votato contro. La riforma prevede che le Regioni italiane possano gestire materie che oggi sono sotto il controllo dello Stato. Le materie su cui viene richiesta l’acquisizione di funzioni (ben 500 funzioni delegabili teoricamente) comprendono: a) scuola; b) università; c) ricerca; d) sanità; e) infrastrutture; f) assetto del territorio; g) ambiente; h) acqua; i) paesaggio; l) energia; m) beni culturali; n) lavoro; o) previdenza complementare; p) attività produttive: q) immigrazione; r) coordinamento della finanza locale. Il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. In realtà la riforma, che ha seguito un processo pericolosamente approssimato e senza una vera discussione nel merito, propone un regionalismo differenziato che non è anticostituzionale di per sé, essendo certamente previsto dalla (brutta) riforma del Titolo V del 2001, ma lo sono le modalità con cui si vorrebbe attuarlo. Elenchiamo solo tre elementi chiave che devono guidarci a comprendere la portata manipolatoria della Carta costituzionale da parte del ddl appena approvato: 1) il rischio che si configuri la nascita di regioni-stato con ampi poteri a scapito dell’esecutivo nazionale; 2) aumento del divario a danno dei territori più deboli nelle disponibilità economiche per la fornitura di servizi essenziali ai cittadini e alle imprese; 3) la spoliazione di potere legislativo dello Stato trasferendolo ad opache commissioni e creando una ferita sostanziale alla democrazia italiana. D’altra parte a favore di questa interpretazione si sono espressi molti organismi nel corso del 2023, istituzioni quali la Commissione Europea, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, il Servizio Bilancio del Senato e in modo particolare la Banca d’Italia, specie con la sua Memoria del 19/6/23, poi aggiornata da una successiva Memoria del 30/10/23. Cosa fare ora che e’ legge? Sarà indispensabile mettere in moto tutti gli strumenti democratici previsti dalla nostra Costituzione per reagire a questo disegno che mina alle fondamenta l’unità nazionale, l’uguaglianza sostanziale ed i diritti fondamentali finora garantiti a tutti i cittadini: ricorsi alla Corte costituzionale, referendum abrogativo, manifestazioni di cittadini reattivi e consapevoli.

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