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Ue, le incognite sul dopo-voto. Voci cattoliche dai quattro angoli d’Europa

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(Bruxelles) Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, acquisiti i risultati essenziali (seggi assegnati ai partiti nazionali, nomi degli eurodeputati eletti, futura composizione dei gruppi politici nell’emiciclo di Strasburgo…), aprono innumerevoli piste di riflessione. Basti pensare agli scossoni giunti alle politiche nazionali da un voto europeo, che dunque nazionale non è. Ne sanno qualcosa francesi, belgi, tedeschi e non solo. Interessanti inoltre le riflessioni che circolano sull’astensione (a livello Ue i votanti sono seppur di poco cresciuti, attestandosi al 50,93% rispetto al 50,66% del 2014 o, per un altro confronto, al 45,47% del 2004) oppure sull’aumento dei consensi alle forze nazionaliste o populiste, sul quale hanno messo in guardia anche i vescovi europei della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea). Alla luce di queste elezioni, Sir compie un breve tour in alcuni Paesi europei, raccogliendo voci e commenti provenienti da realtà del mondo cattolico.

Austria. Secondo il presidente del Consiglio dei laici cattolici (KlrÖ), Wolfgang Mazal, le elezioni europee hanno portato a risultati “contraddittori”. Da un lato avverte una “grande insoddisfazione tra la popolazione per il lavoro politico svolto negli ultimi anni”, ma dall’altro c’è anche una “chiara tendenza a rafforzare il centro politico”. Per Mazal nei prossimi mesi il compito politico più urgente riguarderà l’alleanza dei partiti centristi (il riferimento va a Popolari, Socialdemocratici e Liberali) a Strasburgo affinché “trovino un accordo per una cooperazione duratura nel prossimo Parlamento europeo”. Mazal invoca una politica “credibile che difenda i valori europei e promuova la coesione sociale”.

Germania. La presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (Zdk) Irme Stetter-Karp  sottolinea, toccando altri temi e alla luce dei risultati delle elezioni europee, che “in questa legislatura l’Ue deve continuare a sostenere i candidati all’adesione”. “Che si tratti della Georgia, della Moldavia, dei Paesi dei Balcani occidentali o dell’Ucraina: è tempo di allargamento e di riforme istituzionali”. La risposta alle sfide geopolitiche “è una rafforzata capacità di azione europea. Ciò include decisioni a maggioranza qualificata, in particolare nella politica estera e di sicurezza”. Marie von Manteuffel, portavoce politica europea dello ZdK, è allarmata “dall’aumento delle forze radicali ed estremiste di destra”. “La maggioranza filoeuropea al centro ha ora ancora più responsabilità nel rendere l’Ue più forte e sicura. Solidarietà, sussidiarietà e sostenibilità debbono continuare ad essere gli orientamenti politici europei”.

Spagna. Carlos Herrera, di Radio Cope, promossa dalla Conferenza episcopale spagnola, concentra il commento sulla realtà nazionale: “Il Partito popolare ha vinto le elezioni europee. Se queste elezioni erano state programmate come un plebiscito tra Sánchez (premier socialista – ndr) e Feijóo (leader Pp), ebbene il galiziano ha ottenuto quattro punti di vantaggio su Sánchez. La base elettorale del Pp è granitica, ma anche quella del Psoe”. Per Herrera le europee “sono elezioni con un unico collegio elettorale e con un grande tasso di astensione, e questo non aiuta a trarre conclusioni nette. Inoltre, alle elezioni europee si vota in modo diverso e gli elettori si concedono anche qualche stravaganza rispetto alle elezioni politiche”.

Portogallo. Fábio Monteiro, di Rádio Renascença, della Conferenza episcopale portoghese, dichiara: “Dal 10 marzo (ultime elezioni politiche – ndr) se le elezioni europee possono essere considerate un barometro nazionale, l’opinione pubblica portoghese non è cambiata molto. Almeno per i due partiti più votati: i socialisti del Ps e Ad, la coalizione di centrodestra. Ma mentre tre mesi fa Ad aveva vinto per un soffio, questa volta è prevalso il Ps”. Allo stesso tempo, è emersa una certezza: Chega (partito di orientamento nazionalista) “è il grande sconfitto della notte elettorale. Con il 9,8%, ha eletto solamente due eurodeputati”.

Romania. “Quest’anno, in Romania, se pur c’è stata una campagna elettorale per le elezioni amministrative piuttosto che per il Parlamento europeo – organizzate insieme –, sono stati più numerosi i cittadini che hanno espresso il loro voto per le elezioni europee (52,42%) che per quelle locali (50,02%)”, afferma al Sir don Tarciziu Serban, professore di teologia presso la Facoltà di teologia romano-cattolica dell’Università di Bucarest. “In più, l’affluenza alle elezioni europee è stata la più alta dall’entrata della Romania nell’Ue. C’è stato un reale interesse dei romeni per le sorti dell’Ue e i risultati disponibili finora mostrano che la maggioranza degli eletti sono dei partiti pro-europei. Entreranno però nel Parlamento europeo anche degli euroscettici romeni, con il sostegno della ‘diaspora’ romena, influenzata, probabilmente dal trend dell’Europa occidentale. Per l’Europa è, certamente, un momento importante, però speriamo che prevalgano sempre i valori impressi dai padri fondatori”.

Bulgaria. “L’avanzata dei nazionalisti che si vede dai risultati delle elezioni europee certamente non è una buona notizia per l’Europa”, afferma al Sir Nikolay Krastev, analista dei Balcani. A suo avviso, “ciò aumenterà la contrapposizione all’interno dei Paesi Ue e una chiara manifestazione ne sarà la posizione nei confronti della guerra in Ucraina”. Secondo Krastev “molti dei partiti nazionalistici sono legati alla Russia”. “Sicuramente l’esito del voto non crea ottimismo, anche per quanto riguarda l’integrazione europea dei Balcani occidentali. L’esito del voto europeo non promette un impegno serio da parte dell’Ue su questo tema”.

Lituania. Ieva Petronytė-Urbonavičienė, della testata cattolica on line “Bernardinai”, svolge una riflessione su quanto accaduto in Lituania, Paese baltico, vicino di casa della Russia. “In Lituania, poco più di un quarto, ovvero il 28,35%, degli elettori ha dichiarato la propria volontà civica. L’attività elettorale è stata inferiore rispetto alle ultime elezioni europee, quando queste avevano coinciso con le elezioni presidenziali lituane. L’affluenza era stata più bassa solo nel 2009, quando alle urne era andato il 21% degli elettori”. Da allora “l’importanza dell’Ue e del Parlamento europeo è aumentata. Su questo influisce il contesto geopolitico. Per i lituani l’aspetto della sicurezza è molto importante quando pensano all’Unione europea”.

Caritas Europa. “Sostenere la solidarietà e la giustizia globale”. L’appello viene da Caritas Europa, vista anche la crescita dei partiti di destra. “È importante creare un’Europa sociale. Per un terzo dei cittadini dell’Unione la povertà è un problema urgente”. Il segretario generale Maria Nyman afferma che Caritas Europa “si batterà per una Ue aperta alla migrazione, alla giustizia globale e allo sviluppo sostenibile”.

Regno Unito. Con un salto fuori dall’Ue, ma non dall’Europa, si approda nel Regno Unito. “La crescita dei partiti di destra rappresenta una sfida, per l’Europa e per la Chiesa, che verrà vinta se le classi politiche europee e nazionali sapranno investire nelle regioni più povere, quelle lontane dalle capitali, che si sentono escluse e scelgono i movimenti nazionalisti. In questo momento chi vive in periferia, anche se non è povero, non si sente capito dal centro”. Così Francis Davies, politologo cattolico, docente nelle università di Londra, Birmingham e Oxford, commenta per il Sir i risultati delle europee. “I politici, che abitano nelle capitali, non conoscono i bisogni di chi abita in periferia mentre, nel dopoguerra, i politici europei conoscevano i bisogni delle regioni più escluse e lontane”. Quindi aggiunge: “Il fatto che il centro politico abbia tenuto offre a Keir Starmer, il leader laburista che il prossimo 4 luglio secondo i sondaggi vincerà le elezioni politiche britanniche, la possibilità di una nuova collaborazione più stretta tra Regno Unito e Ue”.

(hanno collaborato: Carlo Galasso, Cristina Grigore, Silvia Guzzetti, Massimo Lavena, Iva Mihailova, Sarah Numico)

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