Il caso del Mostro di Firenze approda ancora una volta in Parlamento. Stavolta, a 39 anni dall’ultimo duplice omicidio compiuto dal serial killer delle coppiette, una interrogazione parlamentare si pone l’obiettivo di convincere il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a favorire l’utilizzo delle ultime sofisticate tecnologie in materia di genealogia per scovare un assassino mai trovato. A distanza di decenni continuano ad aleggiare dubbi e anomalie sui suoi crimini. Per l’ultima inchiesta – risalente a qualche anno fa – nel 2022 era stata chiesta l’archiviazione.

In un’interrogazione presentata al titolare del Viminale, la deputata del M5S Stefania Ascari, nonché componente della Commissione parlamentare sul femminicidio, ha rispolverato un vecchio episodio. In particolare ha ricordato come nel 1985, durante le indagini sull’ultimo delitto attribuito al Mostro di Firenze – diventato pochi mesi fa soggetto di una serie televisiva – a Scopeti, fosse stato ritrovato del Dna sconosciuto sui pantaloni della coppia di francesi Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot. Secondo Ascari, questo enigma potrebbe essere risolto attraverso l’impiego dei nuovi sistemi in materia: “Recentemente, tecniche avanzate di genealogia genetica hanno permesso di risolvere numerosi cold cases negli Stati Uniti, inclusa l’identificazione del Golden State Killer. Queste, attraverso il confronto dei dati genetici non elaborati, permettono di risalire fino ai cugini di quinto grado, facilitando così l’identificazione di parenti e, di conseguenza, del colpevole“.

La deputata ha quindi chiesto al ministro Piantedosi se “sia a conoscenza delle recenti scoperte e delle nuove tecniche di genealogia genetica” e “se intenda avvalersene” perché “è importante continuare a indagare dato che sono tanti gli aspetti misteriosi di questa vicenda criminale e una piena verità storica e giudiziaria non è ancora stata accertata”. Concludendo, Ascari ha aggiunto: “Le nuove tecniche potrebbero essere utili per risolvere altri casi, come quello dell’unabomber friulano“. Con quest’ultimo fa riferimento al bombarolo mai identificato, autore di numerosi attentati nel nord Italia fra il 1990 e il 2000.

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Genealogia Genetica Forense: come funziona e perché aiuta a chiudere i Cold Case

30.01.23 – Articolo di Riley Bell, traduzione di Giacomo Grisafi

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La rapida crescita della genealogia genetica investigativa l’ha resa una branca scientifica fondamentale nella risoluzione dei Cold Case.

Ma cos’è la genealogia geneticaLa genealogia genetica si occupa degli studi di parentela e consanguineità di diversi soggetti a partire da campioni di DNA. Utilizzata inizialmente per fini unicamente di ricerca, è stata nel tempo inclusa in ambito forense-investigativo fino a diventare uno degli strumenti più importanti delle indagini investigative.

Genealogia Genetica: Come funziona

Durante le indagini criminali, le forze dell’ordine analizzano in laboratorio campioni di DNA prelevati sulla scena del crimine, confrontandoli con i database a disposizione. Questi però, includono solo il DNA di persone con precedenti penali, rendendo la coincidenza con il DNA prelevato molto difficile.

Ed è qui che entra in gioco la genealogia genetica, in grado di calcolare le relazioni e il grado di parentela di due o più soggetti con un approccio basato su algoritmi e software bio-statistici, che permettono di rintracciare il grado di parentela anche oltre il secondo o il terzo grado. I software a disposizione possono ricostruire un vero e proprio albero genealogico a partire da un campione di DNA prelevato sulla scena del crimine, a prescindere dalla sua presenza nei database nazionali.

Genealogia Genetica, Cold Case e il problema etico

La genealogia genetica è una preziosa alleata nei cosiddetti Cold Case, casi irrisolti che appartengono al passato, e che proprio grazie a questa tecnica scientifica possono trovare soluzione anche a distanza di decine di anni. Si tratta di situazioni in cui sono ancora disponibili reperti biologici appartenenti al colpevole, dai quali però le tecniche rudimentali non permisero all’epoca di risalire all’identità.

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È il caso per esempio del Golden State Killer, accusato negli Stati Uniti di aver commesso 15 omicidi, 50 stupri e un numero imprecisato di rapine tra il 1974 e il 1986. L’uomo è stato indentificato nel 2018 proprio grazie alla genealogia forense, a distanza di quasi 50 anni dai crimini commessi.

Ma per quanto diventata un pilastro delle indagini investigative, l’utilizzo della genealogia genetica in ambito forense lascia aperto un importante dibattito etico soprattutto negli Stati Uniti, dove se ne fa un largo uso. I software di cui si avvalgono le forze dell’ordine per le loro analisi infatti, sono gestiti da società private. Questi software conservano informazioni riguardo al DNA di migliaia di persone, aprendo un importante tema sulla tutela della privacy, non sempre garantita quando poi le forze dell’ordine attingono a questi database per le loro indagini.

Il problema è sorto, per esempio, nel caso di William Talbott II, accusato di aver ucciso una coppia di giovani canadesi proprio grazie alla genealogia forense, a oltre trent’anni di distanza dai fatti. Per risalire al colpevole, la polizia americana confrontò il DNA del soggetto ignoto con soggetti della popolazione locale scelti in modo casuale, arrivando all’identificazione di una persona che, grazie ai calcoli della genealogia forense, apparteneva allo stesso ceppo familiare dell’ignoto. Una volta ottenuta questa informazione, la polizia cominciò a indagare sulla famiglia di questa persona, arrivando all’identificazione di Talbott II, un cugino di secondo grado il cui DNA corrispondeva perfettamente con quello ritrovato sulla scena del crimine anni prima.

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In questo caso, la difesa cercò di screditare l’ipotesi di accusa proprio facendo perno sulla violazione della privacy dei soggetti sottoposti all’indagine, spesso a loro insaputa. L’istanza venne respinta, ma aprì le porte a un problema etico con cui le indagini americane sono oggi costretti a confrontarsi.

Genealogia Genetica in Italia, il caso di Yara Gambirasio

In Italia la genealogia genetica non è ancora sfruttata al massimo del suo potenziale, anche se il primo importante precedente storico ha risolto un caso dai grandi risvolti mediatici, l’uccisione della tredicenne Yara Gambirasio. Per arrivare all’arresto di Massimo Bossetti ci vollero 4 anni, quando il DNA ignoto ritrovato sui vestiti della vittima venne analizzato tramite uno screening genetico della popolazione locale, e da lì attribuito prima ai familiari di Bossetti, e poi allo stesso colpevole.

La genealogia genetica non è uno strumento in grado di risolvere qualsiasi caso, dato che molti sono i Cold Case che questa moderna tecnica scientifica non è riuscita a dipanare. Ma rappresenta, in conclusione, un valido strumento a supporto delle forze dell’ordine, pur portandosi appresso un problema etico di tutela della privacy che non deve essere ignorato.