Crisi idrica. Ad Agrigento, allarme senza fine. La Chiesa in marcia al fianco dei cittadini
Da circa 20 giorni senz’acqua i residenti del centro storico di Agrigento. Così è montata la protesta che ha dato vita a una marcia, mossa dal Cartello sociale.
Due i principali problemi che hanno causato questa crisi: i bacini vuoti e la rete idrica colabrodo. Una delegazione è stata ricevuta dal sindaco a cui sono state rappresentate le istanze dei cittadini, contenute in un “documento sintesi” al quale il primo cittadino si è impegnato a dare risposta nei prossimi giorni. “Tantissime associazioni hanno partecipato all’organizzazione della marcia – spiega don Mario Sorce, direttore dell’ufficio di pastorale sociale e del lavoro, parte del Cartello sociale assieme al alcuni sindacati -. Al sindaco abbiamo consegnato un documento con misure immediate per far fronte alla crisi: aumentare il volume di acqua e un intervento straordinario della protezione civile per sistemare il dissalatore di Porto Empedocle, che in caso di emergenza è una soluzione tampone”.
Una soluzione definitiva, invece, sarebbe il rifacimento di rete idrica. “Sappiamo che sono pronti 38 milioni di euro per rifarla. E chiediamo di dare subito inizio ai lavoro, anche entrerebbe a regime tra tre anni”.
Questa la vicenda, ma il dato è anche un altro. E lo spiega bene don Mario Sorce: “Come Chiesa sentiamo la necessità di dare risposte alla nostra gente, vogliamo fare sentire la voce di chi non ha voce”. Al fianco dei cittadini, anche l’arcivescovo Alessandro Damiano, che ha partecipato alla marcia: “L’acqua è vita e si declina in tante cose: l’acqua domestica, quella per le attività commerciali e per l’agricoltura. Senz’acqua non si può vivere. Vogliamo fare sentire la nostra voce non contro qualcuno, ma in favore dell’acqua, per una equa distribuzione”.
“L’importante è esserci in modo libero senza partigianerie perché l’acqua è uno di quei doni della creazione che è destinato a tutti. Ma pare che non sempre sia così”.
Dal grido “Vogliamo l’acqua” al documento delle associazioni. Il testo riconosce che “i comuni, da soli, possono fare ben poco oltre ad occuparsi (magari con un certo anticipo) di come fronteggiare la carenza idrica prima che la situazione raggiunga livelli di emergenza”. E denuncia un fenomeno: “Ci sono anche i tanti abusivi – si legge nel documento – che non sono mai stati perseguiti da chi avrebbe la responsabilità di farlo. Inoltre, la corretta depurazione, così come qualsiasi altra azione per rispettare l’ambiente circostante, dovrebbe essere una priorità. Nel passato, l’autorità giudiziaria ha accertato tante gravi inadempienze che oggi, a distanza di dieci anni, rimangono sostanzialmente presenti, con interi quartieri che, pur pagando in bolletta i canoni per la fognatura e la depurazione, ne usufruiscono solo in minima parte”. Ai sindaci, che dovrebbero farsi portavoce dei propri cittadini il documento chiede “di vigilare sulla realizzazione dei nuovi depuratori, sul pieno rispetto dell’ambiente, ma anche sulla corretta applicazione del sistema tariffario previsto dalla legge”.
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