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Tannico  Le parole del vino /Relativo al tannino, classe di composti fenolici contenuti soprattutto in cortecce e legno; di vino, ricco di tannino e perciò di sapore astringente / dal francese tannique, derivato di tanner ‘conciare’, da tan ‘concia’, che risale alla voce gallica ricostruita come tannos ‘quercia’. «È un vino molto tannico, va accompagnato bene.»

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Tannico Le parole del vino/  tàn-ni-co SIGNIFICATO Relativo al tannino, classe di composti fenolici contenuti soprattutto in cortecce e legno; di vino, ricco di tannino e perciò di sapore astringente

ETIMOLOGIA dal francese tannique, derivato di tanner ‘conciare’, da tan ‘concia’, che risale alla voce gallica ricostruita come tannos ‘quercia’.

  • «È un vino molto tannico, va accompagnato bene.»

Sagrantino, nebbiolo, aglianico, sangiovese sono dei vitigni famosi per essere tannici — e possiamo avere idea che questo significa che una componente del loro gusto è amara, astringente, che tende ad allegare, allappare, e a lasciare in bocca e sui denti una sensazione di asciuttezza. Ma non è un dato banale. Risalendo il fiume dell’etimologia sulla pista dei tannini ci troveremo in luoghi linguistici sorprendenti che vanno molto oltre il vino, e che saranno in grado di chiarirci le idee.

Parlando di vino un francesismo in più non ci sorprende, ma questo è un gallicismo nel senso più proprio del termine. Il termine gallico ricostruito come tanno significava ‘quercia’ — il gallico è una lingua celtica estinta, che negli ultimi  avanti Cristo era diffusa nelle attuali aree di nord Italia, Svizzera e Francia. Le lingue celtiche non hanno avuto in seguito una grande fortuna, arroccandosi nel nord-ovest d’Europa, fra Bretagna e Isole; però sopravvivono, e ad esempio il termine bretone tann significa giusto ‘quercia’.

I popoli antichi sapevano che la corteccia frantumata della quercia (in particolare ma non solo) era in grado di liberare delle sostanze utilissime per la concia delle pelli. La pelle animale si putrefà, ma se è trattata con una soluzione tannica allora si fa cuoio, e si può conservare e impiegare per gli usi più disparati. È strano a pensarci, ma quella sensazione che ci dà in bocca il più costoso vino della Médoc è dovuta alle sue proprietà… concianti.
Vale anche la pena notare che, con nordica, ruvida poesia, questa concia viene raccolta nell’omologo inglese dell’abbronzarsi, ossia to tan.

Naturalmente il nome francese tanin, per indicare questa classe di composti chimici che si trova in legni, cortecce, foglie (anche il tè è tannico), frutti, è moderno, della fine del Settecento (qualcuno lo attribuisce al chimico Joseph Louis Proust, che lo ottiene a partire da tan nel senso di ‘concia’). Questo è un momento storico in cui albeggiano la nostra scienza e la nostra industria, che impiegheranno i tannini (anche sintetici) per inchiostri, tinture, conciature e via dicendo.

In apertura anticipavamo che alcuni vitigni, cioè tipi di vite e quindi di uva, si distinguono per tannicità, ma le bucce dell’uva non sono le sole fonti di tannini che troviamo nel vino. Le botti (ecco che ritornano le querce!) rilasciano altri genere di tannini nel vino che conservano — e se a volte la casa produttrice ci tiene a ragguagliarci sulla storia della botte e sul tipo di legno in cui il vino è invecchiato, è per l’ che hanno sul vino, anche dal punto di vista dei tannini.
Una botte nuova di rovere del Limousin o di castagno trasfonderà molto in ciò che conserva, mentre una botte vecchia, che ha già visto diversi passaggi di vino, fatta con rovere di Allier o di Slavonia, sarà capace di guidare un invecchiamento più raffinato. Peraltro, invecchiando, i tannini evolvono e si smorzano, e quelli che in un vino giovane e arrogante erano amari e duri si domano, si levigano, si fanno velluto.

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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