La solitudine dell’elettore* di Vincenzo D’Anna*
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La solitudine dell’elettore* di Vincenzo D’Anna*
L’incipit più adeguato per introdurre questo articolo sulla diffusa indeterminatezza di coloro che stanno per recarsi alle urne (ammesso che alla fine, decidano di accedervi, senza infoltire il partito di maggioranza di quelli che disertano il voto), è di Ennio Flaiano, l’intellettuale, scrittore, sceneggiatore che, nel secolo scorso, ha saputo, con arguta ed ironica compiutezza, descrivere l’indole profonda degli abitanti del Belpaese: “appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e che aspettano. Cosa Che tutto si chiarisca L’età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità.
Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarcele. Io ne subisco gli effetti“. Sì, perché,”quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che non contrasti i loro interessi. Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare uno storico dell’arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il barocco sulla nostra psicologia. In Italia infatti la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi”. Insomma: un autentico affresco sulla cultura ed il modo di essere dell’italiano medio, di quella antica stirpe fatta di persone che si barcamenano nella vita elevando al rango dell’intelligenza la furbizia e l’opportunismo. Un’intera categoria che ancora oggi guarda alla politica come un espediente per ottenere vantaggi: eterni clienti che praticano il mestiere degli elettori, riuniti in blocchi sociali che presumono di essere migliori del ceto politico che essi stessi liberamente eleggono, salvo definirsi “società civile”. Una definizione che si sono attribuiti molti nostri connazionali per marcare la distanza con coloro che, in ogni epoca, si distinguono nell’agire politico amministrando gli enti locali e lo Stato stesso. Questa schiera autoreferenziale si è infoltita con l’avvento della cosiddetta seconda repubblica, la cancellazione dei partiti politici di massa, di quelle forme democratiche e partecipate, basate sul retaggio ideologico e storico dei movimenti politici nati nel secolo breve, chiamati dalla stessa Carta Costituzionale a fare da anello di congiunzione tra i cittadini e le istituzioni. In questo vuoto si sono infilati i partiti di plastica, conformati come ditte personalizzate che ignorano sia la scala dei valori etici, politici ed economici, su cui costruire la proposta politica ed il confronto tra idee e progetti di società concordi oppure alternativi, sia la prassi politica.
Questo è il contesto culturale nel quale è maturata la nuova stagione politica. Un’epoca peraltro già vecchia di trent’anni dal suo sorgere dalle ceneri di Tangentopoli e dal crollo del Comunismo e, quindi, dalla necessità di creare una perenne alternativa al medesimo, come imponeva la logica dei blocchi contrapposti imperniati intorno alle teorie del liberalismo e del marxismo. Quando le cose finiscono per somigliarsi, quando mancano le alternative politiche e tutto guazza in un indistinto qualunquismo, che vive del contrasto e della critica preconcetta e dell’opposizione quotidiana su qualunque accadimento, gli elettori si allontanano sempre di più. La cosiddetta società civile che ormai si esprime sui social attraverso il fiume di opinioni e di notizie prive di riflessione, forma l’opinione pubblica e con essa il vago sentimento che tutto ciò che viene dalla politica sia marcio ed alimentato da inconfessabili interessi. Resta quella parte di elettorato prona alle logiche dei piccoli traffici e delle clientele della politica politicante, che si reca ai seggi elettorali perché allettata da un vantaggio, una prebenda, una promessa particolare. Mai come in questo tempo, la scelta tra i competitori si fa difficile e si stenta, al di là delle idiosincrasie, tra i titolari delle ditte partito, a scegliere chi votare. L’Europa è da sempre ritenuta lontana, da alcuni vista come un’istituzione che limita la sovranità nazionale, da altri un coacervo di norme che si sovrappongono a quelle già pletoriche del parlamento nazionale, che piegano i cittadini ad una servitù senza gioia, succubi dell’iperplasia burocratica di Bruxelles.
Come andrà a finire difficile prevederlo, se non che quella metà di elettori aventi diritto al voto che alla fine si recherà ai seggi non sposterà granché lo stato delle cose. La vera partita si giocherà all’interno degli schieramenti di Destra e Sinistra secondo gli indici percentuali delle singole componenti, in quella rete d’arabeschi che lega due semplici punti.
*già parlamentare
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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