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Attualità

Nel palazzo Ducale di Parete si nasconde Moles: un ristorante che racconta e valorizza il territorio.

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C’è un ristorante celato nel Palazzo Ducale di Parete, che ci siamo persi per troppo tempo. La sua cucina vale il viaggio.

Un progetto ambizioso che comunque si fa notare in una realtà provinciale è quello dei due imprenditori locali, Giuliano D’Alterio e Francesco Aversana proprietari di Moles ristorante sito a Parete, dentro le mura dello storico “Palazzo molto magnifico” così descritto dalla nobile famiglia Moles (da qui il nome) che un tempo vi risiedeva.

Il ristorante, composto da due sale e circa trenta coperti, offre una location prestigiosa e fiabesca, immersa tra dipinti e mobili antichi, che permette al cliente di vivere un’esperienza fuori dal comune, quasi come un viaggio nel tempo.

Al comando della cucina troviamo Giuliano D’Alterio giovane chef campano, nel suo ristorante propone una cucina moderna ed essenziale ma che al contempo punta a riportare in tavola la storia, i sapori e i piatti che rispecchiano la nobiltà della casata attraverso prodotti locali e non.

Inizia la sua carriera a Londra come lavapiatti, per esigenza, ma in seguito affascinato ed incuriosito dalla seducente arte culinaria, capisce che la sua strada sarebbe stata quella del cuoco.

Dopo esperienze rinomate, tra cui: a Roma presso Enoteca Costantini e la Pergola, in Trentino, Sardegna e in Toscana come sous chef, nel 2019 torna a casa e decide di raccontare la sua storia, dando vita a Moles.

Uno stile minimal rispecchia D’Alterio, i suoi piatti si distinguono per cromaticità di colori e per i pochi ma buoni ingredienti usati.

Una forte dedizione per i prodotti del territorio, grande amante dei latticini e dei vegetali, soprattutto quelli locali, ma non solo, si destreggia nella nobile arte bianca con egregi risultati.

Piccola ma curata la proposta a la carte, in continuo aggiornamento a seconda della stagionalità e reperibilità degli ingredienti, arricchisce il menù una selezione di carni e uno spazio dedicato alla frollatura.

Sono presenti tre menù degustazione: il primo da 55 composto da 4 portate, uno da 75 composto da sei ed uno da 95 a mano libera dello chef.

La carta dei vini, invece, è ampia e ben fornita, in più è presente una selezione di cocktail a cura di Francesco Aversana, mixologist di Moles.

In sala, Francesco è affiancato da Luigi Ferrante, figura presente e dinamica fin dall’apertura, risulta preparato ed attento nella spiegazione dei piatti i quali ci ha decantato con orgoglio e professionalità.

Optiamo per il menù degustazione da sei portate con wine pairing.

Aprono le danze gli amuse bouche composti da: un “pettinato” cestino di frolla con un cremoso alla carbonara e una polpettina di minestra maritata (zuppa a base di carne di maiale e verdure) con una maionese piccante, notevole quest’ultima, ricorda i profumi d’infanzia, quando nei periodi di festa nelle case partenopee ne ribollivano enormi pentoloni.

Grande attenzione sui lievitati (artigianali), di ogni tipo: grissini, pane integrale, focaccia classica ed un soffice danubio salato dal colore ambrato, con un inebriante sentore di cannella, perfetto da intingere.

In accompagnamento ai lievitati ci viene servita un’eccellenza del territorio, olio società agricola Li Campi vincitore del premio miglior olio italiano Bibenda 2023.

In virtù dell’estate lo chef propone come antipasto un piatto fresco e delicato, ricorda una cheesecake salata che però cheesecake non è: tartare di manzo composta da tre strati: una base di carne, crema di avocado, concassè di pomodoro cuore di bue e sesamo tostato.

Ottima qualità della carne, pochi ingredienti ma ben abbinati, il sesamo tostato rimane indispensabile per donare una nota croccante al piatto.

La prima portata viene definita il “signature dish del ristorante, nonché il più richiesto”, ci dice lo chef, si tratta di un carciofo in tre cotture: vapore, fritto e alla brace, farcito con pane in cassetta, porro e colatura di alici a donare ulteriore sapidità e gusto al ripieno, viene adagiato su una fonduta di pecorino e bagnato da un amaricante olio all’alloro, infine viene guarnito con una cenere e bruciato con il cannello, ricordando a “carcioffl arrustut” (carciofo arrostito) come tradizione vuole.

Un piatto che sposa a pieno il pensiero di Giuliano, cioè riportare in tavola i sapori della tradizione con tecniche moderne, ulteriore nota di merito per la presentazione e scenografia del piatto.

In abbinamento ci viene proposto un Conegliano Valdobbiadene superiore che contrasta e pulisce il sapore ferroso del carciofo. Prosit!

Divertente e conviviale lo “spicchio di pizza” che allontana dall’idea troppo formale di degustazione, anche se in realtà viene servito come portata.

Trancio di pizza in forno elettrico (impasto 100% biga), base tre formaggi, fonduta di pecorino, parmigiano 24 mesi e a freddo un cremoso al provolone, a guarnire una marmellata di arance amare (autoprodotta) che dona equilibrio e leggerezza al palato, infine una menta all’olio per un tocco fresco e balsamico.

Stesso impasto del pane, viene stagliato e messo nei ruotini come veniva fatto una volta, risulta alveolato, croccante e scioglievole al morso.

Portata dopo portata lo chef inizia a scoprire le carte, lasciando in parte percepire il suo stile di cucina, che è quello di giocare con pochi ingredienti, sui contrasti, bilanciamenti, forme e consistenze.

Vincente e interessante l’abbinamento con questa birra a chilometro zero, di un produttore locale, ambrata con un sapore amaricante ma al contempo leggera e beverina.

Sapori decisi distinguono la prossima portata: riso mantecato con burro acido di bufala (autoprodotto), Parmigiano Reggiano 36 mesi e aceto balsamico invecchiato 35 anni.

Piatto eccellente ma complesso, ogni ingrediente è centellinato, il burro acido rende il piatto cremoso e armonioso nei sapori, sublime l’accostamento con il balsamico che svolge a pieno il suo lavoro, utilizzato a crudo e versato a piccole gocce sullo stagionato Parmigiano Reggiano, in bocca un gusto rotondo.

Un buon calice di Pallagrello Nero si abbina a pennello ad uno dei piatti più avvolgenti della serata, facciamo un salto in Sudamerica, parliamo di una Picanha cotta a bassa temperatura (72 gradi), nascosta da croccanti zucchine marinate, spuntoni di panna acida, chimichurri, a guarnire pomodorini semi canditi ed erbetta cipollina.

Rivediamo un ricordo non troppo lontano del tradizionale churrasco per sapori e accostamenti, tenera e succulenta la carne, servita a carpaccio con il suo grasso sapido e scioglievole, condita con la classica salsa chimichurri che sposa perfettamente, ogni ingrediente in bocca funziona ed è come un gioco, ogni ingrediente richiama l’altro.

Si chiude in dolcezza con una piccola degustazione di dolci: una tartelletta con mousse al caffè e polvere di liquirizia funge solo da apripista ad una goduriosa bomba in due cotture prima a vapore e poi fritta, farcita con un profumato e setoso mascarpone al caramello salato.

Dulcis in fundo lo chef ci prepara a tavola un Babbà imbevuto ed impreziosito da un gradevole rum alle pere, coulis di mandarino e panna montata alla vaniglia.

Buono e sfarzoso il babbà, volutamente diverso da quello tradizionale, più compatto e meno alveolato per avere una maggior struttura quando viene servito e montato a tavola.

L’attenzione ai dettagli e l’uso sapiente dei lievitati, rendono l’esperienza culinaria di Moles unica e memorabile.

di Vincenzo Carbone

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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