Cricchiare / Dare un suono secco, scricchiolare / «Credo si sia rotto, mi ci sono seduto sopra e ha cricchiato.»
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Cricchiare
cric-chià-re (io crìc-chio)
SIGNIFICATO Dare un suono secco, scricchiolare
ETIMOLOGIA voce onomatopeica.
- «Credo si sia rotto, mi ci sono seduto sopra e ha cricchiato.»
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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Corriamo all’esito estremo di un filone di parole che derivano una dall’altra, raggiungendo un termine complesso che sembra supremo ed efficacissimo e sommamente adatto a rendere una quantità di suoni; nella fretta ci cadono molte osservazioni, e in fondo troviamo un tesoro che però non la dice proprio tutta.
Partiamo da questa fine, che è il verbo scricchiolare. Che suono stupefacente! Secco, crepitante, protratto — e con che eloquenza! Infatti lo scricchiolare è un suono promettente, Certo, il piancìto di legno che scricchiola, il pane secco che scricchiola nelle fauci del cagnetto sono suoni che non raccontano altro, ma lo scricchiolare può narrare anche un principio di incrinatura, di rottura, in senso concreto (come quando lo sgabello inizia a scricchiolarci sotto al boffice) e in senso figurato (come quando una ricostruzione dei fatti scricchiola). È una meraviglia quattrocentesca, ma questi caratteri così definiti e ben accordati sul manico della lingua possono anche essere un limite.
‘Scricchiolare’ è un verbo formato con diversi affissi — s-cricchi-ol-are — e non ci stupirà scoprire che deriva da uno ‘scricchiare’ oggi desueto, dotato di un infisso -ol(o)- che vezzeggia e diminuisce. Più sorprendente è scoprire che il padre ‘scricchiare’ è attestato oltre un secolo dopo il figlio ‘scricchiolare’ — a testimonianza della trovata efficacissima che è lo scricchiolare, rapacemente accolto nella lingua scritta. Ma non è tutto.
‘Scricchiare’ deriva da ‘cricchiare’ (entrambi ci risultano messi nero su bianco la prima volta da Agnolo Bronzino, squisito pittore del tardo Rinascimento). Recuperare le onomatopee originali, togliendo i pezzetti che sono stati aggiunti a un termine per modularne e migliorarne l’efficacia, per renderlo più forte, più sottile, riesce a riportarci all’intuizione pura della voce onomatopeica, fonosimbolica, suono naturale reso da una parola che imita un suono naturale.
Il cricchiare non ha l’incertezza allusiva dello scricchiolare, il suo essere cominciamento: inchioda secco e dritto un suono. Cricchia il ramo che si spezza, cricchia la vecchia porta che si spalanca, cricchiano le foglie secche su cui ora ci sediamo, cricchia il legno della barca quando prende abbrivo, cricchiano i rami quando collassano nel falò, cricchiano le articolazioni nello sforzo, cricchiano le castagne che rotolano sul fuoco, cricchia nel silenzio della notte il tarlo.
Niente esiti figurati, significati ideali. Abbiamo solo, mutata in verbo, l’intuizione prima di un suono da rendere come cric — da insetto, da foglia, da legno, da osso. Una parola chiara, squadernata e premurosissima nel restare aderente al rumore che significa, imitatrice straordinaria, amichevole.