Quello che è riemerso dal fango. Come Faenza è cambiata
Mentre si cammina per le strade del Borgo, all’apparenza sembra di stare in una città come le altre. Per chi riesce a vederli, i segni dell’alluvione sono ben visibili, ma bisogna saperli cogliere. Dal silenzio che aleggia attorno alla scuola di musica in via Pellico, al piazzale della palestra Lucchesi che resta sempre mezzo vuoto, fino a quella saracinesca di fianco all’impresa edile Melandri ancora a mezza altezza.
È possibile vedere però anche altri tipi di segni: un’abitazione alluvionata in via Cimatti ha ora un giardino ricoperto da rose e fiori, nati da quel fango che un anno fa sommergeva tutto. Come quelle rose, qui le attività cercano di ripartire.
“Come Artistation dopo l’alluvione ci siamo divisi le lezioni tra le scuole Strocchi, Sant’Antonino e la sala prove del Pavone d’oro – racconta il titolare Mattia Lucatini -. È stato un anno positivo perché nonostante la difficoltà le famiglie hanno capito la situazione, il numero degli alunni è rimasto invariato e gli insegnanti si sono adattati alla grande. Speriamo di riaprire per settembre, confidando nei rimborsi dello Stato. Intanto siamo partiti, abbiamo fatto accordi con i fornitori che hanno capito la situazione£. Ci spostiamo alla palestra Lucchesi. £La situazione è ancora compromessa – racconta il presidente del Faenza Lotta, Giovanni Morsiani -. Abbiamo sistemato il salone coi tappeti per gli allenamenti. Abbiamo tanti bambini e bambine che fanno sia lotta sia ginnastica artistica, ma manca tutto il resto: non ci sono spogliatoi né acqua calda. La sala pesi è ancora compromessa, per tutte le attrezzature ci vogliono 350mila euro. Stiamo aspettando i fondi per i lavori degli spogliatoi. Gli unici contributi arrivati sono stati usati per il tetto, ma è una cifra irrisoria rispetto al quasi 1,2 milione di euro che serve per rifare tutta la struttura, senza contare i 500mila euro di materiale andato perso. Senza fondi non si fa nulla”.
Chi ha chiuso e chi ha riaperto. Le ferite, a distanza di un anno, sono ancora aperte. Nel quartiere Bassa Italia molte case costruite nel dopoguerra soprattutto su via Lapi e via Carboni, sono tutt’ora disabitate. Luogo simbolo della tragedia è la scuola materna “Il Girasole” di via Calamelli: verrà ricostruita con fondi statali, forse nell’area antistante ma bisognerà aspettare fino al 2026. Scendendo lungo via Lapi, saltano all’occhio le chiusure della pasticceria, del centro estetico e della sede del circolo “Macrelli”.
Tra i ‘sopravvissuti’ c’è Luca Alvisi, titolare dell’edicola finita sotto 6 metri d’acqua, uno dei primi a dire che avrebbe riaperto. “Il chiosco, nonostante la furia dell’acqua, – racconta – è rimasto in piedi. Le persone mi hanno chiesto da subito di tornare, volevano che il quartiere non morisse. Ho ricevuto un aiuto enorme dalla gente – prosegue – ma dallo Stato sono arrivati solo 400 euro, 500 per la precisione, ma tassati. Molte case del quartiere sono ancora vuote”. Poco lontano, in piazzale Ferniani hanno rialzato la testa solo il bar e una parrucchiera, ma sono ‘spariti’ una tabaccheria, una lavanderia, una macelleria, un negozio di pasta fresca e la sede del circolo del Pd. “Mi sono trasferita qui tre anni fa – racconta Maria Teresa Bertuzzi, titolare del caffè Ferniani, per tutti ‘la Teresina’ -. Il bar è stato travolto da 4,80 metri d’acqua: ho dovuto ricostruire tutto, ovviamente a spese mie, perché ho ricevuto solo 4mila euro di aiuti statali. Abito qui di fronte, anche la casa è finita sott’acqua, ma l’appartamento sono riuscita a salvarlo. I primi piani delle case – prosegue la signora Bertuzzi – non sono ancora agibili, al punto che qui in pochi sono rientrati. Dalla furia dell’acqua ho salvato solo qualche tavolo e le sedie, per questo comprendo benissimo chi non se l’è sentita di riaprire. Io ho perso mezza casa, il bar e la macchina”. Le vetrine dei negozi di piazza Ferniani sono ancora sporche di fango, molti dei locali sono tuttora inagibili.
“Ho ricostruito tutto, l’acqua da me ha raggiunto i 3 metri e 60 – racconta Barbara Bambi, titolare del B&B Style – Mi hanno aiutato mio marito e mio figlio, che però fanno un altro mestiere. Sono rimasta grazie ai risparmi che avevo e a donazioni di parenti e amici. Dallo Stato ho ricevuto solo 1.200 euro”.
Con Barbara c’è una cliente. La sua abitazione si trova in via Orzolari ed è stata sommersa da nove metri d’acqua. È tornata a casa da appena due settimane, al piano terra, dove acqua e fango si sono portati via tutto. “Anche la casa di mia figlia è stata danneggiata – racconta – abita sopra di me e lì l’acqua è arrivata a un metro e 70 cm. La casa è a posto adesso, ma ho dato fondo ai risparmi di una vita”.
Per contrasto, nella piazzetta dell’Orto Bertoni sono ripartite da mesi tutte le attività. Situazione opposta per buona parte del piano inferiore del Centro Marconi, abbandonato da un ristorante e da uffici. In corso Saffi spiccano negozi vuoti, come la gelateria, che non riaprirà più, e la tabaccheria. Tra chi è ripartito, ci sono i due negozi della famiglia Fanti. Filippo e la moglie Lara gestiscono il negozio Luce e design. “Avevamo aperto da appena un mese e mezzo – ricordano – i danni sono stati enormi. Abbiamo quantificato 160mila euro solo di materiale, poi un camion è andato distrutto, insomma in tutto sono 200mila euro”. Di rimborsi, manco a parlarne, “siamo tre soci, abbiamo ricevuto 400 euro a testa. I tecnici li stiamo pagando noi. Forse la prossima settimana riusciamo a inserire le domande”.
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