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Roberto Napoletano

 

Le grandi trasformazioni avvengono quando la consapevolezza di sostituire il piagnisteo con il fare operoso diventa fiducia contagiosa. Produce organizzazione. Valorizza il buono che già c’è, così poco conosciuto, e attrae capitali nazionali e internazionali. Consente di adottare modelli di lavoro competitivi e di presidiare le catene di distribuzione. Trattiene i talenti giovanili perché scelgono di vivere dove i propri disegni di crescita professionale e di qualità della vita si possono realizzare meglio. Il lavoro produttivo è il futuro.
Viviamo in un mondo capovolto segnato da nuove centralità. La prima riguarda la pandemia che ha riconfigurato le catene globali della logistica accorciandole. La seconda è legata ai carri armati di Putin in Ucraina che hanno spezzato i fili dell’asse Est-Ovest togliendo alla Germania il vantaggio delle materie prime energetiche russe e dei chip cinesi a basso costo e rilanciando il nuovo asse Sud-Nord con al centro il Mediterraneo. La terza prende corpo con il conflitto mediorientale che si aggiunge alla polveriera a cielo aperto dell’Africa e mette in gioco il patrimonio di speranza, fatto di risorsa giovanile e di giacimenti di materie prime energetiche e terre rare, che appartiene al Mediterraneo allargato e obbliga l’Occidente a fare i conti con la crescente pressione demografica del Sud globale.
In questo nuovo scenario geopolitico Napoli è la Capitale del Mediterraneo e il Mezzogiorno italiano non è più periferia, ma centro: motore di pace e sviluppo nell’area cruciale del nuovo mondo, luogo di incontro delle religioni, suo potenziale grande hub energetico e possibile Eldorado dei capitali internazionali. Diventa sempre più agli occhi degli investitori globali uno spazio vitale per l’Italia e per l’Europa. È cambiato il paradigma. Da area marginale a opportunità storica per il Nord del Vecchio Continente e per la sponda Sud del Mediterraneo. Opportunità storica, soprattutto per noi, se ne saremo all’altezza.
Il Mezzogiorno italiano è oggi il primo dei Sud del mondo in prevalenza autocratici, banalmente perché è il più sicuro, regolamentato con le normative di un Paese del G7, collocato in una postazione strategica che nessuno può toglierci. Il nuovo Sud ha contribuito in misura significativa al primato italiano di crescita europea dal post Covid a oggi e può ambire a unire progressivamente il Paese anche sul piano economico e sociale. Assicurando finalmente il contributo che è mancato per decenni alla crescita nazionale e facendo in modo che diventi strutturale e duratura. Tutto ciò, però, è possibile a patto che si verifichino due condizioni.
Prima condizione. Cambi la narrazione del nostro Sud, che non significa inventarne una, ma documentare il valore che ha e troppi ignorano perché la citata fiducia contagiosa che ne discende aiuti a completare il grande lavoro che resta da fare. Quanti sanno che nel 2023 Napoli e la Campania sono state la prima città e la prima regione per crescita di export manifatturiero? Che nell’inverno italiano dell’auto targato Stellantis la capitale non è più Mirafiori, ma Pomigliano d’Arco con il suo patrimonio di tecnologia e di ingegneri specializzati? Quanti sanno che Bari è un’eccellenza per la cybersicurezza e Catania per i pannelli solari del futuro? Che il primato dell’intelligenza artificiale è dell’Università della Calabria Che la gran parte della nuova occupazione stabile nel Mezzogiorno riguarda le professioni di domani, il digitale e l’innovazione? È chiaro a BlackRock e all’Agenzia internazionale per l’energia, ma quanti di noi sono consapevoli che l’alimentazione dei data centers nel mondo, necessari per il funzionamento dell’intelligenza artificiale, avrà bisogno di energia elettrica pari a quella prodotta ogni anno dal Giappone per sostenere la sua economia, e che il Mezzogiorno italiano è tra i candidati per la loro localizzazione grazie al suo enorme patrimonio di risorse naturali?
Seconda condizione. Vanno rimossi i macigni del ritardo strutturale italiano che ha portato ai divari abnormi di Pil pro capite tra Nord e Sud, aree metropolitane e interne, le distanze nel lavoro giovanile e femminile e lo spopolamento che tanto danno arrecano al Paese intero. Servono visione e capacità operativa nell’utilizzo di tutti i fondi europei per rimuovere i vincoli di contesto infrastrutturale materiale e immateriale con un metodo che pone fine agli scempi della spesa corrente assistenziale del passato e usa l’arma più potente, quella digitale, sulla frontiera della legalità per liberare l’economia sana e ridurre gli intrecci malati tra politica, burocrazia e criminalità. Bisogna investire sul capitale umano per consentire alle amministrazioni di recuperare efficienza rispondendo in tempo reale ai bisogni delle persone e delle aziende e uscire dalla palude della frammentazione decisionale italiana. Occorre che l’intuizione politica del Piano Mattei di Giorgia Meloni, che affonda le sue radici nella cultura solidale italiana dei La Pira e dei Moro, sia condivisa dalle opposizioni e diventi, con il peso politico internazionale oggi riconosciuto a chi guida il nostro governo, base comune di una potenza finanziaria e di una cultura non predatoria che solo una nuova Europa può esprimere. Permetta di unire negli studi e nell’apprendistato le università e gli istituti tecnici delle due sponde del Mare Nostrum per formare la classe dirigente euromediterranea di domani.
Assumo la direzione de Il Mattino con un tumulto di emozioni che riflettono il peso della storia del giornale e i ricordi indelebili di quella nave scuola che è stata per me quando ci approdai dopo una lunga gavetta nei giornali locali. Voglio ringraziare l’Editore, Francesco Gaetano Caltagirone, che fu il primo a scommettere su di me con la direzione de Il Messaggero molto tempo fa, e che oggi mi offre l’opportunità di cimentarmi con una sfida ancora più stimolante. Ce la metterò tutta come ho sempre fatto a Roma e a Milano, ora finalmente a Napoli. Anche perché non saprei fare diversamente. Lo sa bene chi mi conosce. Un grazie speciale lo devo a Francesco de Core che ha diretto questo giornale con merito e dedizione totale e ha accettato di condividere con me questa nuova avvincente sfida rimanendo in squadra come vicedirettore. So di potere contare su una redazione straordinaria e il primo gioco di squadra collettivo su cui saremo giudicati è il nostro. Toccherà a me muovere per ognuno le corde giuste. Per guardare al futuro senza mai smarrire la lezione di Giancarlo Siani, vittima della ferocia vigliacca della camorra, la cui eredità è per noi un vincolo morale assoluto e un impegno professionale irrinunciabile.
L’obiettivo, care lettrici e cari lettori, è fare del vostro giornale, in un dialogo tra di noi serrato sulle grandi come sulle piccole cose, il quotidiano nazionale del Mezzogiorno. Perché questa voce che oggi appartiene al nuovo mondo possa contribuire a costruire un’agenda su cui convergano tutte le forze politiche, economiche, sociali e delle accademie universitarie. Vincere questa sfida coincide con l’interesse nazionale. Serve al Nord come al Sud. Contribuisce a costruire da protagonisti una nuova Europa che possa misurarsi alla pari con Stati Uniti e Cina.
Significa fare rivivere, in un contesto globale differente, la stagione d’oro del Dopoguerra della coerenza meridionalista degasperiana e di uomini del fare del calibro di Menichella, Pescatore, Saraceno. Un patrimonio di competenze che contribuì a trasformare in due decenni un Paese agricolo di secondo livello in una potenza economica mondiale, ma fu ridotto in frantumi tra la metà e la fine degli anni Settanta da una deriva ideologica che ha fatto poi riallargare quei divari che si stavano restringendo. Significa consolidare la rinascita di Napoli che riguarda l’industria come i servizi. Il boom turistico e i suoi tesori culturali. Custode come è di un passato glorioso e di un presente che sta costruendo un futuro che rappresenta un unicum al mondo. Questa Napoli ha bisogno ora di consolidare la sua squadra di venditori per fare uno o due colpi che ne sanciscano la fiducia globale. Bisogna che qualche multinazionale del futuro scelga Napoli non per fare un’Academy, ma per collocare qui il suo “quartiere generale”. Serve una squadra altrettanto agguerrita a livello centrale di figure specializzate perché venda il prodotto Sud sul mercato dei candidati alla leadership della nuova globalizzazione corta diventando la calamita dei data centers e rendendolo un candidato ancora più forte sostenendo la crescita di produzioni energy intensive.
La rinascita di Napoli e del Mezzogiorno si nutre dei risultati raggiunti e di obiettivi rilevanti da conseguire. È la sua partita capitale che consente di mettere in campo la resistenza attiva che prevale sulla vittoria di Pirro della Lega sull’autonomia differenziata. Perché sui diritti di cittadinanza non si discute, ma c’è un solo modo per perderli per sempre ed è quello della resistenza passiva. Che, come abbiamo visto fino ad oggi, non porta da nessuna parte. Anche qui si impone il cambio di paradigma. Che non sono i livelli essenziali di prestazione, ma la parità reale dei diritti di cittadinanza su sanità, scuola e trasporti in un Paese riunito nella capacità di produrre reddito e lavoro. Perché l’Italia è una e non possono esistere cittadini di serie A, B, C e, a volte, pure Zeta.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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