La madre di tutte le battaglie* di Vincenzo D’Anna*
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*La madre di tutte le battaglie*
di Vincenzo D’Anna*
E’ notizia di queste ore che il Guardasigilli Carlo Nordio si appresta a portare in Consiglio dei Ministri la proposta di riforma della Giustizia. Ci arriviamo dopo tanto discutere e soprattutto tanti tentativi finiti puntualmente con la montagna che partoriva il classico topolino. A prevalere, finora, sono sempre stati motivi di cautela nel mettere le mani nella carta costituzionale laddove si fissava l’attuale impalcatura che regge il rapporto tra due importanti poteri dello Stato democratico. Alla base dei ragionamenti due distinti fattori: l’esigenza di autonomia dei magistrati, sottratti a qualsivoglia condizionamento dal potere politico, e la necessità di impedire che l’ordine giudiziario, esorbitando le proprie funzioni, utilizzasse i propri poteri, abusandone, anche per raggiungere scopi estranei alla giurisdizione.
Quest’ultimo aspetto, in tempi recenti, è stato percepito come il più delicato e complicato. Fuori di ogni metafora occorre premettere che con la cancellazione, avvenuta a furor di scandali (nel periodo di Tangentopoli), dell’immunità parlamentare, il potere politico si è disarmato finendo per soggiacere ad ogni azione giudiziaria che lo riguardi fino a venirne spesso devastato. Tutto questo anche in ragione del fatto che lo scandalismo e la lotta contro gli avversari politici per il tramite di quest’ultima, si sia radicata ed affermata come strumento di lotta. Tale combinato disposto, anche per un semplice avviso di garanzia, ha messo in moto la macchina del fango innescando i perfidi meccanismi della gogna mediatico-giudiziaria. Il caso più eclatante di questi anni ha riguardato senz’altro Silvio Berlusconi. Tuttavia il Cavaliere non è stato l’unico. Una volta imboccata quella strada, infatti, furono anche tanti altri i politici che incapparono nel processo celebrato sui giornali e nei talk show televisivi, molti dei quali abilmente confezionati, condotti da giornalisti politicizzati, poi passati, armi e bagagli, come parlamentari, nelle fila dei partiti di opposizione.
Amanti come sono sono dell’iscriversi ad una delle fazioni in lotta, gli Italiani si sono spesso accasati tra le schiere degli innocentisti e dei colpevolisti. Schieramenti di opinione pubblica che ragionavano più di pancia e per partito preso che sulla scorta delle divergenti posizioni che animavano gli schieramenti medesimi. Un andazzo che ha piegato la politica alla lotta cinica e bara, fatta “contra personam”, facendo passare tutto il resto come un inutile corollario, dequalificando i contenuti del confronto tra tesi politiche diverse in favore di un moralismo di comodo. Un terreno, quello della doppia morale, molto caro alla sinistra italiana che da sempre ha coltivato l’auto-referenziale idea di essere ontologicamente migliore degli altri sul piano etico quando non riusciva ad esserlo su quello politico. Un contesto melenso ed ipocrita che che per anni ha relegato i temi e la diversità delle proposte da cardini dell’agire politico ad elemento marginale della competizione elettorale. In breve, quando non si poteva battere l’avversario lo si attaccava, spesso per via giudiziaria, elevando la denigrazione a fattore essenziale della competizione. E’ stato quello il tempo in cui i magistrati, passati in politica, fondavano propri partiti ed imperversavano sulla scena politica nazionale. Ma è venuto poi anche il tempo del moralismo militante, quello dei cosiddetti “impresentabili”, ossia di coloro i quali avevano pendenze giudiziarie in corso oppure erano stati condannati anche per reati non attinenti al proprio ruolo politico. Insomma: nello Stato di diritto, laddove la morale risiede nel rispetto della legge, non era sufficiente la legittimità a potersi candidare. Nossignore. Interveniva un veto etico tendente ad eliminare illegittimamente l’avversario oppure esporlo al pubblico ludibrio pur di farlo fuori. State certi che di tutto questo non si terrà conto nel dibattito che impazzerà innanzi alla proposta di riforma Nordio se non la formazione di gruppi d’opinione moralistici, schierati in difesa delle toghe, pronti a difendere lo stato delle attuali cose ed i propri privilegi, intangibili ed assoluti, anche quando sbagliano ed abusano, e gruppi di opposta impostazione. La querelle è già annunciata, senza esclusione di colpi, come la madre di tutte le battaglie politiche.
Diversamente negli Usa si discute sul diritto naturale e su quello positivo, ossia quello creato ed imposto dalle leggi dello Stato. In quella nazione ci si interroga su come lo Stato debba fare prevalere i primi diritti sui secondi, per ciascun libero individuo. Cittadini che sono portatori di prerogative, di diritti naturali che non possono e non debbono essere soffocati dalle norme. Libertà responsabile e giustizia giusta tra questi ultimi. Ma noi siamo un popolo che eleva tutto alla convenienza del momento, alla rendita elettorale, nel mentre, oltreoceano c’è, non a caso, la patria degli uomini liberi e la terra dei coraggiosi.
*già parlamentare
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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