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Incidenti sul lavoro. Anmil: “Cinque nuove vittime vanno ad allungare l’inaccettabile lista di morti”

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In tragico incidente sul lavoro avvenuto a Casteldaccia, nel Palermitano, sono purtroppo cinque gli operai che hanno perso la vita. Un sesto è stato trasportato d’urgenza all’ospedale Policlinico di Palermo, dopo essere stato intubato. Uno è illeso. Stavano effettuando lavori fognari per conto dell’Amap, la società che gestisce le condotte idriche e fognarie a Palermo. I sette operai erano impegnati nella manutenzione di un impianto di sollevamento delle acque fognarie per conto dell’Amap. Durante l’attività, alcuni di loro hanno cominciato ad accusare malori, probabilmente a causa di un’intossicazione da idrogeno solforato, che può provocare irritazioni alle vie respiratorie e soffocamento. Uno dei lavoratori è riuscito a dare l’allarme; gli altri sei sono rimasti intrappolati e sono svenuti a causa delle esalazioni. I soccorsi sono stati immediati grazie all’intervento dei Vigili del fuoco e dei sanitari del 118, che hanno cercato di rianimare i lavoratori sul posto. Purtroppo, per cinque di loro non c’è stato nulla da fare. Secondo notizie raccolte dall’Anmil, sei operai, dei sette coinvolti, erano dipendenti della ditta Quadrifoglio group srl di Partinico (Palermo). La ditta lavorava su mandato della municipalizzata palermitana Amap che si occupa della gestione idrica in città e in alcuni comuni della provincia. Un settimo operaio sarebbe un interinale dell’Amap.

“Non sappiamo come sia effettivamente accaduto, ma è un fatto che oggi cinque famiglie, inaspettatamente, non potranno più abbracciare un proprio caro il cui cuore si è fermato per esalazioni che sono state letali e per l’ennesima volta ci si chiede come sia potuto accadere”, dichiara il presidente nazionale dell’Anmil, Zoello Forni. “Ma quanto vale la vita di un lavoratore e quanto siamo disposti ad accettare che intere famiglie piangano e si trovino in gravi difficoltà a causa della mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro, quella che dovrebbe essere costituzionalmente garantita”, si chiede il presidente dell’Anmil. “La nostra Associazione si stringe alle famiglie dei cinque operai che oggi hanno perso la vita a Casteldaccia, l’ennesima tragedia che poteva essere evitata e che va ad allungare l’inaccettabile lista di morti sul lavoro e siamo pienamente partecipi al dolore dei loro familiari, ai quali già da ora l’Anmil offre la sua vicinanza e disponibilità – prosegue Forni – affinché siano loro riconosciute tutte le prestazioni a cui hanno diritto da parte dell’Inail, anche se nulla potrà mai compensare tale perdita”. Forni evidenzia: “Come Associazione di persone che hanno subìto direttamente o indirettamente le conseguenze di un incidente sul lavoro e di una malattia professionale, ben conosciamo la sofferenza di questi momenti, essendo invalidi del lavoro, orfani e vedove di vittime del lavoro e questo ennesimo triste evento ci dà modo di ricordare la gravità degli infortuni lavorativi, spesso neanche citati dalla stampa perché non così clamorosi, un fenomeno che non accenna a diminuire come confermano gli ultimi Open Data dell’Inail”.

(Foto ANSA/SIR)

In piena sintonia con il presidente nazionale Forni, il presidente dell’Anmil di Palermo, Salvatore Malaponti: “L’Anmil si stringe alle famiglie degli operai che hanno perso la vita nell’incidente. In questo momento c’è un disastro in cinque famiglie, è venuto meno il pilastro della famiglia, il sostegno economico, è come un sisma che ha raso al suolo una casa, ma dico di più: che ha lacerato la comunità intera.

Queste cinque nuove vittime vanno ad allungare l’inaccettabile lista di morti sul lavoro, dato incomprensibile: anziché mitigare, ridurre gli incidenti, ogni giorno contiamo nuovi infortuni e nuove vittime.

Quando vediamo un cantiere che non è in regola e non lo denunciamo stiamo ferendo una famiglia e tutto un territorio”.

Malaponti snocciola al Sir alcuni dati: “Nei primi tre mesi del 2024 in Sicilia sono stati denunciati 6.635 incidenti, con un aumento dello 0,8% rispetto al 2023. E 10 di questi infortuni sono stati mortali, un bilancio nei primi tre mesi dell’anno già molto pesante. L’Anmil si batte per la sicurezza nei luoghi di lavoro e crede molto nell’impatto che possono avere le testimonianze. Anche oggi sono appena tornato da Messina dove abbiamo organizzato una giornata sulla prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro, dove ho portato la mia testimonianza per far sì che i circa 80 ragazzi delle terze classi dell’istituto tecnico nautico Caio Duilio di Messina capissero l’importanza della prevenzione, che non deve interessare solo gli ambienti di lavoro: la cultura della prevenzione deve riguardare ogni nostra azione, ogni luogo, ogni momento della nostra vita. Infatti, sia la nostra vita sia il nostro corpo devono essere salvaguardati da qualsiasi rischio possa esserci sul territorio”.

Su quanto è successo a Casteldaccia, Malaponti non si sbilancia: “Le indagini riveleranno cosa è successo esattamente, ma è prematuro dire cosa è successo. Solo una cosa è evidente: anche se non sappiamo ancora di cosa si tratta, qualcosa non ha funzionato, se è successa l’immane tragedia di oggi. Noi abbiamo norme sulla sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro che partono dal 1956. Ci sono sempre state normative in Italia sulla sicurezza e siamo arrivati al testo unico del 2008, malgrado questo aumentano sempre i morti sul lavoro, significa che probabilmente i modelli di previsione contenute in queste normative non sono adeguati alle circostanze che possono accadere. Per questo le testimonianze, già nelle scuole, non solo superiori, ma anche elementari e medie, sono importanti perché possiamo insegnare la cultura della prevenzione nei lavoratori di domani in modo più incisivo rispetto all’oggi”.

Il presidente dell’Anmil di Palermo non ha dubbi: “Di fronte all’interminabile lista di morti, ci dobbiamo fermare a riflettere tutti, dalle aziende ai lavoratori, per capire come migliorare l’approccio al lavoro e fermare questa strage o anche infortuni che facciano perdere una parte del corpo al lavoratore. Morti e gravi infortunati incidono pesantemente sulle famiglie e sulla comunità.

Oggi è facile esprimere il cordoglio, bisogna invece impegnarsi per la salvaguardia della vita umana e delle famiglie. Altrimenti abbiamo perso una battaglia”.

Malaponti porta la sua testimonianza diretta: “Sono infortunato da 42 anni: ho perduto l’arte superiore destro a livello di scapolo-omerale nel 1982, avevo 17 anni e oggi ne ho 59. Facevo l’escavatorista: sono stato seppellito sotto sei metri di terra mentre stavo scavando un pozzo e nelle operazioni di recupero ho perso l’arto destro. Sono stato 70 giorni in ospedale, di cui 30 in prognosi riservato per una cancrena avanzata. Io vivo le difficoltà ogni giorno, come la mia famiglia di origine. Quando sento di morti o di incidenti gravissimi, rivivo quel momento tragico. Questa mia storia e la mia dimensione personale le metto a disposizione della comunità. Agli studenti di stamattina ho raccontato la mia storia, mettendoli in guardia dal pensiero dell’infallibilità. È pericoloso pensare che a noi non accadrà mai niente: quando a 17 anni mi sono calato in quel pozzo e non ho valutato il rischio a cui andavo incontro, ho avuto l’incidente, che è stato una strada di non ritorno, ha lasciato un segno indelebile. Ecco, ho detto ai ragazzi di non pensare di essere i Superman di turno, di sentirsi sempre sicuri di sì, perché ci sono variabili che non possiamo prevedere. Dobbiamo avere rispetto del nostro corpo, amarci un po’ di più”.

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