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Pejcinovic Buric: “In Europa la democrazia sta arretrando”

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Il prossimo 5 maggio cadrà il 75° anniversario di fondazione del Consiglio d’Europa, la prima organizzazione sovranazionale del continente, allora appena uscito dal terribile conflitto bellico. Con Marija Pejčinović Burić, dal settembre 2019 Segretaria generale del CdE, Sir fa il punto sulla situazione in Europa e affronta le prossime sfide che attendono l’organizzazione con sede a Strasburgo.
Pejčinović Burić è nata a Mostar nel 1962. Ha studiato al collegio europeo di Bruges e si è laureata a Zagabria. È stata vice prima ministra e ministra degli esteri e degli affari europei della Croazia.

Il Consiglio d’Europa nasce all’indomani della seconda guerra mondiale; è la prima istituzione continentale. Cosa ha rappresentato, allora, questa realtà, cui aderirono all’inizio solo dieci Paesi? Quali significato ha celebrare oggi i 75 anni dell’istituzione che oggi conta 46 Paesi aderenti?
Sì, il Consiglio d’Europa è in effetti nato all’indomani della seconda guerra mondiale e con la promessa del “mai più”. Negli ultimi 75 anni, la nostra Organizzazione ha migliorato la vita di milioni di persone. I diritti e le libertà sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo non si applicano solo in un momento nel tempo: sono la bussola che guida il nostro viaggio attraverso il multilateralismo e la cooperazione internazionale. Per questo motivo il Consiglio d’Europa è oggi più rilevante che mai. La nostra Dichiarazione del vertice di Reykjavik, condivisa dai leader europei lo scorso anno, ha rappresentato uno sviluppo importante in un momento di profonda preoccupazione per il continente. Gli Stati membri hanno rinnovato il loro impegno a rispettare i nostri valori e i nostri standard e hanno dato un ulteriore slancio al sostegno all’Ucraina e alle azioni per affrontare le sfide emergenti. Celebrare il 75° anniversario è un’opportunità per guardare al contempo ai risultati raggiunti e alle sfide future da affrontare.

(Foto Consiglio d’Europa)

Democrazia, diritti umani, identità culturale europea: il Consiglio d’Europa, con le sue diverse espressioni e organismi, opera per questi pilastri fondamentali della convivenza sul continente. A che punto siamo su questi fronti?
I diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto rimangono cruciali per la sicurezza democratica dell’Europa e, in ultima analisi, per la pace. Quando vengono ignorati o rifiutati, prevalgono i conflitti. Abbiamo assistito all’espressione più estrema di ciò con l’aggressione su vasta scala della Russia contro l’Ucraina. Non si è trattato di un fallimento del multilateralismo, ma dell’esito dell’allontanamento di un Paese – la Federazione Russa – dai valori su cui si fonda il Consiglio d’Europa. Questa però è stata solo la punta dell’iceberg. L’Europa è testimone di un arretramento democratico su vasta scala, che comprende le restrizioni alla libertà dei media e allo spazio democratico della società civile, l’aumento dell’incitamento all’odio e il declino della tutela delle minoranze nazionali, dell’indipendenza dei sistemi giudiziari e della lotta alla corruzione. In questi e in molti altri ambiti, gli standard del Consiglio d’Europa dovrebbero essere pienamente applicati in tutti i nostri Stati membri. Questo è il modo per fermare e invertire l’arretramento democratico che sta causando così tanti danni a così tante persone. Più in generale, i diritti e le libertà devono essere tutelati ogni giorno e mai dati per scontati.

Con l’aggressione all’Ucraina la Russia è stata estromessa dal Consiglio. La pace, che ha regnato per molti anni in Europa, è stata nuovamente ferita… Quale la posizione del Consiglio d’Europa sul conflitto in corso?
La nostra posizione è chiara. La Federazione Russa è stata espulsa dal Consiglio d’Europa perché la sua aggressione su vasta scala contro l’Ucraina ha costituito una palese violazione del nostro Statuto: e noi resteremo al fianco del nostro Stato membro, l’Ucraina, per tutto il tempo necessario. Siamo attivamente impegnati a garantire che alla Russia siano attribuite tutte le responsabilità dell’aggressione. A tal fine, abbiamo istituito un registro dei danni, che ora è operativo e tiene traccia dei danni e delle perdite causati dalla Russia in Ucraina. Questo è il primo passo necessario verso l’istituzione di un meccanismo di compensazione globale. Stiamo anche contribuendo attivamente alle discussioni in corso sulla creazione di un tribunale speciale sul crimine di aggressione. L’attribuzione delle responsabilità è fondamentale per qualsiasi futura pace sostenibile.

(Foto Consiglio d’Europa)

I giovani appaiono sempre più distaccati dalla politica e dalle istituzioni, eppure il Consiglio mostra molta attenzione per loro, con iniziative specifiche: che lettura dà lei delle nuove generazioni?
Sono oltre 50 anni che al Consiglio d’Europa pratichiamo la co-decisione con i giovani. I giovani saranno i nostri eredi e dobbiamo tenere conto delle loro opinioni. In effetti, la nostra Organizzazione è fortemente orientata al futuro. Non è una coincidenza che siamo recentemente giunti alla conclusione della preparazione di un nuovo trattato globale per sfruttare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale mitigando al tempo stesso i rischi che pone ai nostri valori. Riconoscendo la tripla crisi planetaria causata dall’inquinamento, dal cambiamento climatico e dalla perdita di biodiversità, siamo anche al lavoro per espandere gli strumenti ambientali che ora abbiamo, per affrontare l’urgenza di questa sfida. So che questi problemi stanno molto a cuore ai giovani e dobbiamo fare tutto il possibile per affrontarli.

Quali sono, a suo avviso, le sfide più pressanti e le potenzialità più promettenti per il nostro continente? E di conseguenza, su quali questioni si dovrà concentrare il Consiglio d’Europa
Ho già citato l’intelligenza artificiale e l’ambiente e queste saranno senza dubbio questioni cruciali. Il Consiglio d’Europa è in prima linea in queste sfide, ed è lì che dobbiamo essere. Ne voglio citare anche un terzo: la lotta al traffico di migranti. I trafficanti approfittano delle situazioni che affrontano i migranti per alimentare il loro business illegale e crudele. Dobbiamo fermare tutto questo. Perciò ho proposto di sviluppare un forte strumento giuridico presso il Consiglio d’Europa che sia un deterrente maggiore per i trafficanti, con sanzioni più severe e una cooperazione internazionale più efficace. Ora stiamo lavorando su uno studio di fattibilità per renderlo realtà.

Lei è quasi al termine del suo mandato come Segretaria generale. Cosa le lascia, personalmente, questa esperienza Quale è stato il momento di maggior fatica, quale la maggiore soddisfazione?
Il mio mandato è stato senza dubbio impegnativo. Tutto è iniziato con una pandemia come noi non avevamo mai vissuto, che ha paralizzato il mondo: sono orgogliosa per come il Consiglio d’Europa abbia reagito sostenendo i nostri Stati membri nel salvare vite umane, rimanendo fedeli ai nostri standard di democrazia, diritti umani e stato di diritto. Poi è arrivata l’aggressione russa contro l’Ucraina e anche in questo caso sono orgogliosa della posizione chiara e dell’azione immediata della nostra Organizzazione. La mia più grande soddisfazione deriva dall’esito del vertice di Reykjavik: è stato senza dubbio un evento storico, solo il quarto summit nei 75 anni di storia della nostra Organizzazione. Ha dato un ruolo e una direzione chiari al Consiglio d’Europa. Ora il viaggio deve continuare.

 

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